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“Vietato Vietare” ovvero tartare di rana pescatrice, crumble di farina di canapa, sorbetto agli agrumi ed i loro mieli

Da Lacucinadiqb
“Vietato Vietare” ovvero tartare di rana pescatrice, crumble di farina di canapa, sorbetto agli agrumi ed i loro mieli
All’inizio quella scrivania in legno di noce italiano, di una tonalità morbida, mielata, non gli era piaciuta molto. Troppi braccioli di sedie non adatte avevano segnato il bordo di legno sbalzato simulando una greca severa. Iniziò a seguire con l’indice della mano sinistra, di nascosto, quasi a volerla decifrare, la sequenza di ammaccature e graffi, lasciando che la mente si perdesse. Aveva bisogno di pensare. Anzi no, aveva bisogno di smetterla, di distogliere la mente da un pensiero fisso. “Ispettore”, lo aveva apostrofato il Vicequestore poche ore prima, scoprendo i denti ingialliti da troppi sigari, da troppo vino, da troppa vita troppo vissuta, “se non mi viene a capo di questa brutta storia dovrò offrire la sua testa, lo capisce, vero? La mia sta troppo bene dove sta” concluse accomodandosi ancora meglio sulla sedia, quasi a voler sottolineare ulteriormente la differenza di comodità fra la sua posizione e quella del sottoposto che, in piedi, sentiva addosso ancora più massiccio il peso dell’incertezza. “E non mi torni con le sue ipotesi fantasiose su questa brutta storia.” “La brutta storia” sembrava un film dell’orrore. Scritto bene, non c’è che dire, ma dell’orrore. Con l’indice continuò a sfiorare tutta la superficie della scrivania, fino al segnaposto che indicava il suo cognome: “Dott. Ezechiele Dileo, Ispettore Capo”. La lettura silenziosa gli rimandò quasi un nome sconosciuto, come se non avesse più certezze, neppure di sé.  “Lele, noi andiamo a farci una birra. Lascia stare il tuo mostro per una sera!”. La voce di Samuel lo distolse dai suoi pensieri.  “No, andate voi. Io non ne ho voglia.” rispose senza troppa convinzione. “E non hai paura che il mostro ti porti via il cuore? Qui, al buio, tutto solo soletto….” Samuel terminò la frase mentre si allontanava dall’ufficio e la sua risata si perse nella penombra del lungo corridoio polveroso. “A me il mostro non farà nulla” si disse, quasi profetico “ora che so chi è, si tratta solo di placare la sua rabbia.” Avvicinò a sé il corposo fascicolo, frutto di anni di indagini e ricerche inconcludenti. Fece ordine fra i rapporti della polizia scientifica e le foto dei corpi che mani pietose avevano ricomposto, rilesse l’elenco delle ferite e delle mutilazioni, cercò di allontanare da sé il freddo che osservare la morte gli riempiva le ossa e chiuse gli occhi, mentre le immagini che oramai aveva impresse nella mente scorrevano lente, come un film visto già troppe volte ma del quale ancora non conosceva il finale. “Lei non mi mangerà il cuore” si disse, quasi profetico, sperando davvero di essere in grado di placare la sua rabbia. Allontanò il corposo fascicolo, nel quale erano racchiuse parte della sua vita e delle sue notti, e si alzò dalla sedia facendosi forza con le braccia così che la scrivania si lamentò, scricchiolando, della sua forza e della sua rassegnazione. Prese l’impermeabile dall’attaccapanni in metallo troppo leggero e privo di due bracci, chiudendo la porta dell’ufficio dietro di sé e spalancando quella degli incubi che tutte le notti lo accompagnavano. Il suono dei suoi passi era l’unica compagnia che desiderava avere, ma Lele sapeva che non sarebbe stato esaudito. Era solo questione di minuti, attimi. Eccola. Non amava farsi aspettare. Oramai la conosceva. Il suo respiro era come un ronzio ma c’era qualcosa di musicale, di ritmico e di magnetico nel suono animale che usciva dalla sua presenza. Si fermò. L’attese. Sentì  con un alito caldo sulla nuca ed il fruscio i suoi abiti sfiorare le mani abbandonate lungo il corpo, come a dimostrare arrendevolezza. “Gliel’hai detto?”. Lele sentì vibrare dentro sé la domanda mentre il calore della nuca si trasformava in brividi gelidi. “Non posso, lo sai” rispose con un filo di voce, “non mi crederebbe nessuno.” “Io ti crederei” seguì il ronzio. “Ma tu non sei gli altri!” si ribellò il giovane ispettore, “Non puoi chiedermi….”. “Io non sto chiedendo nulla Ezechiele, ti sto semplicemente ordinando di essere il nostro portavoce, di consegnare ai tuoi simili un messaggio, di fare in modo che si possano ravvedere. Il tempo stringe, lo sai, vero?” concluse il ronzio. “Io non posso salvare il mondo!!” ribatté il giovane uomo, sempre più prostrato dalla sensazione di impotenza. “Tutto il mondo no” gli fece eco la donna. “Non sarebbe possibile e molto è andato perduto. Ma è una cosa che ti ho già confidato tempo fa, si tratta di partire dal tuo di mondo e il resto verrà da sé. Contrariamente, tutto continuerà come sempre” concluse. “I tuoi simili continueranno a morire, tra indicibili sofferenze, le stesse che procurano quotidianamente al resto del Creato inconsapevoli, nella loro superbia e nella loro stupidità, che ad ogni loro gesto ne consegue un altro. Non devo ricordati la Teoria del Caos, vero? Capisci che fino a quando nessuno avrà il coraggio di rompere questa catena omertosa io dovrò continuare a rendere palese le conseguenze del vostro scempio, vero?” Il ronzio si fece ancora più vicino. “L’infinitamente piccolo può diventare infinitamente grande. Sarai tu il responsabile di questo effetto valanga. Fino a quando non ti deciderai ad essere il nostro portavoce.” Lele rimase immobile Le mani si chiusero a pugno. La rassegnazione divenne rabbia e poi impotenza. La paura di esporsi che faceva venir sempre meno la sua scale di valori e la capacità di scelta. Abbassò il capo. “Tornerò, non temere. E non mi fermerò.” lo salutò l’Ape Regina. Il ronzio di allontanò da Lele e se ne andrò, ripercorrendo le lunghe distanze memorizzate fin dalla notte dei tempi. Le luci divennero meno intense, ma mano che la città veniva lasciata alle spalle la Regina si sentì avvolta da una profumata foschia che da li a poche ore si sarebbe trasformata in croccante rugiada. Nascosto dalle folte fronde di un albero del paradiso il suo alveare non temeva incursioni e razzie. Entrò e fu subito accolta dalle sue Operaie. “Regina!” fece una delle più giovani, quella che era nata con una zampa meno vigorosa delle altre “Eravamo preoccupate! Eri fuori da così tanto tempo…” “Sapete che so dosare il rischio” rispose non nascondendo un certo compiacimento. Era bello raccogliere il frutto del proprio lavoro, intenso, infaticabile. Le sue Operaie erano brave lavoratrici ma soprattutto brave api. “Ti lasciamo sola, Regina, così potrai recuperare le forze” disse la piccola Ape, porgendole un po’ di pappa reale. Una delle zampe anteriori si sporcò appena del nettare prezioso ma non osò assaggiarlo, temendo l’ira della sua Regina, nel contravvenire alle regole. La Regina la guardò e inclinò la testa, offrendole il cibo che le era stato portato. La piccola Ape non capì ed indietreggiò a fatica, temendo di aver sbagliato in qualcosa. “Mangia, forza, abbiamo un programma da portare avanti. Non penserai davvero che continuerò a fare tutto da sola! L’alveare ha bisogno di una nuova Regina.” La piccola Ape era frastornata, non capiva. Ma come? Lei?! Con quel difetto? Come avrebbe potuto essere guida di un intero alveare? “Smettila di pensare ed agisci seguendo il tuo cuore! - l’incitò la Regina. Nessun cibo speciale ti renderà più forte di quanto potrà la tua determinazione. Non lasciare che sia il caso a decidere per te. E vola sulla ali del Caos.” “Vietato Vietare” ovvero tartare di rana pescatrice, crumble di farina di canapa, sorbetto agli agrumi ed i loro mieli
Non poteva che essere l’Ape la protagonista del racconto dell’Mtchallenge 54, la sfida lanciata da Eleonora e Michael, che aveva come protagonista il miele. In un mondo popolato di tribù che si perdono in inutili sciocchezze e che sprecano le proprie forze sbranandosi sul web, in quanto prive dei benché minimi attributi per affrontare l’ipotetico nemico di persona, credo che ripassare la Teoria del Caos sia alquanto saggio (o perlomeno riguardarsi la trilogia di Ritorno al Futuro) e mai come questo inverno/non-inverno, con le “primizie” già sui banchi del mercato e gli alberi da frutto in fiore, dovrebbe indurci a fermarci e prendere atto che il battito di ali della farfalla sta incombendo su di noi e sulla nostra avventatezza come un’apocalisse. Così da concentrarci, noi che amiamo così tanto parlar di cibo, sulle cose serie ad esso relative. "Vietato vietare", quindi, per ricordare le illusioni giovanili del secolo scorso e smantellare le barriere mentali che sempre più spesso erigiamo ad evocare chissà quale protezione. In questa ricetta i diversi mieli che serbano sorprese inimmaginabili diventano strumento ed ingrediente, raccontando il mare, la terra e il cielo, come fa un’ape quando rientra al suo alveare ubriaca di polline e di vita. “Vietato Vietare” ovvero tartare di rana pescatrice, crumble di farina di canapa, sorbetto agli agrumi ed i loro mieli
“Vietato Vietare” ovvero rana pescatrice, sorbetto e crumble con i loro mieli Ingredienti per la Tartare di rana pescatrice (Mare) 600 g di rana pescatrice al netto della pelle e della lisca centrale 30 g di miele di Barena, laguna Venezia 1/2 radice di liquirizia Per il Crumble (Terra) 70 g di farina 00 10 g di farina di canapa 60 g di burro salato 50 g di miele di eucalipto Per il Sorbetto di agrumi al Wasabi (Aria) 400 ml di succo di agrumi: 150 arancio, 100 limone ma attenzione all’asprezza, 80 mandarino, 40 pompelmo, 30 lime. polvere di wasabi: cominciate con un cucchiaio da te (circa 5 g) e poi, eventualmente aumentate: deve risultare appena piccante (ma questo dipende molto dalla vostra dipendenza dal peperoncino) 100 g di miele di rododendro amaro, Sardegna Per condire la tartare: una vinagreitte preparata con un cucchiaio di olio di noce, una spruzzata di Gioiello®, un distillato di miele di acacia, sale in fiocchi, pepe cubebe e pepe nero lungo. Per il piatto, qualche foglia di germoglio e di fiore edulo, polvere di cappero. Preparazione Pulite la rana pescatrice eliminando pelle e spina centrale così da ottenere un bel filetto dalla carne soda e bianca (quindi si deve partire da una materia prima di eccellente qualità), spennellarla con il miele di barena ed inseritela in un sacchetto per sottovuoto con la mezza radice di liquirizia. Sigillate e fate riposare in frigo per 16 ore: durante questo tempo il miele un po’ sapido restituirà alla polpa del pesce un sentore di laguna e la liquirizia renderà più gentile il suo odore. Inoltre la marinatura “assorbirà” circa il 20% del peso della carne, rendendola più soda. Spremere gli agrumi, filtrare il succo, unire la polvere di wasabi e il miele, mescolare bene e trasferire tutto in una gelatiera. Mantecare e conservare in freezer. Setacciare le farine ed impastarle brevemente con il miele e il burro freddo a tocchetti. Distribuire il briciolame ottenuto sopra una leccarda coperta da carta forno e cuocere per 20’ (controllare!) nel forno statico già caldo a 180°. Sfornare, abbattere e mettere da parte. In una ciotola unire un paio di cucchiai di olio di noce, spruzzare tre volte il distillato, unire un pizzico di sale finissimo e del pepe cubebe macinato al momento. Togliere alla marinata la rana pescatrice, cubettarla con un coltello affilato ma non tritarla né frullarla. Condirla con la vinagreitte. Impiattare distribuendo il, la rana pescatrice aiutandosi con un coppapasta, il sorbetto di agrumi. Spolverare con un pizzico di polvere di cappero il pesce e con una macinata di pepe nero lungo il sorbetto. Decorare con qualche fogliolina di germoglio e di fiore edulo fresco.
Si mangia alternando il pesce al crumble e si chiude con il sorbetto.

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