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Villa dei cani (Giorgio Chiesura)

Creato il 23 maggio 2015 da Serenagobbo @SerenaGobbo

Villa dei cani (Giorgio Chiesura)

Quando ho iniziato a leggerlo, dopo mesi che non prendevo in mano un romanzo, mi son detta: Ah, finalmente un romanzo che mi prende di nuovo!
Belle descrizioni di paesaggi e stati d’animo, mai troppo lunghe né troppo corte. Bella storia (un ex kapò sopravvissuto ai campi di concentramento che torna a casa e che non riesce più a toccare altro essere umano).

Poi però il tema della solitudine e dell’incomunicabilità degli orrori dell’olocausto si incarna nel feticismo spinto agli estremi.
Il protagonista – voce narrante – incontra una ragazzina di campagna che la nonna gli ha mollato là come tuttofare (tutto, nelle intenzioni della donna, e forse anche nelle aspettative della ragazzina). Non riesce a toccarla, sebbene ne sia molto attratto sessualmente, e così finisce col sviluppare l’ossessione di fotografarla nei minimi dettagli. Tutto il giorno a fotografarla.

Il dubbio più grande, e che mi ha fatto sospendere la lettura, è fino a che punto la licenza poetica non sconfini nella pornografia.
Quando mi sono trovata davanti a un passaggio del genere, ad esempio:

Avevo fotografato con insistenza il suo ano, quel piccolo bottone concavo di pelle bruna corrugata, quel foro strettamente chiuso dal suo robusto sfintere, sapendo che dietro a quello, nell’oscurità delle viscere, si svolgeva l’incomprensibile e misterioso processo per cui tutto ciò che le entrava dall’orifizio della bocca si trasformava entro di lei in succhi e linfe vitali, si trasmetteva al suo sangue, nutriva il suo esterno splendore.

Però, io non me ne intendo, di arte.



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