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Vita da editore: intervista a Giulio Perrone

Creato il 17 giugno 2015 da Diletti Riletti @DilettieRiletti

Ho avuto il piacere di incontrare di persona Giulio Perrone alla seconda edizione di Non sono Sòle, durante la quale, nonostante le sue resistenze, è stato costretto a sconsigliare L’esatto contrario, il suo romanzo da poco uscito con Rizzoli (domanda non espressa dei presenti: Come hai fatto a pubblicare con Rizzoli?), e anche -ma lì è stato recalcitrante fino all’omertà- il suo catalogo. Mi è sembrato quasi doveroso, dopo aver inflitto tanta sofferenza, porgli alcune domande per conoscere meglio la sua casa editrice.

Quando e come è nata la Giulio Perrone Editore: qual era il progetto iniziale, quali i soci e la prima sede, e come si è evoluta nel tempo?

La casa editrice è stata fondata da me e da mia moglie, Mariacarmela Leto, nel 2005. La sede è stata sempre dalle parti di Piazza Bologna a Roma, anche se abbiamo girato diversi uffici. logo-perrone-coloreL’idea da subito è stata quella di puntare sulla letteratura italiana e su quello ci siamo sempre mossi con lo scouting, scoprendo autori come Paolo Di Paolo, Chiara Valerio, Giuseppe Aloe, Michela Monferrini, Giuseppe Rizzo o Giorgio Nisini che sono oggi quasi tutti in grandi case editrici. Dall’altra è stata molto importante l’opportunità di lavorare con grandi della letteratura come Ugo Riccarelli, Dacia Maraini, Antonio Tabucchi, Lidia Ravera, Paolo Poli o Rossana Campo.

In Italia solo un terzo delle case editrici dotate di ISBN pubblica più di dieci titoli l’anno. La concorrenza è spietata e la quota di mercato coperta dalle piccole case editrici non supera il 10-12%: perché hai deciso di puntare su un settore così rischioso?

In un parola, la passione. Volevamo assolutamente riuscire a pubblicare la nostra letteratura, i libri che ci sarebbe piaciuto leggere e così abbiamo fatto lottando con impegno per ricavare un nostro spazio. Dopo dieci anni posso dire che ci siamo tolte molte soddisfazioni, ma la lotta quotidiana per continuare a fare questo meraviglioso lavoro è costante.

Quali sono le maggiori difficoltà –di qualunque genere- che hai incontrato nella tua attività di editore?

La difficoltà primaria sta nel ricavarsi un proprio spazio di riconoscibilità editoriale e anche di conquistare la fiducia di lettori ed addetti ai lavori. I librai, i giornalisti, i critici e gli scrittori sono i primi che si devono convincere per avere la speranza di arrivare ad un pubblico.

 Quale libro o autore ti ha dato maggiori soddisfazioni? E al contrario, un libro o autore sul quale puntavi molto e che ti ha invece deluso?

Se restiamo nell’ambito degli autori che sono nati con noi non posso non fare il nome di Paolo Di Paolo che ha ottenuto risultati brillantissimi con tutti i libri pubblicati e che poi è riuscito a crescere ancora fino a diventare uno degli scrittori italiani contemporanei più interessanti. Ricordo con immenso piacere “Raccontami la notte in cui sono nato”, romanzo che ha unito critica e pubblico ed è uno dei nostri best-seller. Riguardo le delusioni, l’unica che sento veramente è quella di non vedere Giuseppe Aloe riconosciuto come merita. Si tratta insieme a Paolo dell’autore più importante che abbiamo lanciato e credo che meriterebbe l’attenzione dei grandi editori.

 A chi hai affidato, se lo hai fatto, il compito di selezionare i manoscritti che ricevi e in base a quali criteri viene effettuata la selezione?

 La selezione è affidata a Mariacarmela che è il nostro editor e direttore editoriale. Naturalmente la aiutano un comitato di lettura e alcuni consulenti per la narrativa italiana come appunto Paolo Di Paolo. Quello che abbiamo sempre cercato in un autore è una voce propria, uno stile inconfondibile che segni la nascita di un nuovo scrittore. Infatti è proprio quel timbro particolare che da lettori ci fa innamorare di un autore. 

Passiamo a due punti dolenti: cosa pensi delle EAP e dei recenti casi di insolvenza da parte di alcuni editori di cui si è molto discusso sui social network?

Sono due questioni molto diverse. Riguardo l’EAP posso dire semplicemente che non è editoria ma un altro mestiere. Si tratta di tipografie camuffate da editori e andrebbero escluse da tutte le manifestazioni culturali rilevanti (festival, fiere dei piccoli editori…). Si dovrebbe anche pretendere per la tutela dei lettori che in quarta di copertina venisse specificata la dicitura “Pubblicato con il contributo economico dell’autore”. Si deve far capire che non esiste selezione reale e permettere al lettore di decidere se prendersi il rischio di leggere. In fondo come diceva Giulio Einaudi l’editoria di qualità si fa con i “NO” prima di tutto. Se il criterio è il contributo economico come si fa a fare selezione? 

Riguardo la seconda questione non conosco nel dettaglio i vari casi e non me la sento di giudicare. Oltretutto è un problema che si muove un po’ a catena e parte dai librai fino ad arrivare a chi scrive o traduce. Posso solo dire che in questo periodo tante case editrici si sono trovate in difficoltà e la strada dovrebbe essere quella di un dialogo e di una collaborazione autore-editore o traduttore. Se ci sono problemi è bene dirli apertamente e cercare pian piano di saldare tutto quello che si deve a chi ha lavorato. Credo che sia soprattutto una questione di buona fede e di volontà.

E per concludere, guardiamo avanti: parlaci di speranze e timori, dei progetti e delle prossime uscite.


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