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Vita e morte, nell’Arte individuale..

Creato il 21 maggio 2012 da Tnepd
Vita e morte, nell’Arte individuale..Nessuno dovrebbe accettare di imitare qualcun altro, per sopravvivere al proprio specchio interiore: ognuno, dovrebbe per gradi imparare a sopravvivere di sé, e solo di sé.  Infine, cosa più importante di tutte, ad amarsi. Tra “individui” che siano tali, in senso pieno, un’etica del rispetto reciproco, e un amore vero, scevro di bisogni e dipendenze psicologiche, non sono certo poi un problema. Dall’equilibrio, sboccia altro equilibrio. Il mondo là fuori, si sana anche per questa via.
Un tempo esisteva una cosa chiamata ARTE: oggi non esiste quasi più. Sopravvive, tra gli interstizi di un sistema di vita inumano. Le ragioni del suo rischio di estinzione sono due; e due soltanto.
Da un lato, l’approccio consumistico all’arte. La società chiede riproducibilità e rapida assimilazione; non “unicità” e “porte sull’infinito”. Dall’altro, il morbo ideologico collettivista, che ha infettato anche la libera espressione di sé dell’individuo: ovvero, gli artisti hanno cominciato ha preoccuparsi delle aspettative del pubblico, e questo li ha completamente de-centrati, inariditi, allontanati dalla fonte dell’eterna giovinezza. Con inevitabili conseguenze sulle loro creazioni.Vita e morte, nell’Arte individuale..Nessuno dovrebbe ammirare qualcun altro, per sopravvivere al proprio specchio interiore. L’ammirazione, consegue da una percezione gerarchica della realtà. Ci saranno pure gerarchizzazioni necessarie, nella mente di un individuo, come nell’organizzazione del mondo associato. Ma colui che percepisce e traduce la realtà, in termini “esclusivamente” gerarchici, tecnicamente è un perfetto psicopatico. E la cosa più lontana, da un individuo vero.Quando si fa questione del mestiere di essere umano, “più in alto”, “più in basso”, cinture e gradi, sono semplicemente idiozie collettiviste. Chi è che valuta, quando sono arrivato a un determinato livello? Chi è, a concedermi i “gradi” dello spirito? Da chi mi aspetto, una pacca sulla spalla? Nessuno è comunque se stesso, su una scala. Lo spirito non procede per via di collezioni di bollini. Non c’è la “brocca”premio della raccolta punti, in palio. In palio, c’è l’edificazione della propria anima. Non ne abbiamo ancora abbastanza, di gerarchizzazioni di ogni aspetto della nostra vita? Ne vogliamo ancora? Perché se ne vogliamo ancora, state pure tranquilli che là fuori i burattinai ce ne forniranno a bizzeffe…Ci si dovrebbe poter ispirare agli altri. Fondamentale è la stima, il rispetto, la solidarietà. Ma l’ammirazione, accompagnata o meno da una sommessa invidia, proprio non lascia spazio, a una percezione spirituale del proprio cammino in divenire. Un tempo,  ragazzine impazzite si strappavano i capelli ai concerti dei Beatles. Giusto o sbagliato che fosse, non sta a me giudicarlo. Trovo soltanto buffo, e quando sorvolo il mondo dall’alto addirittura grottesco, che se una persona prende a strapparsi i capelli, dopo pochi istanti migliaia di altre ASSUMANO passivamente per proprio, un tale comportamento assolutamente impersonale. Ma del resto, la piaga del collettivismo si espande sempre a questo modo; ognuno dei “portatori insani”, è perfettamente convinto di essere se stesso, individuo, nel ripetere il gesto di mille altri. SONO IO SONO IO SONO IO. E come no!? Voglio fare una domanda, a queste persone: “Siete mai state capaci, di strapparvi i capelli di fronte a voi stesse, o voi stessi?” Perché è su questa incapacità, che si la sfida spirituale dell’individuo. E’ questo, il nocciolo del gioco della “proiezione”…tanto caro ai manipolatori di folle.Comunque, tutto sommato, a mio avviso per i Beatles era anche perdonabile, che qualcuno incautamente sfoltisse la propria chioma. Belle canzoni, bei testi. Se la gente ama portarsi una mentalità religiosa e genuflettersi anche nel modo di vivere la musica, non è affare mio.Vita e morte, nell’Arte individuale..Oggi però, e lo posso dire perché ho lavorato in passato presso diversi eventi musicali, troppe ragazzine di strappano i capelli, anche e soprattutto per dei perfetti idioti. Gente priva di talento e ispirazione ( ma per compenso ricolma di porcherie chimiche ),che non sa interpretare una canzone, né tanto meno scriverla. Gente che non ha cuore, ma magari esibisce un bel visino da bambolotto, due tatuaggi e sopraccigli rifatti. “Artisti” che non hanno nulla da esprimere. Specchietti per allodole. Burattini, che suonano al suono del “pifferaio magico”, per  topolini incapaci di spirito critico, di spirito critico; e di autostima. Gente che non vuole essere  RICONOSCIUTA dagli altri,  per ciò che é, per ciò che fa, in virtù dell’espressione genuina della propria anima. Ma che solo  desidera arrivare al cosiddetto “successo”. Una meta chimerica e priva di contenuti spirituali. Una condizione di grottesca “oligarchia materialistica”,  finalizzata a  guardare gli altri, gli anonimi, dall’alto in basso. Gerarchia, per l’appunto, nell’arte. Il risultato, non può che essere la distruzione dell’arte medesima. I finti artisti? Credetemi, di idioti narcisisti edonisti con tre neuroni ed un ego smisurato, mascherati da “artisti”, ne ho incontrati tanti. Comunque, le ragazzine di oggi, continuano a emulare un semplice gesto collettivista, quello di strapparsi i capelli….e non hanno un solo motivo al mondo, che non sia la passiva recezione di un modello di comportamento collettivista, a giustificare il gesto. L’arte è morta, in questi casi…ed è sopravvissuta solo l’impalcatura ideologica. Il gioco, purtroppo per tutti, continua a produrre soldi. E a de-centrare individui, naturalmente.Ho lavorato pazientemente tra gli schiamazzi di gente che gridava: “Sei un mito!” a una specie di  rettile depravato che da 30 anni passa il tempo che non impiega attaccato al collo di una bottiglia, riciclando le canzoni di altri, o scopiazzando pezzi da cantanti meno famosi. Glielo andate a spiegare voi, alle persone che gridano al mito in qiestione, che ognuno deve avere prima di tutto come “mito” se stesso, altrimenti è inevitabile proiettare un’immagine idealizzata di sé, su una qualche incarnazione collettivizzata, di un archetipo di perfezione e irraggiungibilità?Perlomeno, quel tipastro cui mi riferivo vive alle spalle degli altri da 30 anni. La maggior parte dei cosiddetti artisti di oggi, specie quelli che finiscono sotto le luci dei riflettori, hanno una data di scadenza di 3, 4 anni al massimo. Spesso molto meno. Arrivano, vengono fagocitati dall’industria, e ben presto spariscono nel nulla, come conviene ad una merce. Vita e morte, nell’Arte individuale..Quanto continuerà ancora a sonnecchiare, l’umanità, di fronte agli orrori della “società dei consumi”?Avete mai pensato, tra l’altro, a che razza di parola orrenda sia, “consumo”? Avete mai speso 10 minuti del vostro tempo, a ricercarne i significati originali, le connotazioni fonetiche-vibrazionali? A che ora la mettiamo la sveglia, per cominciare una buona volta a percepire e tradurre la realtà, in una maniera che sia degna di un essere umano? Intendiamoci, esistono ancora gli artisti. Ma più che vivere, sopravvivono;il che è ben diverso. Dobbiamo ringraziare, da una parte le politiche di corporazioni psicopatiche. Dall’altra, il dato di fatto di un’Umanità, che non ha fatto un passo avanti, in decenni, lungo la strada della conoscenza di se stessa. Dalle nostre parti, la maggior parte delle creature che formano l’umanità, ha venduto la propria unicità, per qualche elettrodomestico acquistabile a rate, l’ideale di una pensione da raggiungere, e per la psicoterapia ipnotica che passa 24 ore al giorno da un tubo catodico. “Si” nasce, “si” sopravvive, “si” muore. Sveglia, signori. Sveglia.Perché l’arte, in ogni sua forma ed espressione, se la sta passando tanto male, nel mondo di oggi?Vita e morte, nell’Arte individuale..La ragione, a mio avviso è semplicissima: l’arte, che si tratti di Picasso, di Bruce Lee, di Modigliani, di Osho,di Herman Hesse, come di OGNUNO DI NOI, è sempre e comunque l’espressione unica e irripetibile dell’animo di un individuo. L’arte, è la prova certa e indibitabile, che un rapporto sano e creativo tra Uomo e Natura, è e deve essere il frutto di una ricerca del singolo e una volontà espressiva del singolo. Chi esprime se stesso ( rapporto con la propria natura “interiore” ), chi manifesta l’ordine e l’armonia dell’Universo ( rapporto con la natura “esteriore”), crea per sé…ed “in conseguenza” per gli altri. L’artista, sta semplicemente male, da cani, allorché gli venga impedito di esprimere ciò che ha dentro. E’ l’ uomo che non ha nulla dentro, quelllo che abbraccia ogni espediente pur di diventare famoso. Perché è quella condizione parassitaria, che cerca; e non, la sana espressione della propria anima.L’artista, è semplicemente una persona che esprime genuinamente se stesso: una cosa molto, molto difficile da fare. Specie in questa epoca.  L’artista è SOLO, quando crea. Allo stesso modo in cui il processo di auto-conoscenza non è in alcun modo frutto di un’esperienza condivisibile. MMMMMMMMM…e qui casca l’asino..Ovvero, l’arte sta morendo perché permette all’uomo di fluttuare in direzione diametralmente opposta, a quella che conduce al “villaggio globalizzato”.L’uomo per creare deve “diventare individuo”. Deve sapersi auto-determinare. E non, agire come un sonnambulo in preda alla CONSENSUS TRANCE. Avete notato, peraltro, quanto i critici d’arte fioriscano in numero, al decresce del numero degli artisti?Vita e morte, nell’Arte individuale..Ho avuto una sensazione assolutamente simile, quando studiavo filosofia all’Università: mi pareva, allora ( e non credo che le cose sia migliorate certo negli ultimi anni ) che ogni mancato filosofo, ogni studioso che peccasse dell’ingegno, del genio, della creatività artistica necessaria per diventare filosofo, scegliesse per queste stesse ragioni la carriera di professore universitario, per potersi illudere scimmiottando qualcun altro; e soprattutto per vessare il genio artistico di ogni nuova generazione di potenziali, veri,  filosofi. La sensazione di impotenza genera simili condotte, in combutta con l’invidia.Poi, un giorno ho scoperto che anche Niezsche aveva apostrofato la professione universitaria allo stesso modo; e mi sono sentito meno solo, nel mio “individualismo”metafisico ( Non credo che ogni professore provenga da una tanto nefasta vocazione. Ma sono assolutamente convinto, che si tratti di una maggioranza impressionante )Comunque: là dove dovrebbe traovarsi libero desiderio di esprimere se stessi, troviamo fiorente la CONSENSUS TRANCE. Una lenta progressiva opera di propaganda, ha colonizzato implacabilmente la nostra mente. Cerchiamo l’approvazione degli altri, invece che il motore della nostra anima. Siamo etero-diretti, dall’aspettativa di come gli altri accoglieranno i nostri pensieri, i nostri giudizi, le nostre scelte.Vita e morte, nell’Arte individuale..Noi da parte nostra, è questo il nostro vizio peggiore, pecchiamo da sempre nella pulizia del nostro tempio interiore. Non ci rendiamo mai conto di quanto sia importante, parafrasando Fabrizio De André, “Allontanare gli intrusi, dalle nostre emozioni“Come ci ammoniva  amorevolmente Antoine de Saint-Exupéry, tutte le erbacce del nostro asteroide tendono rapidamente a diventare “baobab”, se lasciate proliferare. E ora, ci troviamo con il grosso problema di una mente che non ci appartiene, un giardino interiore pieno di alberacci “mediatici”…e nessuna padronanza di senso critico, nessuna auto-stima nel nostro potere trasformativo, da usare a mo’ di motosega spirituale, per abbatterli. Non ho la presunzione di saper offrire soluzioni valide per tutti. Cerco solamente di ispirare una meditazione critica, che sia diversa e personale per ciascun lettore. Nonostante tutto, credo però  che un buon primo passo, universalmente valido, verso la riappropriazione del significato spirituale dell’ESISTENZA, sia scavare e conoscere, alla ricerca di TRASCENDENZA ed ESPRESSIONE, tanto le nostre più sopite potenzialità, quanti i nostri oscuri lati in ombra…..alla ricerca senza posa di una valida ragione per stapparci i capelli di fronte a un nostro ritratto. E’ un buon inizio, secondo me!Se volete proprio provare ammirazione, cominciate a coltivarla in primis verso voi stessi. Che mi crediate o meno, è un ottimo diserbante contro i “baobab”invisibili,  che colonizzano la mente dell’uomo. E’ un modo ottimo, per allontanare pacificamente, e tuttavia inesorabilmente, gli intrusi dalle nostre emozioni.Un abbraccio controcorrente 

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