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Vittoria Puccini: “Se vedeste come tifo l’Italia” – Taormina Film Festival 2014

Creato il 20 giugno 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Vittoria Puccini è stata l’attrice italiana accolta con più entusiasmo in questi giorni al Taormina Film Festival, dove è stata premiata per il suo percorso artistico. In autunno la vedremo protagonista di una miniserie televisiva tratta da Un Uomo di Oriana Fallaci, e a lei spetterà il duro compito di interpretare la storica scrittrice. A Taormina ha riflettuto sui suoi esordi con Sergio Rubini, il successo di Elisa di Rivombrosa e l’importanza della qualità dei prodotti televisivi.

Quando hai capito che avresti fatto l’attrice?
Dal primo giorno sul set, ho capito che avrei voluto recitare tutta la vita. Ho sempre amato molto il cinema ma non avevo idea che un giorno sarei entrata in quel mondo. Poi penso che è un desiderio che ho coltivato quasi inconsciamente altrimenti non avrebbe avuto senso fare un provino per un film come feci io. Quando fui scelta mi ero appena iscritta a Giurisprudenza.

Il primo film?
Quel film si chiamava Tutto ed era diretto da Sergio Rubini. Un film bellissimo. Il set divenne una grande famiglia. Ero così inesperta ma Sergio fu bravissimo a creare un clima gioioso facendo divertire tutti. Il primo giorno è stato forse il più complicato. Non lo dimenticherò mai. Era il 7 luglio, giravamo in Puglia e pioveva. La scena che dovevo girare era stata sostituita con una scena d’amore in cui avrei dovuto spogliarmi. E’ stato un bel battesimo ma alla fine sono riuscita a lasciarmi andare. Dopotutto il personaggio quando reciti non è nient’altro che una maschera. Sono l’unica di quel cast ad aver proseguito un percorso artistico. Gli altri non ci hanno neanche provato. Questo per dire che recitare è un lavoro proprio come tutti gli altri e che fondamentalmente deve piacere e che comporta dei sacrifici. Non è detto che tutti siano a loro agio sul set.

Che adolescente eri?
Sono cresciuta in una famiglia borghese ma anche intellettuale perché mia madre è una maestra e mio padre un docente universitario. Da ragazzina mi tenevo sempre molto in disparte. Ero inibita e mi sentivo costantemente inadeguata. Poi sul set improvvisamente sono cadute tutte le mie inibizioni. Non mi sono mai sentita più a mio nella vita.

Vittoria Puccini - Taormina Film Festival

E chi è Vittoria oggi?
In me convivono diverse anime. La settimana scorsa ho seguito la partita dell’Italia in America a Little Italy e quando hanno segnato ho gioito in modo molto sguaiato. Mi hanno scattato una foto e l’ho inviata al mio fan club che è rimasto attonito nel vedermi in questa veste.

Due anni dopo Tutto l’amore che c’è, è arrivata Elisa di Rivombrosa.
E’ stato il mio primo ruolo importante, da protagonista. Una grande palestra per una ragazzina di 21 anni inesperta come me catapultata in 10 mesi di riprese mattina e sera. Cinzia TH Torrini è una bravissima regista, siamo diventate molto amiche e devo a lei tutto ciò che di bello sono riuscita a fare in quella serie. Un banco di prova che mi ha insegnato la disciplina prima di tutto il resto.

Vi aspettavate un tale riscontro da parte del pubblico?
E’ stato un successo inaspettato. L’avevamo girato da un anno ed era rimasto fermo perché la produzione aveva paura di rischiare. Era la prima volta che andava in onda una fiction in costume di così tante puntate. Non c’erano attori di rilievo. Molto di noi erano alla prima esperienza. Era una scommessa. Un successo unico quasi un fenomeno sociale visto che una studentessa mi inviò un tesi in cui esaminava le ragioni del successo della serie. Gli ascolti dell’ultima puntato furono da partita di un Mondiale con più di 12 milioni di telespettatori. Migliaia di persone hanno scelto le location di Elisa come meta turistica. Ho ritrovato la mia faccia sulle patatine, hanno fabbricato persino la barbie di Elisa anche se mia figlia non ci ha mai voluto giocare perché non è bello giocare con la bambola della madre.

La chiave del successo?
Il pubblico si è letteralmente innamorato del personaggio, mi ha dimostrato un affetto incredibile. Era una favola a lieto fine che ha fatto sognare, esprimendo dei valori semplici e positivi. Poi da un punto di vista tecnico era una produzione curata in ogni dettaglio. Sono stati investiti molti soldi, anche più di quelli previsti. Io avevo decine di costumi fatti su misura, ricamati a mano. L’immagine catturava, era bella.

Ma qual è la differenza tra recitare al cinema e in televisione?
Recitare è recitare. Non c’è nessuna differenza nell’approccio, almeno per me. Per un regista è diverso perché in televisione si usano più primi piani mentre il grande schermo permette diversi tipi di inquadrature. Oggi queste differenze si stanno assottigliando sempre di più, soprattutto in America ma anche qui in Italia grazie a Sky. Ci avviciniamo sempre di più al modello americano soprattutto che ora anche i tecnici del cinema hanno deciso di mettere la loro qualità a disposizione dei set televisivi. Negli ultimi anni ho lavorato a dei progetti televisivi di grandissima qualità con un valore sociale importante come il film sulla legge Basaglia o quello sulle case chiuse. Credo molto nel valore della televisione e spero di continuare a farla perché entra nelle case di tutti, anche in quei paesini dove per andare al cinema le persone dovrebbero percorrere diversi chilometri.

Come è stato interpretare Oriana Fallaci?
Non è stato facile. Tutti si chiedevano come avrei fatto. Io ho cercato di entrare in contatto con lei tramite l’unica cosa che ci lega ovvero essere entrambe di Firenze. Non volevo imitarla ma semplicemente riuscire a tirare fuori la sua forza, il suo carattere, il suo coraggio e la sua determinazione. Onestamente non avevo mai letto i suoi libri prima che mi proponessero questo ruolo, ma quando ho letto Un Uomo mi sono convinta che quella storia meritasse di essere raccontata.

di Rosa Maiuccaro per Oggialcinema.net


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