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Vivalascuola. Chi inculca che?

Creato il 02 maggio 2011 da Fabry2010

Vivalascuola. Chi inculca che?

Chi inculca che?
di Ivo Mattozzi

Rieccoli. Ci hanno provato nel 2000 con una mozione del consiglio della Regione del Lazio (presidente Storace), poi nel 2002 con una mozione dell’onorevole Fabio Garagnani dalla settima commissione della Camera dei Deputati presieduta da Ferdinando Adornato. Ora ci riprova l’on. Carlucci con altri 19 colleghi del Partito della libertà. Una sorta di chiodo fisso: arrIvare ad istituire una commissione che verifichi “i criteri di oggettività” dei manuali di Storia. Come se nelle rappresentazioni storiche potessero esserci “criteri di oggettività” validi per tutti e per decreto governativo o per legge.

Nei primi 85 anni dello stato unitario nelle scuole italiane hanno circolato libri di testo deputati a rappresentare il passato della nazione come ai governanti piaceva: in modo da formare sudditi devoti alla monarchia sabauda, al nazionalismo e, da ultimo, al fascismo.

I primi manuali dell’era repubblicana e democratica cominciarono ad uscire alla fine degli anni Quaranta e poi sempre più numerosi negli anni Cinquanta. Ma a me toccò studiare storia sul libro di uno storico nazionalista e che si era già acclimatato nel fascismo, quello di Pietro Silva. L’insegnante che lo usava era un ex prete rimasto fervente cattolico e che ci dettava le sue lezioni di filosofia minuziosamente. Poiché in famiglia c’era un clima di sinistra (mio padre era stato antifascista ed era esponente socialista), io leggevo il Calendario del popolo e andavo in classe a contestare le valutazioni del manuale e dell’insegnante.

Il professore e il manuale non riuscivano ad inculcare le loro “verità” ed io esercitavo il mio pensiero, contrapponendo le “verità” a cui aderivo per partito preso. Poi ho incontrato manuali che mi piacevano di più sia per la scrittura che per i punti di vista e per le interpretazioni (Spini, Saitta, Villari, Morghen).

Via via i libri di storia destinati al pubblico scolastico sono aumentati di numero fino ad arrivare a oltre 500 negli ultimi anni per tutti i livelli scolastici. Per la scuola secondaria di II grado, ce ne sono parecchie decine disponibili nelle adozioni degli insegnanti. Ci sono manuali di ogni risma ideologica. Ce ne sono apertamente schierati su posizioni di destra.

Ma ll testo della deputata Carlucci e degli altri 19 colleghi del Partito della Libertà ne prende in considerazione appena quattro. E censura alcune valutazioni che vi esprimono gli storici. Perché non denunciare la faziosità e le scempiaggini dei libri di storici “reazionari”?

Nella tesi dei deputati con l’uzzolo della censura c’è una contraddizione stridente. Essi sostengono che i manuali messi all’indice “inculcano” cattive interpretazioni della storia e valutazioni partigiane. Intendono inculcare come instillare imprimere nella mente o nell’animo di qualcuno idee o sentimenti capaci di far pensare e agire in un modo coerente con quelle valutazioni. Ma la loro elezione e la maggioranza data alle coalizioni capeggiate da Berlusconi dimostra che i manuali che offrono le interpretazioni da loro censurate non sono riusciti a “inculcare” la visione di sinistra alla maggioranza dei votanti.

Le valutazioni dei fatti e dei personaggi e delle istituzioni e dei gruppi sociali fanno parte inevitabile della interpretazione che gli storici devono esprimere. Da parte di chi conosce la epistemologia, la metodologia e i buoni libri di storia si sa che le interpretazioni sono il sale della storiografia, e che esse sono controverse e criticabili. Si sa pure che non può esistere la storia oggettiva, poiché essa è sempre il costrutto di una personalità soggettiva.

Le valutazioni devono essere congruenti con i fatti e i comportamenti dei personaggi, come lo sono quelle prese di mira: non corrisponde ai fatti verificabili (mediante la lettura dei documenti e dei quotidiani dell’epoca) che l’attuazione delle regioni fu uno degli obiettivi dei partiti socialisti e comunisti? Non corrisponde ai comportamenti di Togliatti in Italia una valutazione sulla sua azione equilibrata (si pensi alla sua reazione all’attentato subito)? Tuttavia tali valutazioni possono non essere condivise.

Non è scandalosa la critica, se è argomentata. Scandalosa e repellente è la pretesa di imporre dei criteri “di Stato per stabilire quali valutazioni siano ammissibili. È questa la china lungo la quale si finisce per scivolare verso la negazione della libertà di produrre storiografia.

Il problema degli effetti formativi prodotti dall’uso di un solo manuale è vivo ma è formulabile in modo diverso. La storiografia è il regno della molteplicità di rappresentazioni del passato. Ma nel libro di testo gli studenti trovano che il discorso principale propone una rappresentazione che non ha alternative e possono pensare che essa sia l’unica disponibile o autorevole.

Gli editori e gli autori di manuali hanno pensato di poter attenuare l’effetto negativo offrendo antologie di critica storica, cioè di interpretazioni diverse estrapolate da saggi storici. Ma se il manuale resta unico e l’insegnante si appiattisce sull’asse della ricostruzione principale, le occasioni di esercitare le competenze di giudizio critico autonomo e consapevole da parte degli studenti vanno a farsi benedire. Dovremmo immaginare classi in cui i manuali possano essere plurimi e insegnanti che non spiegano il capitolo, ma svolgono un tema e costruiscono una conoscenza e gli studenti la ri-costruiscono, ciascuno col manuale in suo possesso in modo da poter confrontare le diverse versioni e comprendere in che modo si differenziano.

Soprattutto occorrerebbero libri di testo strutturati in modo da proporre conoscenze storiche più significative e sistemi di conoscenze capaci di aprire la mente alla comprensione dei fenomeni storici, del rapporto tra passato e presente, degli aspetti e dei processi del mondo attuale.

Ma non mi pare opportuno entrare nel merito di quel che si potrebbe fare per migliorare la formazione storica dei cittadini in una presa di posizione su una proposta indecente. Essa va respinta e basta.

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Si comincia col bruciare i libri e si finisce a lasciare annegare donne e bambini (Arturo Ghinelli)
di Lucia Tosi

Correva l’anno 2001, “solo” dieci anni fa. Umberto Eco su la Repubblica del 3 aprile scriveva un articolo dal titolo curioso Perché in Berlusconi si nasconde un comunista.

L’analisi era condotta con gli strumenti per i quali il professore è noto: attraverso i segni espressi nella campagna elettorale di allora (propaganda semplicistica, appropriazione di valori universali, populismo) egli perveniva a dichiarare Berlusconi come il politico “più ‘comunista’ di tutti”.

Saltiamo più indietro, a prima del crollo del Muro. Conosco delle studentesse polacche in visita speciale in Italia per vedere il Papa. Fanno tappa a Padova. Si parla del più e del meno, loro con una certa cautela: ho l’impressione che non tutta sia dovuta alla conoscenza un po’ incerta della lingua italiana. Ho con me il Camera-Fabietti, l’età contemporanea. Mi chiedono se possono guardarlo. Vanno dritte alla Rivoluzione russa, agli accordi di Yalta, alla Guerra fredda. Scuotono la testa più volte. Si fanno spiegare qualcosa da me, confabulano. “Sui nostri libri non è scritto così”. “Beh… ve lo regalo, io ne ho un’altra copia”. “No no, non possiamo”. Aprono le mani, le scuotono davanti a sé, come per allontanare un pericolo.

Che cosa avevano visto di tanto diverso in quel manuale? Forse che i carri armati russi erano andati a Budapest e poi a Praga da invasori e non a portare la pace? Che sui cannoni non c’erano fiori, ma testate atomiche? Che in Italia le Brigate Rosse non erano formate da combattenti per la libertà e la giustizia, ma da “fascisti inconsapevoli“?

La polemica del Pdl sui manuali di storia non è una novità: è anzi un tormentone orchestrato ad arte – non a caso, per l’ennesima volta, nelle scorse settimane, che avrebbero dovuto essere, secondo molte anime candide, il momento del redde rationem per il Presidente del Consiglio – che sbuca fuori ad orologeria (una volta tanto, ricorriamo pure ad una abusatissima espressione della Destra).

La squadra, capitanata dall’ onorevole Gabriella Carlucci, composta da Barani, Botta, Lisi, Scandroglio, Bergamini, Biasotti, Castiello, Di Cagno Abbrescia, Di Virgilio, Dima, Girlanda, Holzmann, Giulio Marini, Nastri, Sbai, Simeoni, Zacchera è questa volta indignata probabilmente perché molti manuali di storia metterebbero in cattiva luce l’operato del Premier: bugia colossale, come ogni persona libera e responsabile sa perfettamente. Fino a che non varca i confini del regno.

I giornali inglesi, e non solo, che mai ne hanno parlato bene, negli ultimi mesi addirittura sbertucciano Berlusconi. Pazienza lo faccia il Financial Times, noto organo di propaganda comunista, ma se lo fa il liberista Economist, che paragona B. a Cetto Laqualunque, viene da pensare che forse in Italia rischiamo di ritrovarci nella condizione in cui versavano le studentesse polacche nel 1983. Te lo dò io il comunismo nei libri di storia, onorevole Gabriella Carlucci, ennesima mente illuminata, passata dalla guêpière alla poltrona di Montecitorio!

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Materiali

Quindi: l’on. Carlucci propone una commissione d’inchiesta per verificare quali sono i libri faziosi. Il ministro Gelmini concorda:

“Credo che si dovrebbero evitare letture interessate di parte e cercare di consentire ai ragazzi di esercitare la propria formazione su libri di testo che siano indipendenti e rispettosi della veridicità storica degli accadimenti… Non posso disconoscere il fatto che, per esempio, alcune questioni come quella delle Foibe, molti libri di testo non la trattino o venga relegata a poche righe. Addirittura in alcuni libri anche tutto il Risorgimento è trattato per sommi capi. Credo che ci debba essere anche una proporzionalità e un’adeguata trattazione anche sulla base dell’importanza del fatto storico”.

Così il Giornale presenta la questione, così l’Unità. Qui si può leggere il testo della Proposta di legge n. 4101 presentata il 18 febbraio 2011. La sortita dell’on. Carlucci è un corollario delle esternazioni del premier sugli insegnanti comunisti.

Ma è vero che tutti i professori della scuola pubblica sono comunisti?

Il 70% degli insegnanti non è di sinistra (posto che poi essere di sinistra sia un male). Berlusconi è clamorosamente smentito dal voluminoso dossier prodotto dal Cidi (Centro d’iniziativa democratica degli insegnanti) e dal Comitato 150…

Solo il 30% afferma di collocarsi a sinistra, circa il 9% al centro e il 5,2% dichiara di essere di destra. Ma c’è un 55% che sta tra quelli che non rispondono o che non ritengono di collocarsi rispetto a questo argomento. Chi è sotto i 34 anni, ma anche chi sta sotto ai cinquanta non considera questo un elemento importante per la propria professione. E il dato viene indirettamente confermato da un altro riscontro. Solo il 6,9% dichiara di aver partecipato ad attività di partiti e movimenti politici. Mentre un buon 23,2% fa parte di associazioni e gruppi religiosi o parrocchiali; il 17,9% fa parte di associazioni ed organizzazioni di volontariato; un buon 29,7% si occupa di associazioni culturali esterne alla scuola. Mentre un buon 38% o non ha mai fatto parte di attività di questo tipo (21,9%) o ha preferito non rispondere.

Stupore da parte degli storici: Giovanni Sabbatucci (questo tipo di polemiche non portano a nulla, non possono portare a nulla. Più che screditare l’oggetto, screditano quelli che se ne fanno portatori, un altro segno di scarsa maturità di un ceto politico), Franco Della Peruta (Benedetto Croce riassumeva così, magnificamente, la questione in napoletano: “la storia è la capa dello storico che ce sta ‘rentro”. L’obiettività assoluta non esiste, la questione è sempre quella di un equilibrio tra informazione e conoscenza), Alberto De Bernardi (La verità storica non esiste in sé: è il risultato dello sforzo interpretativo di generazioni successive di studiosi. Ma questo non vuol dire che il giudizio scientifico sia accumulabile al parere della persona qualunque. Che lo storico sia di destra come di sinistra.).

L’insegnante Mila Spicola così commenta:

Sorrideva la mia cara collega Marisa commentando “averceli i libri…”. Perché tanti nostri alunni non li hanno, i libri. Lei spende patrimoni in fotocopie. Io invece detto. Voce del verbo dettare. E detto. E detto. E loro imparano, imparano, imparano.

Gli studenti della Rete della Conoscenza:

rimaniamo sinceramente sbigottiti da come si possa costruire un’allarme e un livello di fantasticazione tale per distogliere l’attenzione dei problemi reali della scuola.

Proteste anche da parte delle associazioni di storici. Il Consiglio Direttivo della Sisem (Società Italiana per la Storia dell’Età Moderna) in un documento inviato al Ministro Gelmini, agli organi ministeriali e alla stampa ribadisce fra l’altro che

Si tratta di una proposta in primo luogo risibile: all’onorevole Carlucci e ai suoi colleghi sfugge che il senso dell’insegnamento e dello studio della storia non sta solo nell’apprendimento della successione degli eventi storici, ma anche nella formazione del senso critico degli allievi, che può essere ottenuta proprio esortandoli a confrontare le proprie idee con quelle del libro di testo.

Così l’Associazione Clio 92:

L’associazione Clio ’92 si dichiara pienamente d’accordo con la posizione espressa dalla SISEM in merito alla responsabilità del docente cui spetta il compito, in piena autonomia, di scelta dei libri di testo e delle forme della mediazione didattica che implica anche la discussione di interpretazioni proposte dai manuali, nell’ottica della molteplicità e della diversità delle ricostruzioni storiche.

Concludiamo con una proposta di Carlo Galli:

Scrivano anche gli storici non di sinistra dei buoni manuali (come certo sanno fare), e si sottomettano alla comune concorrenza scientifica e didattica per promuoverli e affermarli. Così la società, la scienza e la scuola si arricchiranno invece di impoverirsi come senz´altro avverrà se la proposta di legge avrà seguito.

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Vivalascuola. Chi inculca che?

L’occhio del lupo

Che poi è bello sapere che la Carlucci tiene tanto alla scuola. Immaginarsela lì, in guêpière, chinata a dovere, a compulsare i libri di storia – non sappiamo ancora se pure i libri di scienze, con tutti quegli antiestetici scimmioni di Darwin –, e magari, col caldo in arrivo, vederla togliersi il corpetto, per la faticaccia sulle “sudate carte”… non so, commuove, vederla sfilarsi anche le calze, e non trovare né sul Camera-Fabietti, né dalle parti di Guarracino o di Della Peruta, non trovare insomma in un cazzo di libro di storia una foto, dico una, di, non so, Paolo Maldini, o almeno Gabriel Garko. E restare inutilmente tutta ignuda. Commuove, intenerisce.
(michele lupo)

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La settimana scolastica

Poco prima della pausa pasquale è arrivata la notizia che nel futuro dell’Italia si spenderà sempre meno per l’istruzione statale. Il Def (il Documento di economia e finanza) presentato dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi prevede ancora meno risorse per la scuola, infatti la quota di Pil attualmente impegnata nell’istruzione, il 4,2 per cento, calerà al 3,7 per cento nel 2015. Questa riduzione si aggiunge al taglio di 87.000 cattedre e 42.000 posti di lavoro di personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario) e al blocco dei contratti fino al 2013 e degli scatti degli stipendi del personale della scuola per un triennio, con ricadute sulla carriera e ai fini pensionistici.

Eppure anche la fondazione Giovanni Agnelli, attraverso il suo direttore Andrea Gavosto, la pensa diversamente:

gli investimenti nel reclutamento, nella carriera e nella formazione degli insegnanti vengono al primo posto

I tagli, comportando riduzione degli organici e aumento del numero degli studenti per classe, colpiscono soprattutto i lavoratori precari della scuola, aggiungendosi alle confusioni e illegalità nella gestione delle graduatorie, alle mancate assunzioni e al mancato riconoscimento dei diritti. Per questi motivi il Coordinamento dei Precari della Scuola ha indetto per l’11 maggio una “giornata della rabbia“.

Ma per prima, per il 6 maggio, è indetto lo sciopero nazionale della Flc Cgil. Così si legge tra le motivazioni dello sciopero:

“Trentaquattro mesi di governo Berlusconi hanno impoverito il paese, depresso l’economia, aumentato la disoccupazione e la pressione fiscale, abbassato le tutele ai lavoratori, tagliato lo stato sociale, penalizzato i pensionati, umiliato il lavoro e la dignità delle donne. La scure su scuola, università e ricerca colpisce il futuro dei giovani; i tagli alla cultura mortificano la storia e l’arte del nostro paese”.

Intanto ai primi di maggio dovrebbe essere emanato il decreto di aggiornamento delle graduatorie, che dovrebbe dare la possibilità ai docenti precari di aggiornare il punteggio e spostarsi in una sola provincia a scelta in tutto il territorio nazionale. Qui una presentazione della bozza del decreto ministeriale. Tale decreto fa seguito alla bocciatura da parte della Corte Costituzionale della norma, voluta dalla Lega Nord e introdotta dal ministro Gelmini, che impediva ai precari del sud di conservare il proprio punteggio in caso di cambiamento di provincia.

Sempre per via legislativa il Ministero vuole presentare un piano di assunzioni a tempo indeterminato volto a coprire tutti i posti disponibili in organico di diritto (cioè tutte le cattedre libere al 31 agosto). Per il governo è il modo per scongiurare una marea di ricorsi, che già hanno visto centinaia di condanne del Ministero da parte di Tribunali del Lavoro di varie città italiane.

Questo mentre il contesto vede ancora crescere il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), che secondo dati dell’Istat a marzo è aumentato al 28,6%, salendo di 0,3 punti percentuali su base mensile e di 1,3 punti su base annua.

Poco incoraggianti anche le notizie dall’università. Circa 50 ricercatori scrivono al Presidente Napolitano perché protagonisti di vicende paradossali: hanno vinto i concorsi ma i loro atenei sono rientrati nel meccanismo di blocco delle assunzioni e dunque sono senza posto. “A questo punto non ci resta che provare ad andare via“.

Le nostre università continuano a non attrarre: sono solo 57.447 gli studenti stranieri iscritti nei 77 atenei italiani. E nelle classifiche di riferimento europee siamo sempre in fondo: ultimi o penultimi nel confronto con i quattro big continentali (Inghilterra, Germania, Francia e Spagna) e gli Stati Uniti.

Attraggono poco anche le università telematiche. Nel nostro Paese ce ne sono 11. Si fanno concorrenza stringendo accordi con sindacati, enti, ordini professionali e concedendo vantaggi agli iscritti: ad esempio la possibilità di riconoscere “fino a un massimo” di 60 crediti formativi (l’equivalente di un anno accademico) grazie a esami sostenuti in passato o a esperienza “buona per la laurea” acquisita lavorando. Ma nonostante queste condizioni di favore raccolgono appena l’1% degli studenti.

A ridosso della effettuazione delle prove Invalsi, e mentre cresce nelle scuole la protesta contro le stesse, si è appresa la notizia che Piero Cipollone si è dimesso dalla carica di presidente dell’Invalsi, l’Istituto nazionale di valutazione che nelle ultime stagioni per conto del ministero dell’Istruzione ha verificato il livello di apprendimento degli studenti italiani. Le dimissioni arrivano in prossimità della scadenza del Comitato di indirizzo dell’istituto e i lavoratori denunciano ora “una situazione di forte criticità e di incertezza di governo“. Sono in scadenza molti contratti dei lavoratori precari interni: l’Invalsi, infatti, ha solo ventidue dipendenti stabili. Tutto il personale (ricercatori, collaboratori tecnici e amministrativi) è entrato in stato di agitazione.

Per finire, e ricollegandoci al tema di questa puntata di vivalascuola: in queste ultime settimane si svolge, parallela alle sternazioni del premier e alla proposta del Pdl di una Commissione sui libri di Storia, la sequela delle dichiarazioni del vice presidente del CNR Roberto De Mattei: le ultime dicono che anche il terremoto di Messina del 1908 fu una punizione divina e che la distruzione nazista di Varsavia è stata dovuta agli aborti che si praticavano nella città polacca.

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Il decreto Brunetta qui.

Il vademecun della CGIL sulle sanzioni disciplinari qui.

Tutti i materiali sulla “riforma” delle Superiori qui.

Per chi se lo fosse perso: Presa diretta, La scuola fallita qui.

Guide alla scuola della Gelmini qui.

Le circolari e i decreti ministeriali sugli organici qui.

Una sintesi dei provvedimenti del Governo sulla scuola qui.

Un manuale di resistenza alla scuola della Gelmini qui.

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Dove trovare il Coordinamento Precari Scuola: qui; Movimento Scuola Precaria qui.

Il sito del Coordinamento Nazionale Docenti di Laboratorio qui.

Cosa fanno gli insegnanti: vedi i siti di ReteScuole, Cgil, Cobas, Gilda, Cub.

Spazi in rete sulla scuola qui.

(Vivalascuola è curata da Nives Camisa, Alessandro Cartoni, Michele Lupo, Giorgio Morale, Roberto Plevano, Lucia Tosi)



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