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Vivalascuola. Matematica bestia nera?

Da Fabry2010

Pubblicato da vivalascuola su ottobre 17, 2011

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La giornata di protesta mondiale degli indignati di sabato 15 ottobre si è svolta pacificamente in tutto il mondo tranne che in Italia. Il nostro Paese si è fatto trovare impreparato a un appuntamento annunciato e si è scatenata la mattanza. Gli indignati italiani (precari, studenti, ricercatori) così rispondono ai fatti che hanno turbato l’enorme manifestazione di sabato: “Niente può offuscare la nostra voce che si sta alzando. Nessuna violenza, nessuno scontro può mettere in discussione le ragioni di una generazione che si vuole riprendere la sua vita, che si ribella in modo radicalmente non violento e che chiede diritti”.

Come mai la matematica è così difficile?
di Alessandra Angelucci

Noi docenti di Matematica dobbiamo confrontarci spesso con la difficoltà che i nostri studenti incontrano in matematica. Le statistiche inerenti le sospensioni di giudizio di fine anno ci danno i numeri di questa difficoltà. I test nazionali e internazionali ce ne offrono declinazioni. Chiedere in giro “… tu e la matematica?” ad adulti anche colti e sensibili è semplicemente straziante (con qualche sorpresa fra molte tristi conferme). Il confronto con i media, e le dichiarazioni pubbliche in genere, ci danno il colpo di grazia.

La matematica è difficile? O è solo impegnativa?
Domande troppo impegnative e importanti per arrischiarmi a rispondere da sola. Ho girato perciò tali domande a insegnanti più esperti di me e a ricercatori universitari (in didattica e non) per chiedere una loro opinione. Mi ha risposto Walter Maraschini:

Non è che la matematica, di per sé, sia difficile. E’ però impegnativa. Richiede cioè impegno e applicazione prima che arrivi il piacere. La matematica, cioè, non è una marchetta, sesso a pagamento, soddisfazione subito che muore nel momento in cui nasce. Richiede impegno e partecipazione – affetto e consapevolezza per qualcosa che arriverà – prima che arrivi il piacere, pregustandone l’arrivo.
Una raffinata esperienza erotico-intellettuale insomma. E’ un gusto che si forma e richiede una capacità di proiezione (1).
Che tajo, presso’!” – a Roma vuol dire “che bello!” – ha esclamato una mia studentessa pochi giorni fa, alla fine della dimostrazione del fatto che la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a un angolo piatto.
Non l’aveva entusiasmata il risultato (che già conosceva) ma il ragionamento che vi ci portava. [E il fatto di “vedere” quella dimostrazione, non solo con gli occhi, ma di saperla mettere in relazione con quanto sapeva già]
Non è difficile la matematica: è impegnativa. E quando è possibile va fatta vincere la bellezza di un impegno entusiasta: va fatto capire che tra l’oggi e il domani c’è sempre un percorso; va fatta vivere, perciò, la bellezza della ricerca del percorso.

Walter Maraschini propone di riflettere su uno dei punti chiave dell’insegnamento: il saper comunicare che la fatica non è fine a se stessa ma è orientata al raggiungimento di un piacere! Che non dobbiamo faticare per faticare ma per essere in grado alla fine di spassarcela (2). Anche risolvendo un problema di matematica, perché no?

Però quanto ci piace insegnare?
Stiamo parlando del piacere di capire, comunicare, scegliere e degli innumerevoli contributi della matematica alla Cultura in genere, ma si potrebbe fare anche un esempio banale: si spendono fiumi di grafite per giochi come il Sudoku, vuoi mettere un bel problema di geometria analitica? O un teorema di quelli fatti bene?
Questo è un aspetto importante che riguarda noi insegnanti: quanto ci impegniamo noi nel comunicare il piacere d’imparare? Quanto ci piace insegnare?

Senza questa prospettiva di piacere, quanto è più difficile convincere gli studenti a farsi carico della responsabilità, e della fatica, del proprio percorso formativo? Senza questa assunzione di responsabilità d’altronde è impossibile imparare proficuamente, in particolare la matematica.

Lo scorso anno insegnavo in una classe terza di Liceo Scientifico. Uno dei miei studenti non bravi faceva Rap. L’ho ascoltato esibirsi a scuola e l’ho trovato bravissimo. Mi è saltato in particolare agli occhi l’impegno che metteva nel creare strutture ritmiche per poi riempirle utilizzando il linguaggio in un modo che il suo rendimento scarso (anche in altre materie) non avrebbe mai fatto sospettare. Allora l’ho sfidato: gli ho chiesto di scrivere un brano sulla sua difficoltà in matematica e sulle difficoltà della matematica. Ecco quello che ne è uscito fuori: Dandoinumeri.

Il panico è uno dei sentimenti che purtroppo la matematica può suscitare. Specialmente poi quando capita – e purtroppo capita – di incontrare insegnanti che umiliano gli studenti o li terrorizzano, ecc…

La Matematica non è innata, anzi è per certi aspetti innaturale
Ma continuiamo col sentire cosa mi ha risposto un matematico di professione, Domenico Fiorenza:

Onestamente non ho idea del perché la matematica sia difficile. Io l’ho sempre trovata facile. Se penso a cose difficili penso alla storia o alla politica, l’economia. Cose con un’infinità di variabili e di possibili interpretazioni tutte ragionevoli e allo stesso tempo in contraddizione tra loro. La matematica credo sia invece “non interessante, nel senso che quando la si comincia a studiare non si vede subito il suo impatto nel quotidiano, uno pensa, “ma che me ne frega a me de ‘sta roba?” e così si perde le basi, e poi è perso per sempre.

Domenico Fiorenza tocca alcuni degli argomenti più delicati ribaltando quella che è una percezione diffusa su cosa sia facile e cosa no. Sulla stessa linea Domingo Paola:

La matematica è, sotto certi aspetti, innaturale: uno dei vantaggi evolutivi dell’homo sapiens sapiens è la capacità di accorgersi delle variazioni. I nostri antenati non avrebbero avuto sensibili possibilità di preservare la specie se, nella dura vita della savana, non fossero risultati particolarmente efficienti ed efficaci nell’accorgersi delle variazioni: un movimento nel buio della savana può voler dire pericolo e accorgersi immediatamente del suo accadere aumenta le probabilità di salvarsi.

Per natura, siamo quindi particolarmente attenti a ciò che varia: un bambino che vede un parallelogramma trascinato per uno dei suoi vertici in un software di geometria dinamica [a es. geogebra, un software libero], nota immediatamente e naturalmente, senza alcuna difficoltà, la variazione delle dimensioni, del perimetro, dell’area, delle misure angolari… fa invece fatica a guardare il movimento con occhio matematico, prestando attenzione, quindi, non a ciò che varia, ma agli invarianti, ossia a ciò che, nel movimento, resta immutato: per esempio il parallelismo dei lati; il centro di simmetria; l’uguaglianza dei lati opposti del parallelogramma…

Questa capacità di cogliere invarianti è una capacità tipicamente matematica, è la capacità di vedere i fenomeni con occhio matematico e, anche se è una caratteristica del pensiero umano, è meno naturale della capacità di cogliere differenze e variazioni. Va quindi coltivata, guidata, faticosamente acquisita.

Sull’innaturalezza della matematica – e quindi sulla necessità assoluta di apprenderla per tempo e per bene – si spende molto anche un’altra docente-ricercatrice (che ha scritto nel 1990 un libro molto interessante - Il Pensiero allo specchio, La Nuova Italia – del quale dovrebbe uscire a breve il seguito), Laura Catastini:

L’apparato mentale è vincolato da stretti parametri, pur nella sua plasticità: se per esempio, tanto per parlare di una capacità innata, non si impara a parlare entro i dodici anni, si perde per sempre questa possibilità e ci potrà esprimere solo in forma ridotta, senza sintassi.
Lo scrivere e il calcolo poi non sono innati, e l’addestramento cognitivo dato dal processo di scrittura è fondamentale in una società in cui la cultura ha un estremo carattere simbolico come la nostra.

Un esempio di innaturalezza e formatività a un tempo della matematica è dato da un’attività che gli studenti sanno (senza saperlo) essere fondamentale per risolvere un problema di geometria, e cioè il ricentramento cognitivo. Ci spiega cosa sia sempre Laura Catastini:

Dato un quadro concettuale, il ricentramento cognitivo si attua ogni volta che tra gli elementi costitutivi del quadro stesso  si intravedono nuove relazioni, che ne fanno emergere nuova conoscenza rispetto a quella iniziale

(cfr. quelle immagini della Gestalt che cambiano a seconda del “come le si guarda”: la donna con cappello che è anche una vecchia con il nasone, ecc).

Vivalascuola. Matematica bestia nera?Per esempio, guardando la bandiera della Finlandia, quanti rettangoli vedi (i quadrati sono rettangoli particolari)? Con un’osservazione superficiale si potrebbe rispondere 4, oppure 5 – considerando anche la bandiera stessa – ma guardando con maggiore attenzione (si potrebbe dire con “occhio matematico”) si può vedere che, considerando la croce al centro come fatta di due segmenti, i rettangoli sono 9, altrimenti ancora di più!).

Vivalascuola. Matematica bestia nera?

Matematica = concentrazione, vedere legami e connessioni, attività dinamiche
Questo movimento di pensiero spesso cambia il ruolo o la funzione di uno o più elementi del quadro che si sta trattando, a es. l’altezza di un triangolo isoscele può essere considerata anche cateto di ciascuno dei due triangoli rettangoli congruenti in cui l’altezza stessa divide il triangolo, oppure bisettrice dell’angolo opposto alla base, oppure facente parte dell’asse della base stessa.

Vivalascuola. Matematica bestia nera?

La capacità di vedere nuovi legami significativi e connessioni tra cose diverse, anche molto distanti tra loro, è uno dei tratti importanti dell’intelligenza, che viene in questo senso sottoposta a un buon addestramento (ma faticoso e per questo percepito come difficile) da parte della matematica.

Ma è anche quello che fanno gli artisti quando rileggono, in una chiave mai utilizzata prima, la realtà in cui viviamo tutti, no? E che ci costringono a fare quando ci troviamo davanti alle loro opere. Solo che in quel caso le emozioni hanno un peso così preponderante da non far percepire la fatica. E torniamo al ruolo dell’insegnante e all’importanza che prenda su di sé tutti gli aspetti peculiari del proprio mestiere anche quelli emotivi e affettivi oltre a quelli prettamente cognitivi: sono intercorrelati, imprescindibili! Per poter finalmente passare dal buio alla chiarezza.

Stiamo quindi vedendo come la matematica sia faticosa – perciò difficile – non solo perché richiede un altissimo grado di concentrazione, controllo e profondità su singole attività, in qualche modo fisse: la precisione del linguaggio nelle definizioni, il rigore necessario per effettuare un calcolo, ecc. – aspetti questi comunemente ascritti alla materia – ma sopratutto in quanto chiede di effettuare attività dinamiche, come il ricentramento cognitivo o il rimpallo fra analisi e sintesi necessario alla risoluzione di un problema di geometria analitica (come per la traduzione di una versione di latino, del resto).

La matematica è impegnativa, la matematica è faticosa”. Tante cose sono faticose, si potrebbe obiettare. Perché quello della matematica è un impegno nel quale non si riesce a coinvolgere troppi studenti prima e troppe persone adulte poi? Sinora abbiamo visto molti aspetti che giustificano questa problematicità, ma ci siamo addentrati ancora poco all’interno della materia.

Quante risposte possibili alla domanda: “Ma cos’è la Matematica?
In realtà avrei voluto cominciare questo articolo cercando di spiegare proprio cosa sia la Matematica, ma Domingo Paola (che mi ha aiutato tantissimo nel preparare le puntate alla radio, rileggendo e commentando le mie proposte, quindi mi ha consigliato anche questa volta) mi ha messo in guardia: “Attenta, non c’è un’unica e condivisa definizione di Matematica!”. E questo è un buon argomento ancora: CONTRARIAMENTE A QUEL CHE SI PENSA, non c’è un’unica, monolitica e condivisa concezione di Matematica. Neanche della Matematica da insegnare.

Utilizzando una schematizzazione bianco/nero proposta da una ricercatrice il cui lavoro è molto interessante – Rosetta Zan – potete vedere come ci siano modi antitetici di pensare la matematica (come ogni schmatizzazione è ovvio che anche questa è molto rigida e rappresenta estremi fra i quali sono comprese molte possibili sfumature, ma è utile per focalizzare il problema).

o Strumentale

o Relazionale

Formule

Ricordare

Esercizi

Prodotti

Ragionare

Pensare

Problemi

Processi

E può accadere che uno studente abbia un’idea di matematica differente da quella del proprio insegnante e quindi entrino in conflitto (e chi “perderà”?)!
E ancora può capitare che uno studente cambi un insegnante all’anno e ciascuno di questi abbia un’idea di matematica differente dal precedente (e convinto che la propria sia giusta): non sempre accade infatti che un insegnante abbia effettuato una riflessione attenta e consapevole sulla propria idea di matematica e di insegnamento della stessa.
Favorire questo tipo di consapevolezza era uno dei meriti delle S.S.I.S. (Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Secondario) che però sono state chiuse senza che ancora siano stati attivati canali alternativi di formazione degli insegnanti.

Per esempio ho condiviso una classe con un collega: io insegnavo fisica e lui matematica. Una volta si è lamentato dicendo “… e poi mi chiedono sempre “perché?” quando spiego loro cose di matematica. “Perché e perché: sono solo tecniche per risolvere problemi, mica dobbiamo fare della filosofia!”. Posizione senz’altro legittima ma, per esempio, diametralmente opposta alla mia (come potrà constatare chi avrà voglia di ascoltare qualcuna delle puntate radio dedicate alla matematica che si trovano qui)

La matematica non è “accessibile” direttamente ai nostri sensi
Ma entriamo ancora un po’ di più DENTRO la matematica. Qual è una caratteristica comune – forse più evidente – agli oggetti della matematica (numeri, figure geometriche, formule, teorie, relazioni, funzioni, ecc.)? EBBENE sì: non sono accessibili ai nostri sensi.
Non è possibile assaporare un numero, ascoltarne la voce, tastarne la consistenza, odorarlo e nemmeno vederlo. La nostra esperienza degli “oggetti matematici” è fondata sui contatti che abbiamo con le loro rappresentazioni. E questo fatto è egregiamente tratteggiato dal Paradosso di Duval che ho scoperto leggendo “Didattica della matematica” di Bruno D’Amore (vedi qui e qui).

Da una parte l’apprendimento di oggetti matematici non può che essere un apprendimento concettuale e, d’altra parte, è solamente attraverso rappresentazioni [semiotiche] che un’attività sugli oggetti matematici è possibile.
Questo paradosso può costituire un circolo vizioso per l’apprendimento. In che modo infatti soggetti in fase di apprendimento potrebbero non confondere gli oggetti matematici con qualche loro rappresentazione se possono avere a che fare solo con rappresentazioni?
L’impossibilità di un accesso diretto agli oggetti matematici, al di fuori di qualunque rappresentazione rende la confusione pressoché inevitabile. E, di contro, come possono acquisire la padronanza dei procedimenti matematici necessariamente legati alle rappresentazioni se non hanno già compreso concettualmente gli oggetti rappresentati?

E a volte uno stesso segno rimanda a discorsi matematici – se non differenti – leggermente slittati (com’è per il simbolo di frazione che può avere più di un’accezione possibile) o anche per il segno di uguaglianza: se si scrive a + c = b il segno uguale può rinviare alla relazione fra a + c e b (in senso strutturale in ogni discorso in cui compare a + c esso è sostituibile con b), oppure, in senso procedurale, vuol dire che il risultato del processo a + b è c. Oppure ancora, se al posto di b leggiamo a + x = b diventa una domanda: qual è il numero che addizionato ad a dà come risultato b?

Più spesso, di uno stesso concetto ci sono più rappresentazioni: verbale, numerica, grafico-geometrica, simbolica, ecc. Come accade per esempio con la retta: posso considerarla come ente fondamentale della geometria, darne una rappresentazione grafica (di una sua parte, almeno) mediante un disegno, posso dire che è data dall’intersezione di due piani, posso darne l’equazione rappresentativa (in geometria analitica): y = m ∙ x + q, ecc. E solo comprendendo tutte queste rappresentazioni e il legame fra l’una e l’altra possiamo dire di aver compreso cosa sia una retta, ma ciascuna di queste NON è una retta!

L’importanza didattica del gioco e dell’errore
Quanto noi insegnanti siamo consapevoli che non basta presentare la rappresentazione di un concetto agli studenti e insegnare loro a “giocare” con questa rappresentazione, per esser certi che abbiano compreso il concetto invece delle regole di gioco con quella sua singola rappresentazione? Quanta attenzione prestiamo nel mostrare che di uno stesso concetto sono possibili più rappresentazioni e quanto aiutiamo i nostri studenti a passare da una rappresentazione all’altra?
Quanta attenzione prestiamo all’importanza didattica dell’errore, di cui parleremo più avanti e del “prendersi cura” degli studenti, che ho richiamato più volte e di cui parlerò ancora.

Dal punto di vista delle relazioni umane infatti ancora Domingo Paola mi segnala come per molto tempo la matematica sia stata utilizzata, nell’insegnamento, come uno dei pricipali e più efficaci strumenti selettivi. Non comprendi la dimostrazione del teorema che afferma che gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono uguali? Sei destinato a non oltrepassare il ponte che porta dalla scuola di base ai livelli successivi.
Forse non a caso quel teorema è noto come il pons asinorum, che evoca l’immagine degli asini impossibilitati per le vertigini a oltrepassare il ponte, triste e violenta metafora per riferirsi a chi non capisce la dimostrazione del teorema.

E chi, avendo almeno una cinquantina d’anni, non si ricorda le interminabili ore passate durante tanti anni scolastici a semplificare espressioni a più piani? Insomma, sempre per farla breve, ore e ore di esercizi spirituali per la conquista di tecniche, spesso fini a loro stesse, con poca o nessuna attenzione per la risoluzione di problemi, per le applicazioni, per la storia della disciplina.
Tutto ciò, spesso condito da una minima attenzione agli aspetti emozionali-affettivi, ha creato intorno alla matematica un’aura di aridità, difficoltà, astio, timore.
Sull’onda di questi aspetti più prettamente relazionali concludo con alcune considerazioni di Rosetta Zan – intervista sul sito Treccani – sull’atteggiamento tipico del docente “medio” di matematica di fronte all’insuccesso di uno studente.

Domanda: Molti sono gli studenti che continuano a commettere gli stessi errori anche se l’insegnante si affanna a rispiegare più volte per correggere l’errore. È possibile prevenire queste difficoltà?
Risposta: Parto dal fondo della sua domanda. Uno dei punti cruciali è proprio quello che dice lei: ‘l’insegnante si affanna a rispiegare più volte per correggere l’errore’. In quell’affanna è ben sintetizzato lo sforzo dell’insegnante, accompagnato da ansia, e direi da una scarsa fiducia che l’insegnante stesso ha imparato a nutrire nell’efficacia di questo sforzo…
Ma in quale comportamento si concretizza questo sforzo? Come dice lei, nel ‘rispiegare più volte’. Quel ‘rispiegare più volte’ non è l’unico comportamento che l’insegnante ha a disposizione [MA SPESSO NON LO SA].
Inoltre è un comportamento che non è fondato su un’analisi attenta delle difficoltà. A questo proposito mi sembra molto espressiva la metafora della medicina.
Immaginiamo un medico che di fronte a un disagio del paziente continui a dare la stessa cura, pur se la cura si è dimostrata inefficace (e non solo con quel particolare paziente, ma con molti di quelli che manifestano lo stesso disagio). Immaginiamo addirittura che il medico si lamenti del paziente, perché non ha risposto positivamente alla cura!
Tutto questo ci appare – giustamente – paradossale. A quel medico ci verrebbe spontaneo dire: ma è sicuro che quella cura vada bene per la malattia del suo paziente? È sicuro che la sua diagnosi sia corretta? Non sarà il caso di fare altri accertamenti?
Eppure è esattamente quello che succede a scuola quando ‘l’insegnante si affanna a rispiegare più volte per correggere l’errore’.

Come dice Bruno D’Amore:

L’errore è visto con una connotazione negativa (quanti scarabocchi fanno gli studenti sui loro fogli per nascondermi gli ERRORI che fanno?) e non come “sintomo” di un malessere cognitivo da curare.
Il fatto è che nella scuola c’è un sottile senso di moralismo che ci fa sentire in pace con la nostra coscienza se in qualche modo ‘soffriamo[e così chiudiamo il cerchio in opposizione a quanto diceva all’inizio Walter Maraschini a proposito del piacere dell’imparare] Ma tutto ciò è ben lontano dalla razionalità nell’affrontare i problemi, che fra l’altro è uno degli obiettivi fondamentali dell’insegnamento della matematica!

Conclusioni
Le risposte che Catastini, D’Amore, Fiorenza, Maraschini, Paola, Zan, hanno dato alla mia domanda “Perché la matematica è così difficile?” aprono prospettive non tutte consuete (almeno per me è stato così) e filoni d’indagine complessi e articolati. Dalle loro risposte emerge come il “problema dell’insegnamento della matematica” – come tutti i problemi delicati che riguardano umane vicende – per essere risolto, o quantomento affrontato con serietà, richiede grande impegno, competenza, passione: non ci sono formule magiche, scorciatoie o formule da bar. Queste poche righe non hanno nessuna pretesa di esaustività e non vogliono che essere spunti per aprire la discussione e, insieme, cercare di fare qualcosa affinché la matematica non sia più “la bestia nera” delle discipline insegnate a scuola; né un passaggio ostruito di accesso alla comprensione della realtà che ci circonda.

Note
1. Tanto è importante questa capacità di proiezione, di previsione, che Laura Catastini l’ha messa al centro di una nuova definizione di concretezza basato, piuttosto che su criteri sensoriali, su criteri inerenti appunto la predittività (sulla scia della scoperta dei neuroni specchio e del loro ruolo fondamentale). Definito come SIMULABILE qualcosa a proposito del quale è possibile fare inferenze su questo qualcosa (non necessariamente solo verbali) con carattere predittivo. Ora, nella nuova accezione proposta da Laura Catastini, un qualcosa sarà da ritenersi tanto più concreto quanto più SIMULABILE.

2. Per “spassarsela” è necessario avere un mondo interno di rappresentazioni che sia in grado di accogliere i nuovi concetti che man mano incontriamo, organizzando loro l’accoglienza ancor prima che arrivino!

3. Questa canzone è stata scelta per scuotere la cappa di terrore e eccessiva reverenza che accompagna la matematica ma sopratutto per il suo titolo che descrive esattamente un’attitudine, una tentazione, una pretesa comune a molti insegnanti: quella di cancellare quello che già presente nella mente degli studenti – acquisito con l’esperienza e negli anni precedenti di studio e elaborato in base a gusti e attitudini personali – per inserirvi ex novo nozioni, concetti, relazioni, ecc…

PS: questo articolo è la rielaborazione di un testo che avevo preparato per una trasmissione radio andata in onda il 28/03/2011 su Radio Città Futura. La trasmissione era introdotta da un brano musicale e prevedeva 10’ di parlato alternati a brani musicali attinenti al tema trattato. Pur modificando in parte la scrittura ho voluto lasciare, nelle posizioni originali, i link youtube alle canzoni mandate in onda con una breve spiegazione delle motivazioni della scelta. Potete ascoltare la puntata radio, assieme ad altre sempre di argomento matematico, qui.

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Comunicato Miur 2008

La materia in cui gli studenti di tutta Italia incontrano le maggiori difficoltà è la matematica, anche tenendo conto che si tratta di una tra le discipline più presenti nei diversi corsi di studi: il 45,7% dei ragazzi ammessi con giudizio sospeso all’anno scolastico successivo dovrà dimostrare di aver superato l’insufficienza in questa disciplina. Da notare che, rispetto all’anno scorso, in cui c’era il 43,1% degli studenti ammessi con debito in matematica, c’è stato un ulteriore aumento di 2,6 punti percentuali. (vedi qui)

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Risultati OCSE-PISA del 2009

Per la matematica, si collocano sopra la media nazionale e alla media OCSE Lombardia (516), Friuli Venezia Giulia (510), la Provincia Autonoma di Trento (514), Veneto (508), la Provincia Autonoma di Bolzano (507). Il punteggio medio dell’Emilia Romagna (503) e della Valle d’Aosta (502) è significativamente superiore alla media nazionale, mentre non si discosta da quella OCSE. Tra le regioni del Sud, gli studenti della Puglia sono quelli che hanno ottenuto i risultati migliori: con una media di 488 punti non si discostano in maniera significativa dalla media Italia e dalla media OCSE. Abruzzo e Basilicata si collocano invece sulla media nazionale ma al di sotto della media OCSE.

Considerando il punteggio medio nei diversi tipi di scuola, anche per matematica e scienze gli studenti dei Licei si collocano significativamente al di sopra sia della media nazionale sia della media OCSE. Gli Istituti Tecnici non si discostano dalla media nazionale ma sono significativamente al di sotto della media OCSE.
Infine, gli studenti degli Istituti Professionali e della formazione Professionale sono al di sotto sia della media nazionale che della media OCSE.

Passando ora a considerare la distribuzione per livelli di competenza, l’Italia presenta una percentuale di studenti sui livelli di eccellenza (livelli 5 e 6) del 9% in matematica e del 5,8% in scienze, inferiore a quella media dei paesi OCSE (rispettivamente 13% e 8,5%). Come nel caso della literacy in lettura, il Nord Ovest e il Nord Est, tra le macroaree geografiche, e i Licei, tra i tipi di scuola, sono gli strati con maggiori percentuali di studenti ai livelli di eccellenza (5 e 6).

Al contrario, la percentuale di studenti al di sotto del livello 2, cioè quello considerato equivalente alla sufficienza (25% in matematica e 20,6% in scienze), è superiore alla media OCSE (rispettivamente 19% e 18%). Questi studenti prevalgono negli Istituti Professionali e nella Formazione Professionale e, dal punto di vista geografico, nel Sud e nel Sud‐Isole. (vedi qui)

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Risultati prove Invalsi a.s. 2009-2010

Nelle tre prove di Matematica SNV gli studenti rispondono correttamente a una percentuale di domande che varia tra il 50,9 per cento della I classe della scuola secondaria di primo grado e il 61,3 per cento della V classe della scuola primaria (si ricorda che nella Prova nazionale hanno risposto in modo corretto al 51,1 per cento delle domande).

Per la Matematica è più difficile rintracciare una qualche regolarità nei livelli di apprendimento relativi tra i diversi ambiti nelle diverse classi. L’ambito dei Numeri riceve più risposte corrette di quanto non succeda nel resto della prova nella classe quinta primaria e nella I secondaria di primo grado, indipendentemente dalla difficoltà delle domande. Nella classe terza la preminenza rimane solo per le domande di difficoltà intermedia e scompare tra quelle più difficili. Nella scuola primaria la geometria (Spazio e figure) sembra essere un problema specialmente per le domande più semplici; vanno invece meglio gli item più complessi. (vedi qui)

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La settimana scolastica

Anche questa volta cominciamo la sintesi delle notizie della settimana dalla fine, la storica giornata di protesta mondiale degli indignati, che si è svolta pacificamente sabato 15 ottobre in tutto il mondo tranne che in Italia. Il nostro paese si è fatto trovare impreparato a un appuntamento annunciato e che come prevedibile oltre a centinaia di migliaia di giovani, famiglie e cittadini pacifici ha visto in azione un migliaio di incappucciati. Si può parlare di edifici dati alle fiamme, scontri con la polizia, auto incendiate; degli inutili gli sforzi del corteo per isolarli, di decine di feriti, venti fermati, dodici arresti, della polizia che carica persone inermi, dei deliri dei giornali di destra. Ma soprattutto si dovrebbe parlare della enorme manifestazione e dei motivi che hanno spinto milioni di persone a manifestare in tutto il mondo. Si tratta di un movimento che

Esprime la rabbia d’una generazione senza futuro e senza più fiducia nelle istituzioni tradizionali, quelle politiche ma soprattutto quelle finanziarie, ritenute responsabili della crisi e anche profittatrici dei danni arrecati al bene comune (vedi qui).

Come dicono dati di fonte Onu: il 2% dell’umanità possiede circa il 50% delle ricchezze mondiali, il 10% dell’umanità possiede circa l’85% delle risorse planetarie. In Occidente nella fascia di giovani tra i 15 e i 25 anni il suicidio è la prima causa di morte… delle migliaia di migliaia di dollari ed euro movimentanti ogni giorno per via telematica nel mondo ben il 95% sono destinati ad operazioni di speculazione. Per restare in Italia, secondo il rapporto della Caritas sulla povertà nel nostro Paese, in soli cinque anni, dal 2005 al 2010, il numero dei giovani che si rivolgono ai Centri di Ascolto è aumentato del 59,6%. Il 76,1% di essi non studia e non lavora, percentuale che nel 2005 era del 70%.

E dovrebbero fare riflettere queste parole di Mario Draghi:

Se siamo arrabbiati noi per la crisi, figuriamoci loro che sono giovani, che hanno venti o trent’anni e sono senza prospettive
(vedi qui)

che pure ricordiamo come l’autore di questa lettera del 5 agosto in cui dice che

Il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi.

Infatti così commenta Marco Rovelli:

Poi senti i Draghi e i Letta, e capisci molto di questa anomalia: dicono che le ragioni della manifestazione sono giuste… Ma come? Noi eravamo lì contro di voi! Ma allora non ci ascoltate. Ed è noto che è il non-ascolto a produrre violenza (vedi qui)

La gioventù precaria occupa sempre più le pagine dei giornali. E’ di questa settimana un appello di Ilvo Diamanti ai “ragazzi“:

Studiate. Soprattutto nella scuola pubblica. Anche se i vostri insegnanti, maestri, professori non godono di grande prestigio sociale. E guadagnano meno, spesso molto meno, di un artigiano, commerciante, libero professionista… Anche se la scuola pubblica non ha più risorse per offrire strumenti didattici adeguati e aggiornati. Anzi, semplicemente: non ha più un euro. Ragazzi: studiate. Nella scuola pubblica. E’ di tutti, aperta a tutti. Studiate. Anche se nella vita è meglio furbi che colti. Anzi: proprio per questo. Per non arrendersi a chi vi vorrebbe più furbi che colti. Perché la cultura rende liberi, critici e consapevoli. Non rassegnatevi. A chi vi vorrebbe opportunisti e docili. E senza sogni. Studiate. Meglio precari oggi che servi per sempre.

Parole che sembrano riecheggiare quelle del Collettivo studenti di Pontedera che, in risposta all’invito di 18 presidi toscani a non occupare le scuole, denunciano una classe politica che

«ci consegna un paese sull’orlo di un abisso economico, pieno di privilegi e di marciume, una mignottocrazia dove la cultura ha meno valore di un calciatore panchinaro o di una velina semiscoperta».

Passando ai tagli all’istruzione: la nuova Finanziaria continua a prelevare dagli stipendi dei dipendenti pubblici. Ricordiamo qualche provvedimento fra quelli che interessano più da vicino i lavoratori della scuola: istituisce una tassa per chi aspira ad avere un posto da statale. Per partecipare a concorsi per l’assunzione nel pubblico impiego si dovrà pagare una somma compresa tra 10 e 15 euro. La tassa è giustificata come “diritto di segreteria” come per la copertura delle spese della procedura. Poi, i distacchi, le aspettative e i permessi del settore scuola sono ridotti del 15% a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013. La misura, secondo la bozza di ddl, è prevista “al fine di valorizzare le professionalità del personale scolastico“. Inoltre, gli istituti autononi non potranno avere dirigenti scolastici assegnati a tempo indeterminato se hanno meno di 300 alunni. Frattanto procede il dimensionamento degli istituti scolastici, con scadenza al 31 dicembre, nonostante appelli e proteste.

L’altro evento in evidenza in settimana è stato il concorso per dirigenti scolastici. Le prove preselettive si sono svolte il 12 ottobre. Una prova caratterizzata da 4 ore di ritardi e un’organizzazione macchinosa. Si è fatto di tutto perché i candidati, arrivati al “via” dopo ore al freddo e stressati dall’attesa, non dessero il meglio di sé. Le difficoltà pratiche sono state di ogni genere, a cominciare da quelle con il volume contenente le 100 domande a cui rispondere: una domanda ogni minuto, proprio fatto apposta per impedire di pensare. Cosicché alla fine il tempo per rispondere ai quesiti è stato per molti insufficiente.

Ma le polemiche attorno al concorso sono continuate. Giorgio Israel fa un’analisi dell’assurdità di molti 100 test somministrati, per concludere che “questa non è roba da paese democratico, questa è roba di stile sovietico o da Minculpop“. Inoltre si è scoperto che alcuni degli 89 esperti nominati dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini per formulare le oltre 5.000 domande della prova preselettiva hanno anche svolto corsi di preparazione a pagamento per superare la preselezione. Una sovrapposizione che contribuisce a creare ombre sulla trasparenza dell’operazione.

Tanto che c’è chi ritiene “auspicabile che il Ministero, prima che sia chiamato a farlo la Magistratura, annulli il presente concorso, per emanare, a breve, un nuovo e diverso bando“. Intanto l’Anief prepara un ricorso al Tar del Lazio. Le pre-adesioni per il ricorso devono pervenire per mail già da oggi a [email protected] con indicato nell’oggetto, “pre-adesione ricorso 2 Tar Lazio”. Uno stop al concorso potrebbe arrivare anche dai precari, visto che il Tar aveva accettato il ricorso di alcuni precari che erano stati esclusi dalla selezione, ammettendoli all’esame ma con riserva.

Per Secondo Amalfitano, presidente di Formezitalia, tutto si è svolto in modo perfetto. Lo stesso così risponde alle critiche: “Forse i docenti che ambiscono a diventare presidi sono più propensi a valutare che ad essere valutati”. Le correzioni delle prove cominciano lunedì 17 ottobre.

In settimana sono stati finalmente diffusi i numeri della scuola italiana. Gli studenti sono 7.830.650 per la precisione, più di 370.000 le classi sparse in circa 42.000 scuole, e 778.736 i docenti. In crescita il numero degli alunni. Alla scuola primaria risultano iscritti oltre 2,5 milioni di studenti. Stessi numeri nella scuola superiore. Un milione di studenti frequentano invece la scuola dell’infanzia e 1.689.029 la scuola media.

Scende il numero di docenti precari: nel 2006-2007 era precario il 17,9% dei docenti in cattedra, nel 2010-2011 la percentuale scende al 14,9 per cento, nel 2011-12 scende ancora al 12,9 per cento. Si vede l’effetto dei tagli di circa 87.000 posti di lavoro.

Per quanto riguarda i precari della scuola: è stato pubblicato il decreto Salvaprecari per l’a.s. 2011/12. La scadenza della domanda è il 2 novembre 2011. Qui si possono trovare delle guide per la lettura del decreto e la compilazione della domanda per il personale docente. Un’altra notizia arriva dalla Sicilia: il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso nei confronti dell’arbitraria distribuzione su base territoriale, da parte del Ministero dell’Istruzione, delle immissioni in ruolo disposte dal 2008 in poi.

Per l’università, segnaliamo una analisi di Osvaldo Roman dello schema di decreto legislativo sulle retribuzioni dei docenti universitari mostrandone la illegalità. Tale decreto infatti prevede nuove tabelle retributive per i professori ordinari di prima e seconda fascia che non rispettano quanto previsto dall’articolo 36, secondo comma, del DPR n.382/80 e cioè l’aggancio permanente alla retribuzione(46,8% comprensivo dell’indennità di funzione) del dirigente generale di livello A dello Stato.

Sempre dall’università. Secondo un recente dossier il 90% dei laureati in Chimica trova lavoro entro tre anni dalla laurea. E non un lavoro qualsiasi, ma corrispondente ai propri studi, mentre per Scienze politiche si scende al 46%. Il precariato tra i chimici pare una rarità, visto che il 95% di essi ha un contatto a tempo indeterminato.

Una buona notizia arriva da Milano. “Nonostante i tagli della manovra finanziaria del Governo e il patto di stabilità che penalizza le risorse destinate alle scuole il Comune di Milano destina 11 milioni di euro, la stessa cifra dell’anno scorso, per garantire il diritto allo studio per bambini e ragazzi milanesi, rivolgendo particolare attenzione all’integrazione e al sostegno delle categorie più fragili“.

Per quanto riguarda le mobilitazioni del mese di ottobre, ricordiamo che per il 28 ottobre la UIL ha indetto uno sciopero di tutto il pubblico impiego contro le politiche del Governo. Allo sciopero verranno affiancate iniziative locali, organizzando manifestazioni nelle principali città italiane: il 14 ottobre a Firenze, 21 ottobre a Milano, 28 ottobre a Roma.

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Vademecum di resistenza alla scuola della Gelmini approntato da ReteScuole.

Per chi vuole approfondire, ReteScuole ha raccolto le iniziative legislative estive del governo che riguardano la scuola. Su PavoneRisorse si può leggere una approfondita analisi delle ricadute sulla scuola della finanziaria di agosto 2011.

Il decreto Brunetta qui.

Il vademecun della CGIL sulle sanzioni disciplinari qui.

Tutte le “riforme” del ministro Gelmini.

Tutti i materiali sulla “riforma” delle Superiori qui.

Per chi se lo fosse perso: Presa diretta, La scuola fallita qui.

Guide alla scuola della Gelmini qui.

Le circolari e i decreti ministeriali sugli organici qui.

Una sintesi dei provvedimenti del Governo sulla scuola qui.

Un manuale di resistenza alla scuola della Gelmini qui.

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Dove trovare il Coordinamento Precari Scuola: qui; Movimento Scuola Precaria qui.

Il sito del Coordinamento Nazionale Docenti di Laboratorio qui.

Cosa fanno gli insegnanti: vedi i siti di ReteScuole, Cgil, Cobas, Gilda, Cub.

Finestre sulla scuola: ScuolaOggi, OrizzonteScuola, Aetnanet. Fuoriregistro

Spazi in rete sulla scuola qui.

(Vivalascuola è curata da Nives Camisa, Alessandro Cartoni, Giorgio Morale, Roberto Plevano, Lucia Tosi)


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