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Vorrei essere fiero di essere concittadino di Placido Rizzotto

Creato il 15 marzo 2012 da Elvio Ciccardini @articolando

Vorrei essere fiero di essere concittadino di Placido Rizzotto

Qualche firma autorevole del giornalismo scriverebbe “correva l’anno 1948”. Le prime elezioni democratiche del Parlamento italiano erano prossime e l’Italia era frastornata da una crisi sociale, economica e politica che la accompagnerà, a riprese, fino ai giorni nostri. Placido Rizzotto, ragazzotto siciliano, sindacalista, il 10 Marzo, per l’appunto del 1948, venne prima sequestrato e poi ucciso…

La sua è la storia di un uomo che si schierò a favore dell’occupazione delle terre da parte dei contadini in Sicilia e che si prodigava in favore dell’interesse popolare, contro poteri striscianti e subdoli: quello prettamente mafioso e quello, di sua derivazione, political-mafioso. La sua condanna fu accompagnata a quella di un giovane pastore, Giuseppe Letizia, che, assistendo all’omicidio, fu a sua volta condannato ad un’iniezione letale.

La Sicilia stava aspettando, come il resto d’Italia, gli aiuti del Piano Marshall, che sarà approvato il 2 Aprile. Tuttavia, le condizioni agli aiuti volevano un’Italia governata dalla Democrazia Cristiana e ben lontana dall’affermazione della sinistra comunista. La condizione venne pronunciata il 20 Marzo dal Segretario di Stato USA, Marshall in persona: i 176 milioni di $, destinati all’Italia in 3 mesi sarebbero cessati nel caso di vittoria delle sinistre.

La politica, tuttavia, era affetta dalla “sindrome di Pescara”, in cui, alle amministrative, le sinistre con i repubblicani avevano ottenuto il 79% dei voti. Intervenne la Chiesa tra minacce di scomunica e l’affermazione di una volontà divina che si schierava apertamente verso il condizionamento politico statunitense. In poche settimane la DC si afferma alle elezioni, De Gasperi è primo ministro ed Einaudi viene nominato Presidente della Repubblica.
C’è da ricordare che la stessa sorte italiana stava per compiersi anche nei paesi europei aderenti al blocco comunista. Il primo partito di minoranza, comunista, si affermò nella storia della Cecoslovacchia proprio nel 1948, con conseguente uccisione del Primo Ministro e del Ministro degli Esteri. I giocatori si erano seduti al tavolo, durato decenni, della grande “dama”. Dove le pedine avevano il nome di nazioni e, ad ogni loro spostamento, crollavano sovranità e diritti di cittadinanza. E’ allo spirito “libero” e “sociale” di Placido Rizzotto che si contrappongono le travisazioni degli “ismi” internazionali e delle mafie locali, che presero il nome di guerra fredda.

Fredda, infatti, era la manipolazione del popolo e la pressione a cui veniva sottoposto. Sempre nel 1948, Togliatti viene colpito da 4 colpi di arma da fuoco. Non muore. I lavoratori protestano e scendono in strada. Valletta, AD della Fiat, viene sequestrato nei suoi uffici. L’Italia vive un primo black out. Spaccata in due, con i treni fermi e senza energia elettrica. Con i lavoratori pronti a rivendicare i loro diritti, le uniche radio funzionanti raccontano la fuga di Bartali al Tour de France. Come per i bambini sulla giostra, la rabbia si confonde con il tifo e lo sport placa le frustrazioni, trasformandole in calda gioia di vittoria.

Gli italiani sopravvissero a loro stessi, nel 1948. Placido Rizzotto non sopravvisse ad un sistema nazione condizionato e vincolato, da se stesso e da fuori confine. Solo il 9 marzo 2012, caduta la politica, saliti agli altari i tecnici, nel mezzo di un terremoto globale, l’Ansa comunica che : “L’esame del Dna ha confermato che lo scheletro ritrovato nel settembre del 2009 a Rocca Busambra, nelle campagne di Corleone, appartiene all’esponente del partito socialista”. Qualcuno spera in funerali di Stato.

Vorrei essere felice di essere concittadino di Placido Rizzotto. Faccio fatica ad esserlo, almeno fin quando la sua nazione, quella per cui perse la vita, non si desti “libera” ed “etica”. L’Italia nacque lupa affettuosa e premurosa, poi diventò cagna distratta e violenta. Sarò fiero di essere concittadino di Placido Rizzotto quando la mia nazione, l’Italia, darà un senso alla sua vita spezzata.


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