Magazine Per Lei

Vorrei solo una vita banale

Creato il 02 maggio 2012 da Motherbrave
Non ve l'ho detto per non farvi preoccupare, ma qualche mese fa mi sono fatta qualche giro nei blog maschilisti. Ecco, l'ho detto.Non uso a caso il termine "maschilista", che sa un po' di faida della terza elementare, perché è l'unico ancora valido per descrivere certi contenuti. Come credo si sia ormai capito, un po' per mia indole che tende al compromesso, e un po' per la mia giovane, giovanissima età (!) ho sempre cercato di andare oltre i termini di femminismo / maschilismo. Quello che mi piacerebbe non è un mondo dove "le donne comandano sugli uomini", né mi interessa dimostrare che le donne sono superiori o il genere dominante. Abbiamo già un bel daffare a districarci tra incomprensioni e rapporti in cui lei seduce, poi fugge, poi sta ferma, poi viene abbandonata, poi lui è insicuro, poi tira fuori i muscoli, poi scappa, poi torna, ecc. per poterci permettere di ridurre tutto a chi comanda e chi no. Quello a cui aspiro io è semplicemente un po' di pace. Svegliarmi la mattina e sapere che, compatibilmente con i mezzi economici, con il tempo a disposizione e nel rispetto delle altre persone, quello che mi va di fare posso farlo. Una serenità così, fatta di tante piccole libertà. Ecco a cosa aspiro. Libertà. Poter circolare a testa alta. Ma no, non a testa alta, ché fa molto valchiria. Diciamo circolare come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Senza che nessuno mi guardi, senza che nessuno commenti o si chieda dove sono i miei figli, se lavoro oppure no, come mi sono vestita, dove sto andando, se ho la busta della spesa, se guido un'auto troppo grande per essere una donna, e via dicendo. Insomma, circolare come se fossi attualmente un uomo, al quale si fanno sempre la metà delle domande che si fanno alle donne. Possiamo noi donne, finalmente, circolare senza avere addosso tutte queste aspettative? Possiamo scegliere senza sofferenza se vogliamo fare le casalinghe e partorire 16 figli o restare da sole facendo solo del buon sesso quando ci va e quando ci capita, o prenderci una laurea e un master e parlare 4 lingue o diplomarci e basta perché non ci va di continuare gli studi, o sposarci e lavorare e fare carriera fino a ricoprire cariche dirigenziali, il tutto senza doverci per forza scarnificare o senza che qualcuno si debba sentire in dovere di dare la propria opinione a riguardo? Solo questo vorrei.
Ma non si può. Non ancora almeno. Si fa un gran parlare in questi giorni delle 54 vittime di femminicidio in soli quattro mesi. Sembra ci sia una guerra. Maschi contro femmine. Femmine contro maschi. E in effetti la cinematografia non aiuta. Probabilmente quelle 54 donne volevano vivere serenamente come lo vorrei io. Volevano lavorare, avere una famiglia, andare in giro tranquillamente senza dover rendere conto a nessuno per le loro scelte personali. Cose così. Banali. "Libera circolazione delle merci e delle persone".
Ma non si può. Le hanno uccise gli uomini, ma non solo. Non voglio continuare qui la guerra tra generi. Perché il vero colpevole è l'ignoranza. La mancanza di cultura, di uomini e di donne, sostituita da una pseudocultura del disimpegno, dove chiunque può dire qualsiasi cazzata e dove si continua a ridere e a fare battutacce sulla stupidità delle bionde, o delle donne al volante, o sulle farfalle di Belen, dove i blog che parlano di orgoglio maschile sono liberi di sostenere che le donne muoiono comunque in numero inferiore agli uomini che crepano nei cantieri facendo un lavoro che le donne non vogliono fare. E vai tu a spiegare che le donne muoiono pure di parto. O che ci sono donne che pagherebbero pur di lavorare in un cantiere e manovrare una gru piuttosto che stare a battere a un angolo di strada per soddisfare gli uomini di quegli stessi cantieri, ma che nei cantieri le donne non ce le vuole nessuno.
Alla base della violenza sulle donne c'è la stessa sottocultura deficiente che sta attorno al problema dell'alcolismo. E ne siamo TUTTI responsabili. Quando accendiamo gli abbaglianti per segnalare agli altri il posto di blocco che fa i controlli con l'etilometro. Quando ridiamo al racconto di un amico che è tornato a casa ubriaco in macchina e non si ricorda come. Quando ci prende l'euforia all'idea di una bella serata in un locale con qualche birra e qualche superalcolico. E poi leggiamo i giornali: oh, che peccato, investita una famiglia da un'auto il cui conducente era ubriaco. Oh che peccato: aumentano i casi di alcolismo tra i giovani. Oh che peccato: hai la cirrosi epatica. Ma è come se le due cose non avessero niente a che fare l'una con l'altra: la cultura del bere non ha niente a che fare con le sue conseguenze negative. Così come la cultura maschilista non ha niente a che vedere con la morte di 54 donne.
Non ci si pensa. Ci si ride su. Non ci si indigna. E se ci si indigna c'è qualcuno pronto a darti del moralista, del pesantone. E invece le cose sono collegate. Le persone muoiono perché c'è gente che si nutre di questa sottocultura dell'ignoranza. Le persone muoiono in strada perché in molti hanno detto che bere va bene, e che non sarà quello a ucciderti. Le donne muoiono in famiglia perché qualcuno non ha spiegato ai loro assassini che essere gelosi non dà la licenza di uccidere, che una compagna non è una proprietà acquisita come la casa o la macchina, che le donne, al pari degli uomini, possono scegliere se e quando interrompere una relazione quando questa non è più soddisfacente. Queste informazioni di base non sono arrivate purtroppo a destinazione. Perché sono state date male, o non sono state date affatto. Perché esistono pezzi interi della nostra società che impediscono a queste informazioni di circolare liberamente. Perché l'ignoranza genera ignoranza. E perché leggere sui giornali l'accostamento delle parole bravata-strage del sabato sera o gelosia-omicidio, non aiuta. Perché si annacqua, si stempera, si sminuisce e alla fine si giustifica.
Io non giustifico.

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