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Vrigarenchi, bûijgnoli e cheli de l'ungia.

Creato il 24 gennaio 2012 da Gturs

Che tra gli abitatori della valle del Nervia ci sia un bonario campanilismo è risaputo, secoli di feudalesimo con Signori diversi in un'area così ristretta non possono che aver lasciato strascichi. Nel folklore popolare è facile trovare aneddoti e riferimenti; canzoni, filastrocche e modi di dire rappresentano un quadro preciso. Marino Cassini ieri sera mi ha inviato una email raccontandomi alcuni suoi ricordi legati a come tra confinanti ci si chiamava riferendosi ad Apricale, Buggio, e Isolabona. Potrete leggere di seguito ciò che mi ha scritto.

[...] in dialetto) esiste una frase su di loro che recita:
Apricale: sugli abitanti di Apricale esiste a Isolabona un detto che recita: "Vrigarenchi da sigärä che tuti i dì i munta e i cärä"(Apricalesi della cicala che tutti i giorni salgono e scendono ). La spiegazione del detto, a mio giudizio, si riferisce ad attriti che nei secoli passati sono sorti per il passaggio di greggi, muli, carri ecc. diretti verso la strada che porta a Ventimiglia, o al passaggio di carri, muli, asini che venivano per prelevare dal letto del Nervia massi da utilizzare per costruzioni o altro; una 'invadenza' mal tollerata dai lisurenchi. Tale attrito cessò quando nel 1931 venne costruita la galleria sotto la collina su cui si erge il Castello dei Doria. Curioso è l'accenno alle cicale, ma al tempo stesso significativo: così come il frinìo delle cicale finisce a lungo andare per infastidire chi lavora, così il continuo passaggio di 'vrigarenchi forestieri' doveva dare oltremodo fastidio ai lisurenchi. Per non parlare poi degli escrementi degli animali sparsi per le strade.
Buggio:sugli abitanti (chiamati bûijgnoliAu Biije i sciaccan e priije cua machina da chiije" " (Al Buggio schiacciano le pulci con la macchina per cucire"). Trai tu le interpretazioni possibili (stupidità, eccessiva pignoleria, perfezionismo...)

E veniamo alla mia Isolabona. Siamo chiamati "i lisurenchi" ma come nomea poco piacevole gli abitanti dei comuni vicini ci definiscono "Cheli de l'ungia" (Quelli dell'unghia) e nel dirlo accompagnano la frase con un gesto significativo: aprono la mano destra allargando le dita e poi, restrigendole a poco a poco e facendo ruotare la mano verso destra l stringono la mano a pugno, quasi a voler contenere qualcosa, e se la mettono in tasca. Il gesto può indicare o parsimonia, o taccagneria, o avarizia... oppure furto nel senso di afferrare qualcosa, di stringerlo nel palmo della mano e poi di nasconderlo in tasca. .

A tal proposito ti racconto un aneddoto che non ho messo nel mio sito.

Due lisurenchi si recarono in pellegrinaggio per assistere ad una messa, portando per penitenza una croce pesante. Arrivarono in ritardo, quando la messa era già iniziata, ed entrarono proprio all'inizio della predica. Il prete dal pulpito, guardando verso la porta disse: "O voi che da lungi a rrivaste..."

Al che uno dei due isolesi, rivolgendosi all'amico disse: " Giacò, piglia stu Cristo chè a se n'andemu!. Cussì i n'an sûbitu cunusciûu!" (Giacomo porta tu il Cristo e andiamocene: qui ci hanno subito riconosciuti!). E si allontanarono a testa china.

Poveretti! Nelle parole ... lungi arrivaste ... avevano afferrato una allusione a "l'ungia".[...]

Non conoscevo il detto su Buggio a cui non posso nemmeno dare una interpretazione, sicuramente c'è qualche lettore più indicato di me. Per quanto riguarda Apricale sono pienamente d'accordo anzi, personalmente considero ancora aperto il discorso sulle terre irredente. Per quanto riguarda Isolabona beh, rileggendo il post precedente non possiamo che dire mea culpa...a me comunque piace chiamare i lisurenchi con un altro appellativo che li distingue, bedò, ma questa è un'altra storia.


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