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Whiplash: sangue e sudore a tempo di jazz

Creato il 20 febbraio 2015 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

Whiplash riporta la musica suonata sul grande schermo come non accadeva da anni. A tempo di jazz.

whiplash-2“Ero lì per spingere le persone oltre le loro aspettative, era quella la mia assoluta necessità” afferma il temutissimo Terence Fletcher (J. K. Simmons), insegnante iper-esigente in una delle più prestigiose scuole di musica di New York. E Whiplash prende alla lettera questa “dichiarazione d’intenti”, spingendosi molto avanti, riportando la musica suonata sul grande schermo come non accadeva da anni. Whiplash è un dettaglio continuo, accurato e accorato sul talento, su una passione che si fa ossessione e malattia, sul sangue e il sudore che feriscono lo spazio più breve tra una nota e l’altra. La musica prende corpo, e il corpo si fa principale conduttore del ritmo. Fare musica è una questione di tempo, ma anche di nervi saldi, di sforzi fisici e psicologici immani. In questo Whiplash ha qualcosa della tenacia di Billy Elliott ma anche del dolore psico-patologico-somatico del Cigno nero.

“Non esistono in nessuna lingua del mondo due parole più pericolose di ‘bel lavoro’!” afferma ancora Fletcher. Ecco, Whiplash è un bel lavoro. Senza dubbio. Non un capolavoro né un film indimenticabile, ma un’opera che rimane impressa, che lascia il segno, forse un cult. È un film solido, compatto, forse un po’ faticoso per il fatto di non essere abituati a cotanto tsunami di musica on screen (la sequenza finale è esemplare su questo aspetto). Whiplash in particolare sbalordisce per il lavoro al montaggio visivo e sonoro, oltre che per la padronanza con cui è diretto dal giovane Damien Sayre Chazelle. Classe 1985, a soli 30 anni, proprio come Terence Fletcher sa esattamente cosa vuole tirare fuori dall’arte. La sua regia sa assecondare con fare empatico i cambi di registro, tono e ritmo della vicenda, sa frammentarsi e spaccare il secondo nelle sequenze più concitate, ma anche scivolare dolce in quelle in cui il jazz sconfina nel blues.

Gigantesco J. K. Simmons, perfetto calco da conservatorio del memorabile Sergente Maggiore Hartman di Full Metal Jacket (per la somiglianza fisica, la tempra caratteriale, la tipologia di approccio verbale, oltre che per un palese repeat dell’appellativo “palla di lardo!” in faccia ad uno studente stonato). Al suo fianco il bravissimo Miles Teller nei panni del batterista prodigio Andrew Neyman. Teller buca lo schermo allo stesso modo con cui sfonda il tamburo della sua batteria, in una performance che dà i brividi per naturalezza e adesione alla parte.

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