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Wikileaks: il Grande Fratello del Grande Fratello

Da Pinobruno

Jeff Jarvis si conferma tra i più acuti osservatori e commentatori del giornalismo al tempo di internet. Aspettavamo con curiosità un suo intervento a proposito di Wikileaks. E’ stato pubblicato qualche giorno fa su BuzzMachine, il frequentatissimo blog di Jarvis. Ve lo propongo nella traduzione curata da A.F. per LSDI, prezioso punto di riferimento italiano per libertà di stampa e diritto all’informazione.

Wikileaks: il Grande Fratello del Grande Fratello

Illustrazione di Anna Lena Schiller www.annalenaschiller.com

Big Brother’s Big Brother

di Jeff Jarvis

Wikileaks ha spinto oltre ogni limite la definizione e il problema della trasparenza, pubblicando centinaia di migliaia di documenti confidenziali sulla guerra in Afghanistan e Iraq, attraverso media quali Guardian, The New York Times, Der Spiegel, Le Monde e OWNI (un sito francese dedicato al giornalismo digitale che ha realizzato uno strumento di crowdsourcing che consente ai lettori di selezionare i documenti alla ricerca dei passaggi salienti). Le fughe di notizie hanno indignato il governo statunitense, che le ha definite illegali e pericolose, ma hanno altresì rivelato al pubblico azioni di quello stesso governo che sono o dovrebbero essere illegali. A chi il primato di moralità?

Le testate che hanno lavorato al fianco di Wikileaks hanno dichiarato di aver pubblicato solo nomi e documenti che non avrebbero messo in pericolo nessuno – stabilendo, quindi, cosa sarebbe rimasto segreto. Di chi fidarsi di più: del governo, della talpa, di Wikileaks o della stampa? Ma questa domanda ha davvero importanza, oggi che chiunque ha la possibilità di far trapelare informazioni in forma anonima, protetto dalla legislazione di altri Paesi che fungono da server? Sul profilo di Twitter di Wikileaks, alla voce location si legge “ovunque�. Ebbene, adesso nulla si può fare in assoluto segreto, neanche la guerra.

Wikileaks: il Grande Fratello del Grande Fratello

Jeff Jarvis

L’unico antidoto alla fuga di notizie, quindi, non è maggiore segretezza, piuttosto maggiore trasparenza. Se ci affidassimo al governo per stabilire cosa sarebbe dovuto restare segreto – se le proprie debacle fossero pubbliche e non avesse nulla da nascondere se non ciò che pubblico è bene che non diventi – allora le fughe di notizie costituirebbero una chiara violazione delle norme americane e del bene comune.

In un modo o nell’altro – volenti o nolenti – stiamo assistendo all’alba dell’era della trasparenza. Ma la transizione non sarà facile né indolore, poiché i primi fatti che saranno portati alla luce saranno le brutture che qualcuno riterrà necessario esporre. Solo quando, e se, il governo capirà che la miglior difesa è l’apertura, vedremo la trasparenza come un bene in sé e non soltanto come un’arma per svelare il male. Solo quando i governi capiranno che i propri cittadini sono in grado di controllarli – meglio di quanto non possano fare viceversa i governi stessi, speriamo – vedremo il potere deterrente della trasparenza. Allora diventeremo il grande fratello del grande fratello. O almeno speriamo.

(traduzione di A.F. per LSDI)


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