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William Golding e “Il Signore delle Mosche” – recensione di Iannozzi Giuseppe

Creato il 27 gennaio 2014 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

William Golding

Il Signore delle Mosche, capolavoro assoluto della grande Letteratura mondiale.

“L’uomo produce il male come le api producono il miele” – William Golding

William Golding nacque a St. Colomb Minor, in Cornovaglia e morì a Falmouth nel 1993.
Golding, maestro elementare di simpatie steineriane mai disconosciute, ebbe una vita abbastanza sregolata almeno fino allo scoppio della IIa Guerra Mondiale, che combatté in qualità di ufficiale della Marina britannica. Dopo il congedo riprese a insegnare e a scrivere, finché il grande successo ottenuto con Il Signore delle Mosche non gli consentì di abbandonare il lavoro. Nel 1962 abbandona definitivamente l’attività lavorativa e si ritira a scrivere a tempo pieno in campagna nella sua amata Cornovaglia. William Golding nel 1983 ottenne il premio Nobel per la letteratura.
Dopo Il Signore delle Mosche (il libro uscì in Inghilterra nel 1954 grazie al caloroso appoggio di T.S. Eliot, ma il grande successo giunse con l’edizione economica pubblicata negli Stati Uniti nel 1959 e divenne un vero e proprio oggetto di culto soprattutto tra i giovani).
Golding scrisse numerosi altri romanzi, fra cui vale la pena ricordare almeno Le due morti di Christopher Martin (1956), Caduta libera (1959), La piramide (1967), Oscuro visibile (1979), e la trilogia costituita da Riti di passaggio(1980), Calma di vento (1987), Fuoco sotto coperta (1989) e il dramma teatrale Farfalla d’ottone (1958).

Leggi “Il signore delle mosche” – recensione di Iannozzi Giuseppe al grande classico della Letteratura Mondiale.

- La prima cosa a cui si abituarono fu il ritmo del lento passaggio dall’alba al rapido crepuscolo. Accettavano i piaceri del mattino, il bel sole, il palpito del mare, l’aria dolce, come il tempo adatto per giocare, un tempo in cui la vita era così piena che si poteva fare a meno della speranza.
- Le più grandi idee sono le più semplici.
- A occidente, il sole era come una goccia d’oro ardente che scivolava sempre più giù, sempre più vicino alla soglia del mondo. Tutt’a un tratto si resero conto che la sera significava la fine della luce e del calore.
- In qualche parte del cielo, sopra la curva oscura del mondo, il sole e la luna esercitavano la loro attrazione, e la superficie dell’acqua, sul pianeta terra, si gonfiava leggermente da una parte, mentre la massa solida girava. La grande onda della marea veniva avanti su tutta l’isola e l’acqua si alzava. Adagio adagio, circondato da una frangia di forme lucenti che sembravano indagare, il corpo morto di Simone, fatto d’argento anch’esso sotto le costellazioni tranquille, si mosse verso il mare aperto.
- “Tu sei uno sciocco” diceva il Signore delle Mosche “nient’altro che uno sciocco, un ignorante.” Simone mosse la lingua, ch’era tutta gonfia, ma non disse nulla. “Non ti pare?” disse il Signore delle Mosche “non sei uno sciocco e basta?” Simone gli rispose con la stessa voce senza suono. “E allora” disse il Signore delle Mosche “faresti meglio a correr via e a giocare con gli altri. Credono che tu sia un po’ tocco. Tu non vuoi mica che Ralph creda che tu sia un po’ tocco, no? Ti è simpatico Ralph, no? E anche Piggy, anche Jack, no?” La testa di Simone era alzata un po’ in su. I suoi occhi non si potevano staccare dal Signore delle Mosche sospeso nel vuoto davanti a lui. “Che cosa stai a fare qui tutto solo? Non ti faccio paura?”
Simone ebbe un sussulto.
“Non c’è nessuno che ti possa dare aiuto. Solo io. E io sono la Bestia.”
La bocca di Simone si aprì a fatica e vennero fuori delle parole comprensibili: “Una testa di maiale su un palo.”
“Che idea pensare che la Bestia fosse qualcosa che si potesse cacciare e ucciddere!” disse la testa di maiale. Per un po’ la foresta e tutti gli altri posti che si potevano appena vedere risuonarono della parodia di una risata. “Lo sapevi no? … che io sono una parte di te? Vieni vicino, vicino, vicino. Che io sono la ragione per cui non c’è niente da fare? Per cui le cose vanno come vanno?” La risata echeggiò di nuovo. “Su” disse il Signore delle Mosche “… torna dagli altri, e dimenticheremo tutto quanto.” La testa di Simone girava, scoppiava. I suoi occhi erano semichiusi, come se imitassero quella cosa oscena sul palo. Egli sapeva che stava per venirgli uno dei suoi accessi. Il Signore delle Mosche si gonfiava come un pallone. “Questo è ridicolo. Tu sai benissimo che non mi incontrerai altro che lì … dunque non cercare di fuggire.” Il corpo di Simone era inarcato e rigido. Il Signore delle Mosche parlava con la voce d’un maestro di scuola. “Questo scherzo è durato abbastanza, davvero. Mio povero bambino traviato, credi di saperne più di me?” Ci fu una pausa. “Ti metto in guardia. Sto per perdere la pazienza. Non vedi? Non c’è posto, per te. Capito? Su quest’isola ci divertiremo. Capito? Su quest’isola ci divertiremo. Dunque non provarci nemmeno, mio povero ragazzo traviato, altrimenti … ” Simone si accorse che stava guardando dentro una gran bocca. Dentro c’era buio, un buio, che dilagava. “Altrimenti… ” disse il Signore delle Mosche “ti faremo fuori. Capisci? Jack e Ruggero e Maurizio e Roberto e Guglielmo e Piggy e Ralph. Ti faremo fuori. Capisci?” Simone era dentro la bocca. Cadde e perse coscienza.
- “Quel che è peggio, neanch’io me ne curo, certe volte. E se io diventassi come gli altri, e non me ne importasse più … che cosa succederebbe?”

(da “Il Signore delle Mosche”)

William Golding

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