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William Shakespeare, “La Tragedia di Macbeth” IV

Creato il 09 ottobre 2015 da Marvigar4

Macbeth

ATTO IV 

SCENA I.

Una caverna. Nel mezzo un calderone che bolle. Tuoni. 

Entrano le tre Streghe.

 

PRIMA STREGA. Il gatto chiazzato tre volte miagolò. 

SECONDA STREGA. Tre più una il porcospino mugolò.

TERZA STREGA. Arpia grida, “È mo’, è mo’.”

PRIMA STREGA. Al calderone in tondo su;

Immonde viscere dentro giù.

Rospo, che sotto un gelido sasso

Notti e dì trentuno abbasso

Sprizzando veleno hai ronfato,

Bolli per primo nel coccio incantato.

TUTTE. Dagli e dagli, mugugna e impatta;

Ardi fuoco e barbuglia pignatta.

SECONDA STREGA. Filetto di serpe che nel fango strisci,

Nel pentolone cuoci e arrostisci;

Occhio di salamandra e dito di rane, 

Vello di nottola e lingua di cane,

La forca dell’aspide e dell’orbetto lo stocco,

La zampa del ramarro e l’ala dell’allocco,

Per una malia di possente male,

bolli e ribolli come un brodo infernale.

TUTTE. Dagli e dagli, mugugna e impatta;

Ardi fuoco e barbuglia pignatta.

TERZA STREGA. Scaglia di drago, dente di lupo, 

Poltiglia di strega, golfo e dirupo

Di squalo pescato nel mare in bufera,

Radice di cicuta nella notte nera, 

Fegato d’Ebreo che Dio dileggia,

Fiele di capra e di un tasso la scheggia

Che nell’eclisse di luna si strappa,

Naso di Turco e di Tartaro labbra,

Dito di bimbo neonato e strozzato 

Da una stracciona in un fosso gettato,

Fate il brodo denso e accagliato.

Budella di tigre giù in unione,

Per gli ingredienti del calderone.

TUTTE. Dagli e dagli, mugugna e impatta;

Ardi fuoco e barbuglia pignatta.

SECONDA STREGA. Raffredda con sangue di babbuino,

E l’incantesimo è forte e fino.

Entrano Ecate e le altre tre Streghe

ECATE. Oh, ben fatto! Approvo il lavoro,

E tutte avrete a spartirvi dell’oro.

E adesso intorno al paiolo cantate,

Mettetevi in cerchio come elfi e fate,

E il vostro intruglio tutto ammaliate.

Musica e una canzone, “Neri spiriti”

Ecate si ritira

SECONDA STREGA. Dal prurito che ai miei pollici dà,

Qualche malvagio viene per qua.

Aprite, toppe, senza ingiunzione,

a chiunque bussi a ripetizione!

Entra Macbeth

MACBETH. E adesso, occulte, nere streghe di mezzanotte? Che cosa fate?

TUTTE. Un’azione senza un nome.

MACBETH. Io vi scongiuro, per quello che voi professate, comunque arriviate a saperlo, rispondetemi: che scateniate i venti per farli combattere contro le chiese, che le onde spumose confondano e inghiottano tutto ciò che naviga, che le spighe del grano siano abbattute e gli alberi sradicati, che i castelli crollino sulle teste dei loro guardiani, che i palazzi e le piramidi pieghino le cime fino alle loro fondamenta, che il tesoro dei germi della natura si rovesci tutto insieme tanto da saziare la distruzione, rispondete a ciò che vi chiedo.

PRIMA STREGA. Parla.

SECONDA STREGA. Domanda.

TERZA STREGA. Noi risponderemo.

PRIMA STREGA. Dicci se sei pronto a udirlo dalle nostre bocche,

O dai nostri padroni?

MACBETH. Chiamateli, fatemeli vedere

PRIMA STREGA. Il sangue versiamo di scrofa che ha divorato

I nove porcelli che ha partorito; il grasso colato

Dell’assassino dalla forca alla pira scenda lasso.

TUTTE. Avanti, su, in alto o in basso;

Mostra te stesso, mostra il tuo passo!

Tuoni. Prima Apparizione: una testa armata

MACBETH. Dimmi, tu ignota potenza…

PRIMA STREGA. Del tuo pensiero egli è edotto:

Ascolta il suo dire, ma non fare motto.

PRIMA APPARIZIONE. Macbeth! Macbeth! Macbeth! Da Macduff ti devi guardare,

Dal Sire di Fife ti devi guardare. Basta. Lasciami andare.

Scompare

MACBETH. Chiunque tu sia, ti rendo grazie del tuo buon avviso; hai suonato bene l’arpa della mia paura. Ma una parola ancora…

PRIMA STREGA. Lui non vuole esser comandato. Ecco un altro, Più potente dell’altro.

Tuoni. Seconda Apparizione: un bambino insanguinato

SECONDA APPARIZIONE. Macbeth! Macbeth! Macbeth!

MACBETH. Se avessi tre orecchie io ti ascolterei.

SECONDA APPARIZIONE. Sii sanguinario, audace, e risoluto: da te sia beffato

Il potere dell’uomo, poiché da nessuno che donna ha generato  

Un danno a Macbeth verrà causato.  

Scompare

MACBETH. Allora vivi, Macduff. Perché dovrei temerti? Ma tuttavia renderò due volte sicura la certezza, e otterrò un pegno dal fato: tu non vivrai, così potrò dire alla pallida paura che essa mente, e dormire a dispetto dei tuoni.

Tuoni. Terza Apparizione: un bambino incoronato, con un ramo in mano

Chi è costui, che si erge come stirpe di re, che porta sulla sua fronte infantile la corona e il vertice della sovranità?

TUTTE. Ascolta, ma non parlargli.

TERZA APPARIZIONE. Come un leone sii coraggioso, fiero, e trascura

Chi s’irrita, si rode, o cospira sventura.

Macbeth mai vinto sarà finché

La Grande Selva di Birnam il piè

Non muoverà contro lui re

All’alto Colle di Dunsinane. 

Scompare

MACBETH. Questo non si potrà mai avverare.

Chi la foresta può arruolare e all’albero ordinare

Di strappare le sue radici? Bene! Dolce è sapere ciò che accadrà!

La rivolta il suo capo non solleverà

Finché la Selva di Birnam non s’ergerà, e Macbeth altolocato

vivrà nel rispetto di sua natura, pagherà il suo fiato 

Al tempo e al diritto mortale. Ma il mio cuore d’altra parte  

Anela a sapere una cosa: ditemi, se la vostr’arte

Può rivelarmi tanto: la stirpe di Banquo a tal segno

Potrà regnare in questo regno?

TUTTE. Non cercare di sapere di più.

MACBETH. Voglio essere accontentato! Negatemi questo,

E un’eterna maledizione su di voi ricadrà! Fatemi sapere.

Perché sprofonda quel calderone, e che rumore è codesto?

Suoni di oboe

PRIMA STREGA. Apparite!

SECONDA STREGA. Apparite!

TERZA STREGA. Apparite!

TUTTE. Apparite ai suoi occhi, e il suo cuore straziate;

Come ombre venite, e come ombre andate!

Un’apparizione di otto Re, l’ultimo con uno specchio in mano; lo spettro di Banquo li segue

MACBETH. Tu somigli troppo allo spirito di Banquo in persona! Mi arroventa le pupille la tua corona. E la tua chioma, tu che segui con la fronte d’oro cerchiata, è simile a quella del primo. Il terzo è come il precedente. Oscene streghe! Perché mi mostrate questo? Un quarto! Schizzate, occhi! Cosa? La linea si estenderà fino al Giudizio Universale? Un altro ancora! Un settimo! Non vedrò più ancora! E anche un ottavo appare, e regge uno specchio che me ne mostra ancora e ancora; e alcuni che vedo hanno un duplice globo e un triplice scettro. Orribile vista! Ora lo vedo che è vero; perché Banquo fugace insanguinato sorride a me, e loro li indichi come suoi discendenti. Allora, è così?

PRIMA STREGA. Sì, sire, è proprio così. Ma come mai

Così attonito Macbeth te ne stai?

Su, sorelle, i suoi spiriti rallegriamo,

E le nostre delizie migliori mostriamo.

Incanterò l’aria, la farò risuonare,

E in cerchi bizzarri andrete a danzare,

Che questo gran Re può dir volentieri

Che ben l’accogliemmo con i nostri doveri.

Musica. Le Streghe danzano e poi svaniscono con Ecate

MACBETH. Dove sono? Sparite? Che quest’ora perniciosa sia maledetta nel calendario! Avanti, esci fuori!

Entra Lennox 

LENNOX. Cosa desidera vostra grazia?

MACBETH. Tu hai visto le misteriose sorelle?

LENNOX. No, mio sire.

MACBETH. Non ti sono passate accanto?

LENNOX. No affatto, mio sire.

MACBETH. Sia infettata l’aria su cui cavalcano, e siano dannati tutti quelli che le credono! Ho sentito il galoppo di un cavallo. Chi è arrivato?

LENNOX. Sono in due o in tre, mio sire, che vi portan notizia che Macduff è fuggito in Inghilterra.

MACBETH. Fuggito in Inghilterra?

LENNOX. Sì, mio buon signore.

MACBETH. [A parte] Tempo, tu anticipi le mie orribili imprese. Il proposito vago non è mai raggiunto se l’azione non l’accompagna. Da questo momento le primizie del mio cuore saranno le primizie della mia mano. E sin da ora, per coronare i miei pensieri con gli atti, sia fatto subito ciò che ho pensato: prenderò di sorpresa il castello di Macduff, mi impadronirò di Fife, passerò a fil di spada sua moglie, i suoi figli, e tutte l’anime disgraziate che lo seguono in linea di discendenza. Nessuna spacconata da mentecatti; io farò questo prima che il proposito si freddi. Ma niente più visioni! Dove sono questi signori? Avanti, portatemi da loro.  

Escono 

 

SCENA II.

Fife. Castello di Macduff. 

Entrano Lady Macduff, suo figlio, e Ross.

LADY MACDUFF. Che cosa ha fatto per farlo fuggire?

ROSS. Dovete avere pazienza, signora.

LADY MACDUFF. Lui non ne ha avuta alcuna; la sua fuga è una pazzia. Quando le nostre azioni non ci tradiscono, lo fanno i nostri timori.

ROSS. Non sapete se è stata la sua saggezza o la sua paura.

LADY MACDUFF. Saggezza? Lasciare sua moglie, i suoi figli, le sue mansioni, e i suoi titoli, in un posto da cui lui fugge? Lui non ci ama; avrebbe bisogno dell’istinto naturale; perché perfino il povero scricciolo, il più piccolo degli uccelli, si batte contro la civetta per difendere i suoi piccoli nel nido. Tutto è paura e niente è amore; e di saggezza ce n’è davvero poca, laddove si fugge contro ogni ragione.

ROSS. Mia cara cugina, vi prego, calmatevi. Riguardo vostro marito, lui è nobile, saggio, giudizioso, e conosce benissimo i tempo che corrono. Non oso dire di più; ma crudeli sono quei tempi in cui noi siamo traditori senza saperlo; quando associamo ogni rumore a ciò che ci fa paura, pur non sapendo cos’è che ci fa paura, ma galleggiamo senza meta su di un mare burrascoso e selvaggio. Prendo congedo da voi; ma sarò presto di ritorno. Le cose giunte al peggio cessano o piuttosto risalgono fino al punto in cui si trovavano prima. Mio dolce cuginetto, Dio ti benedica!

LADY MACDUFF. Ha un padre, eppure è senza padre.

ROSS. Sarei proprio un pazzo a trattenermi di più, sarebbe la mia disgrazia e il vostro sconforto. Devo andar via subito.

Esce

LADY MACDUFF. Figlio mio, tuo padre è morto. E che farai ora? Come vivrai?

FIGLIO. Come gli uccelli, mamma.

LADY MACDUFF. E come? Vivrai di vermi e di mosche? 

FIGLIO. Di quello che trovo, voglio dire; come fanno loro.

LADY MACDUFF. Povero uccellino! Non saprai evitare né la rete, né la pania, né la trappola, né la tagliola.

FIGLIO. E perché, mamma? Le trappole non le mettono per i poveri uccellini. Mio padre non è morto, anche se lo dici tu.

LADY MACDUFF. Sì, è morto. Come farai tu a trovare un altro padre?

FIGLIO. E tu come farai a trovare un altro marito?

LADY MACDUFF. Ah, io posso comprarmene venti al mercato.

FIGLIO. Allora li comprerai per rivenderli.

LADY MACDUFF. Tu parli con molto spirito, e, in fede mia, ne hai troppo per l’età che hai.

FIGLIO. Mio padre era un traditore, mamma?

LADY MACDUFF. Sì, lo era.

FIGLIO. Cos’è un traditore?

LADY MACDUFF. È uno che spergiura e mente.

FIGLIO. E sono traditori tutti quelli che fanno così?

LADY MACDUFF. Tutti quelli che fanno così sono traditori e devono essere impiccati.

FIGLIO. Allora devono essere impiccati tutti quelli che spergiurano e mentono?

LADY MACDUFF. Tutti.

FIGLIO. E chi li deve impiccare?

LADY MACDUFF. Gli uomini onesti.

FIGLIO. Allora i bugiardi e gli spergiuri sono pazzi, perché ci sono abbastanza bugiardi e spergiuri per battere gli uomini onesti e impiccarli.

LADY MACDUFF. Dio ti aiuti, povera scimmiotto! Ma come farai a trovare un altro padre? 

FIGLIO. Se fosse morto piangeresti per lui; altrimenti sarebbe un buon segno che io avrei presto un altro padre.

LADY MACDUFF. Povero chiacchierone, quanto parli!

Entra un messaggero 

MESSAGGERO. Dio vi benedica, bella signora! Non mi conoscete, sebbene nell’onore che vi è dovuto io sia perfetto. Temo che per voi stia incombendo qualche pericolo. Se volete seguire il consiglio di un uomo semplice, non vi fate trovare qui; fuggite con i vostri piccoli. Forse sono troppo rude a spaventarvi così; ma sarebbe peggio arrecarvi una crudeltà che già è troppo vicina alla vostra persona. Che Dio vi conservi! Io non oso restare oltre.   Esce.

LADY MACDUFF. Perché dovrei fuggire? Non ho fatto alcun male. Ma ora ricordo che mi trovo in questo mondo terreno, dove fare il male è spesso una cosa lodevole, e dove fare il bene talvolta è ritenuto una pericolosa follia. E allora, ahimè, devo ricorrere alla difesa femminile di dire che non ho fatto alcun male… Che sono queste facce?  

Entrano i sicari

PRIMO SICARIO. Dov’è tuo marito?

LADY MACDUFF. Io spero in un luogo non così santo dove uno come te possa trovarlo.

PRIMO SICARIO. È un traditore.

FIGLIO. Tu menti, villano dalle orecchie pelose!

PRIMO SICARIO. Cosa, bamboccio?  [Lo pugnala] Cucciolo del tradimento!

FIGLIO. Mi ha ucciso, mamma. Scappa via, ti prego! [Muore

Esce Lady Macduff, urlando “Assassino!”

Escono i sicari inseguendola

SCENA III.

Inghilterra. Davanti al palazzo del re.

Entrano Malcolm e Macduff.

MALCOLM. Cerchiamo un’ombra solitaria e là versiamo lacrime sui nostri cuori gonfi di tristezza. 

MACDUFF. Piuttosto afferriamo presto una spada fatale, e da uomini nobili facciamo valere i nostri diritti di nascita. Ogni giorno nuovi lamenti, nuove vedove che urlano, nuovi orfani che piangono, nuove sofferenze colpiscono al volto il cielo, che riecheggia come se fosse un sentimento unico con la Scozia e gridasse le sillabe del dolore. 

MALCOLM. Ciò che credo, lo fortificherò; ciò che so, lo credo; e ciò che posso riparare, non appena troverò un amico nel tempo, lo riparerò. Quello che hai detto, può darsi che sia vero. Questo tiranno, il cui solo nome riempie di vesciche le nostre lingue, un tempo era ritenuto onesto. Tu lo hai amato profondamente; e lui non ti ancora ha toccato. Io sono giovane, ma per mio tramite tu puoi ottenere meriti

da lui, ed è saggio offrire in sacrificio un debole, povero, innocente agnello per placare l’ira divina.

MACDUFF. Io non sono un traditore.

MALCOLM. Ma Macbeth lo è. Una natura buona e virtuosa può indietreggiare di fronte all’ordine imperiale. Ma io ti chiedo perdono; i miei pensieri non possono trasporre ciò che sei. Gli angeli sono ancora splendenti, sebbene il più luminoso sia caduto. Anche se tutto ciò che è folle indossasse i panni della grazia, la grazia apparirebbe comunque così com’è.

MACDUFF. Ho perduto le mie speranze.

MALCOLM. Forse le hai perdute là dove io ho trovato i miei dubbi. Perché hai lasciato in mezzo alle intemperie, senza nemmeno un congedo, tua moglie e i figli, motivi preziosi, legami forti dell’amore? Ti prego, non guardare ai miei sospetti come fossero i tuoi disonori, ma come la mia propria salvezza. Tu puoi essere rettamente giusto, qualunque sia il mio pensiero.  

MACDUFF. Sanguina, sanguina, povera patria! O grande tirannia, agisci in modo che le tue fondamenta siano sicure, perché la virtù non osi darti scacco. Fai pure mostra dei tuoi torti; il titolo è ben saldo. Addio, signore. Non vorrei essere il villano che tu credi che sia nelle grinfie del tiranno per tutta la terra, e in aggiunta il ricco Oriente.

MALCOLM. Non offenderti; non parlo perché ho un’assoluta paura di te. Io penso che il nostro paese sia caduto sotto il giogo; piange, sanguina, e ogni nuovo giorno una piaga è aggiunta alle sue ferite. E penso anche che ci sarebbero mani levate a difendere il mio diritto; e qui dalla generosa Inghilterra me ne sono offerte mille di mani benevole. Ma con tutto questo, quando schiaccerò la testa del tiranno, o la mostrerò sulla mia spada, il mio povero paese subirà ancor più depravazioni di quante ne abbia subite prima, e soffrirà, soffrirà in varie guise più che mai, per opera di colui che succederà.

MACDUFF. E chi sarebbe costui?

MALCOLM. Mi riferisco a me stesso, nel quale io so che tutti i dettagli della depravazione sono così innestati che, quando si riveleranno appieno, il nero Macbeth sembrerà puro come la neve, e la miserabile nazione lo stimerà un agnello confrontandolo con i miei sconfinati oltraggi.

MACDUFF. Nemmeno nelle legioni dell’orrido inferno può scaturire un diavolo più dannato che superi Macbeth.

MALCOLM. Ammetto che sia sanguinario, lussurioso, avido, falso, ingannevole, brusco, malvagio, sporco di ogni peccato che abbia un nome. Ma non c’è fondo, nessun fondo, nella mia voluttà. Le vostre mogli, le vostre figlie, le vostre matrone, e le vostre serve non potrebbero riempire la cisterna della mia libidine, e il mio desiderio potrebbe sopraffare tutti i casti impedimenti che si opponessero al mio volere. Meglio Macbeth che un simile re.

MACDUFF. L’intemperanza senza limiti è una tirannia naturale; ha reso vacanti anzi tempo troni fiorenti, e fatto cadere molti re. Ma non temere di riprenderti ciò che è tuo. Tu puoi abbandonarti ampiamente ai tuoi piaceri e sembrare tuttavia freddo, ingannando così i tempi. Abbiamo abbastanza dame disponibili; non puoi essere un tale avvoltoio da divorare tutte quelle che vorranno concedersi alla tua grandezza, trovandole così ben disposte.

MALCOLM. Insieme a questo cresce nella mia inclinazione assai contaminata una tale inarrestabile avidità che, se fossi re, mozzerei il capo ai nobili per avere le loro terre, di questo vorrei i gioielli, e di quest’altro vorrei il palazzo, e il mio voler di più sarebbe come una salsa che mi affamerebbe ancora, tanto che forgerei delle dispute ingiuste contro i virtuosi e i leali, portandoli alla rovina per il gusto della ricchezza.

MACDUFF. Questa avidità penetra più profonda, cresce da radici più perniciose della lussuria che somiglia all’estate, ed è stata la spada dei nostri re ammazzati. Ma non avere paura; la Scozia ha ricche messe per colmare il tuo desiderio di ciò che è già tuo. Tutto questo è sopportabile, soppesato con altre doti.

MALCOLM. Ma io non ne ho alcuna. Le doti di un futuro re, come la giustizia, la franchezza, la temperanza, la stabilità, la bontà, la perseveranza, la pietà, la modestia, la devozione, la pazienza, il coraggio, la forza, di loro non ho alcun gusto, ma abbondano nella ripartizione di ogni rispettivo crimine, che metto in atto in molti modi. Anzi, se avessi il potere, verserei il dolce latte della concordia nell’inferno, metterei scompiglio nella pace universale, confonderei tutta l’armonia sulla terra.

MACDUFF. O Scozia, Scozia!

MALCOLM. Se un tale individuo è adatto a governare, dillo. Io sono come ti ho detto.

MACDUFF. Adatto a governare? No, e nemmeno a vivere. O nazione miserabile! Sotto un tiranno senza titoli con lo scettro insanguinato, quando rivedrai i tuoi giorni salubri, se la stirpe più genuina del tuo trono è maledetta dalla sua stessa condanna e bestemmia la sua razza? Il tuo regale padre era un uomo davvero santo; la regina che ti ha portato in grembo, spesso più in ginocchio che in piedi, è morta ogni giorno che è vissuta. Addio! Questi mali che tu ripeti su te stesso mi hanno bandito dalla Scozia. O mio cuore, la tua speranza qui finisce!

MALCOLM. Macduff, questa nobile passione, figlia dell’integrità, ha spazzato dalla mia anima i neri scrupoli, e riconciliato i miei pensieri con la tua buona fede e con il tuo onore. Il diabolico Macbeth con molti di questi tranelli ha cercato di avermi in suo potere, e una modesta cautela mi strappa da un fretta troppo credulona. Ma Dio che è in alto sia tra te e me! Perché da ora in poi io mi affido a te e rinnego le mie stesse diffamazioni; qui abiuro le macchie e i biasimi che ho rivolto a me stesso, come estranee alla mia natura. Non conosco ancora la donna, non ho ancora spergiurato, ho appena desiderato ciò che è mio, e niente ha spezzato la mia fede, non tradirei il diavolo con un suo pari, e godo della verità non meno della vita. La mia prima menzogna è stata questa, contro me stesso. Ciò che io sono veramente è tuo e al comando della mia povera patria. Verso la quale, invero, prima che tu arrivassi, il vecchio Siward, con diecimila uomini in assetto da guerra già pronti, stava per mettersi in marcia. Adesso andremo insieme, e che la fortuna della benevolenza possa essere come la nostra giustificata causa! Perché sei così silenzioso?

MACDUFF. È difficile riconciliare immediatamente cose così gradite e sgradite.

Entra un medico

MALCOLM. Bene, più tardi. Vi prego, ditemi, il re avanza?

DOTTORE. Sì, signore, c’è una folla di anime disgraziate che aspettano la sua cura. La loro malattia vince su tutti i tentativi della scienza, ma al suo tocco, tanta santità ha concesso il cielo alla sua mano, essi guariscono subito.

MALCOLM. Grazie, dottore.  

Esce il medico

MACDUFF. Di quale malattia parla?

MALCOLM. È chiamata il male: c’è un’opera davvero miracolosa in questo buon re, che spesso, da quando sto qui in Inghilterra, gli ho visto praticare. Come la solleciti dal cielo, lo sa solo lui; ma la gente colpita da questo strano morbo, tutta gonfia e piena di ulcere, pietosa a vedersi, la vera disperazione della medicina, lui la cura, mettendo una medaglia d’oro sul loro collo mentre recita sante preghiere; e si dice che la benedizione salvifica lui la lasci ai suoi successori. Insieme a questa insolita virtù egli ha ricevuto il dono celeste della profezia, e parecchie sono le beatitudini che circondano il suo trono e che lo rivelano pieno di grazia.

Entra Ross

MACDUFF. Guarda, chi viene qui? 

MALCOLM. È un mio compatriota, ma non lo riconosco ancora.

MACDUFF. Mio gentilissimo cugino, benvenuto.

MALCOLM. Ora lo riconosco. Buon Dio, rimuovi presto gli ostacoli che ci rendono stranieri!

ROSS. Signore, amen.

MACDUFF. La Scozia si trova ancora nelle stesse condizioni?

ROSS. Ahimè, povera patria, ha quasi paura di riconoscersi! Non può essere chiamata la nostra madre, ma la nostra tomba. Dove niente, se non chi niente sa, si apre una volta al sorriso; dove i sospiri e i lamenti e gli strilli che lacerano l’aria sono d’obbligo e non sono presi in considerazione; dove un dolore violento sembra un’estasi attuale. A malapena ci si chiede per chi suona la campana a morto, e la vita degli uomini virtuosi spira prima dei fiori nei loro cappelli, perché essi muoiono prima di ammalarsi.

MACDUFF. Oh, racconto troppo esatto, e anche troppo veritiero! 

MALCOLM. Qual è l’ultima pena?

ROSS. Quella passata appena da un’ora fa fischiare le orecchie di chi parla; ogni minuto si riempie di una nuova pena.

MACDUFF. Come sta mia moglie?

ROSS. Bene.

MACDUFF. E i miei bambini? 

ROSS. Bene anche loro.

MACDUFF. Il tiranno non ha colpito la loro pace?

ROSS. No, erano in pace quando li ho lasciati.

MACDUFF. Non essere avaro di parole. Come vanno le cose? 

ROSS. Quando sono partito per venire qui a portarvi queste notizie, che mi gravano pesantemente, correva voce che molti uomini valorosi fossero scesi in campo, cosa che mi si rivelò degna di fede, poiché io vidi le schiere del tiranno sul piede di guerra. Ora è il momento di correre in aiuto; il vostro sguardo in Scozia potrebbe creare dei soldati, far combattere le nostre donne, per spogliarsi delle loro terribili angosce.  

MALCOLM.  Sia per loro un conforto il fatto che noi stiamo per recarci là. La generosa Inghilterra ci ha concesso il buon Siward e diecimila uomini; il più vecchio e il migliore dei soldati che la cristianità possa schierare.

ROSS. Potessi rispondere a questo conforto con uno simile! Al contrario io ho parole che dovrebbero esser urlate nell’aria del deserto, dove l’ascolto non potrebbe serrarle.

MACDUFF. Che cosa riguardano? La causa comune? O è un dolore privato adatto a un solo cuore?

ROSS. Non v’è anima onesta che non condivida questa sventura, anche se la parte principale di essa è destinata a te solo.

MACDUFF. Se è mia, non impedire a me di conoscerla, fammela conoscere subito.

ROSS. Le vostre orecchie non disprezzino per sempre la mia lingua che le ossessionerà con il più grave suono che abbiano mai udito. 

MACDUFF. Ah! Indovino di che si tratta.

ROSS. Il tuo castello è stato sorpreso; tua moglie i bambini selvaggiamente trucidati. Riferirti il modo con cui furono uccisi sarebbe come aggiungere la tua morte al mucchio di questa selvaggina abbattuta.

MALCOLM. Dio misericordioso! Avanti! Non calarti il cappello sulla tua fronte; fai parlare il tuo dolore. Il dolore che non parla bisbiglia al cuore troppo gravido, e gli ordina di spezzarsi.

MACDUFF. Anche i miei bambini?

ROSS. Moglie, figli, servi, tutti quelli che si poterono trovare.

MACDUFF. E io dovevo essere lontano! Anche mia moglie uccisa?

ROSS. Ho detto.

MALCOLM. Fatti coraggio. Della nostra grande vendetta facciamone una medicina che curi questa angoscia mortale. 

MACDUFF. Lui non ha figli. Tutti i miei piccoli? Hai detti tutti? O nibbio infernale! Tutti? Ma come, tutti i miei bei pulcini e la loro chioccia in un sol colpo?

MALCOLM. Parla da uomo.

MACDUFF. Sì, ma io devo anche sentire da uomo. Non posso che ricordare che quelle erano le cose più preziose per me. Il cielo vide e non prese la loro parte? Sei colpevole Macduff, sono stati tutti trucidati per te! Che uomo spregevole sono, non per i loro demeriti, ma per i miei, la strage s’è abbattuta sulle loro anime. Che il cielo dia loro pace!

MALCOLM. Sia questa la pietra che affila la tua spada. Che il dolore si trasformi in collera; che il cuore non si smussi, ma si riempia di furore.

MACDUFF. Oh, potrei fare la parte della donna con i miei occhi e dello spaccone con la mia lingua! Ma, nobili cieli, rompete ogni indugio; metti fronte a fronte questo demonio della Scozia e me stesso; portamelo a lunghezza di spada; e se fugge, Cielo perdona anche lui!

MALCOLM. Questo è un tono virile. Su, andiamo dal re; le nostre forze sono pronte, non ci rimane altro che congedarci. Macbeth è maturo per la caduta, e le potenze ultraterrene mettono al servizio i loro mezzi. Ricevi ciò che può confortarti, è lunga la notte che non trova mai il giorno.  

Escono


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