In un periodo di crisi prolungata come questa forse sarebbe il caso di riflettere sulla Womenomics, termine coniato da Kathy Matsui, che vede le donne al centro del sistema economico come garanzia di crescita. Alfemminile.com ha realizzato su questo tema un’interessante infografica che vi proponiamo oggi
Si parla di crisi ormai da quattro anni e senza mai riuscire a trovare una soluzione adeguata che possa finalmente sbloccare la tanto desiderata Crescita Economica che è sempre più ferma. Su questo blog parliamo spesso di Innovazione e Nuove Tecnologie come strumenti imprescindibili per la Crescita di un paese, ma ci sono altri fattori che possono determinarla e alimentarla. Se guardiamo la disoccupazione nel nostro paese notiamo che oltre ad essere composta per lo più da giovani, è composta da donne. A Febbraio 2012, altre 44mila occupate in meno si sono aggiunte alla già grave situazione. E soffre di più il Meridione, dove le giovani donne disoccupate sono il 49,2% del totale. Di fronte a questi dati proviamo a dare non una soluzione perchè sarebbe troppo, ma uno spunto di riflessione servendoci della interessante infografica realizzata qualche settimana fa da alfemminile.com sulla Womenomics.
Nel 1999 Kathy Matsui, analista di Goldman Sachs, elabora la teoria della Womenomics, termine che è composto da Women=Donne + Economics=Economia. La tesi sostenuta è molto semplice:
Più donne entrano nel mercato del lavoro, maggiore è la crescita economica di un paese, più alto è il tasso di crescita demografico
Nel nostro paese si sente parlare ormai da qualche anno di Womenomics, lo fecero qualche anno fa anche due ricercatrici due economiste italiane dell’Università Bocconi, Alessandra Casarico e Paola Profeta, le quali fornirono dei dati concreti e cioè che se solo 100.000 donne italiane entrassero nel mercato del lavoro il nostro PIL aumenterebbe già dello 0,28%. Se solo raggiungessimo il livello di occupazionedegli uomini, vicino al 70%, avremmo un aumento del PIL del 20%. “In più le donne, in caso di impegno lavorativo, delegherebbero il lavoro domestico a soggetti esterni alla famiglia, incrementando ancora di più il mercato del lavoro, e in particolare i servizi alla famiglia, già in forte ascesa nel nostro paese”. Questo quanto affermavano le due economiste che sembra essere molto chiaro.
Di conseguenza 1 milione di donne in più nel mondo del lavoro farebbero crescere il PLI di ben il 3%. E che aspettiamo? Anche nel nostro paese si deve provare ad andare in questa direzione. Più il mercato del lavoro viene alimentato più si verifica la Crescita. La situazione italiana è che ancora molte donne rinunciano al lavoro per la famiglia e di conseguenza la conclusione sarebbe che la teoria della Matsui da noi sarebbe di difficile applicazione. Ma fermarsi qui sarebbe piuttosto semplicistico e sbrigativo. Invece la direzione da seguire deve essere anche questa. In altri paesi d’Europa la situazione è completamente diversa, soprattutto nei paesi nordici dove esisite un sistema di welfare che tutela le donne, e non solo, a mantenere il posto di lavoro in gravidanza, ma soprattutto garantisce loro un ingresso del mondo del lavoro con strumenti che da noi potrebbero funzionare benissimo.
Maurizio Ferrera, professore presso l’Università degli Studi di Milano, ne ha parlato nel suo libro Il fattore D. Perché il lavoro delle donne farà crescere l’Italia, sottolineando la necessità di aprire il mercato del lavoro alle donne, risorse preziose per la crescita.
L’Italia, senza rendersene conto, sta rinunciando a quello che recentemente si è rivelato essere il vero motore dell’economia mondiale: nell’ultimo decennio l’incremento dell’occupazione femminile negli altri paesi sviluppati ha contribuito alla crescita globale più dell’intera economia cinese. Il fattore D, il lavoro delle donne, è un fattore decisivo di crescita perché garantisce più ricchezza alle famiglie.
Parole assolutamente condivisibili. Ma voi che ne pensate? Pensate che l’Italia sia pronta a questo passaggio che dovrebbe essere normale? Ci piacerebbe conoscere la vostra opinione e le vostre esperienze.
(image credits: The Economist)