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World Chess Cup 2015: “Scacco matto a Baku”

Creato il 23 settembre 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

(Un articolo di Luca Masera ) - Termina il 5 ottobre a Baku la World Chess Cup 2015 che, per comprenderne la portata, sta al mondo degli scacchi come i Mondiali stanno a quello del calcio. In palio un montepremi di oltre un milione e mezzo di dollari visto che la capitale dell’Azerbaijan ha deciso di sfruttare questo torneo quale veicolo d’immagine del suo splendore economico, come già sta facendo con molti altri sport nei quali investe i soldi provenienti da quel pozzo senza fondo dei suoi giacimenti petroliferi.

Scacco matto a Baku

Oltre al lauto montepremi, in gioco c’è anche (e verrebbe da dire soprattutto) il prestigio scacchistico di potervi partecipare: in gara ci sono i migliori 128 giocatori del mondo e ai finalisti vengono assegnati due posti nel prossimo “Torneo dei Candidati”, il Gota degli scacchi. Numeri senza dubbio impressionanti per gli addetti ai lavori ma che, al contrario della Coppa del Mondo di Calcio, lasciano pressoché indifferente il resto della popolazione mondiale.

Scacco matto a Baku

Difficile comprendere perché tanta freddezza nei confronti di un gioco che, in un modo o nell’altro, è stato in grado di mettere tutti davanti a una scacchiera almeno una volta nella vita: non fossero che quelle portatili che si trovavano nei duty-free degli aeroporti o quelle dei primi cellulari quando gli scacchi erano una delle poche alternative a Snake. A voler azzardare, la spiegazione si potrebbe trovare nel fatto che l’aspetto più affascinante degli scacchi non sta tanto nelle cervellotiche strategie o nelle folli tattiche di campioni spesso alienati dal mondo reale a causa del loro genio, tutte cose che senza dubbio si possono ammirare in un torneo quale la World Cup. Quello che, invece, nel corso della storia ha spinto milioni di persone a sedersi una di fronte all’altra tentando di darsi scacco matto, è quel sottile alone di mistero che da sempre aleggia persino sulla più semplice delle scacchiere: la magia del ritrovarsi concentrati a fissare quei 32 pezzi pronti a darsi battaglia, considerandoli come i tanti protagonisti, ciascuno con le proprie caratteristiche e peculiarità, di una storia corale in cui anche la mossa più banale è inevitabilmente destinata a portarci un po’ più vicino allo scacco matto. Una storia fatta di un vortice di situazioni e personaggi che, giocandola, si scrive da sé ed è solo da raccontare.

E infatti innumerevoli sono gli scrittori che hanno costruito i loro libri come se fossero lo specchio di una partita di scacchi, senza per altro estendere in questa sede il discorso alla pittura, al cinema (giusto un doveroso cenno a Kubrick, grande scacchista, e alla metaforica partita giocata da HAL in 2001: Odissea nello Spazio) o alle arti in genere. Se volessimo citare alcune tra le opere più note che sono state in grado di creare un vero e proprio sottogenere letterario, potremmo spaziare da Il giocatore di scacchi di Maelzel di Edgar Allan Poe a Poirot e i quattro di Agata Christie, passando per Attraverso lo specchio di Lewis Carroll, Murphy di Samuel Beckett e Il sindacato dei poliziotti yiddish del premio Pulitzer Michael Chabon. A prescindere dalla differente natura e dal contesto che li ha visti nascere, sono tutte storie dove ogni decisione, sommata a quella che la precede e alla successiva, è finalizzata a conquistare il re avversario attraverso aperture inconsuete e attacchi scellerati, strenue difese e inevitabili sacrifici.

Qualora fossimo costretti a sceglierne solo uno davvero in grado di trasportare nelle sue pagine le mosse di una immaginifica partita, La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig (Adelphi Editore), splendido romanzo del 1993 in cui un colpo di pistola chiude la vita di un ricco imprenditore tedesco. Dietro quel gesto si spalanca un inferno che assume la presto la connotazione di una scacchiera: mossa dopo mossa, si scoprono due maestri del gioco opposti in tutto e per tutto (come il bianco e il nero), ma accomunati da un odio inesauribile, che attraverso gli anni e i cataclismi politici pensano soltanto ad affilare le proprie armi per sopraffarsi. Che uno dei due sia l’ebreo e l’altro sia stato un ufficiale nazista, è uno dei tanti corollari del teorema di questa incredibile partita con la Morte. Una volta terminato il romanzo, magari non vi sarà venuta voglia di comprare un biglietto aereo e volare fino a Baku per assistere alla finale della World Cup, ma di sicuro concetti come “l’arrocco” o “presa en passant” non suoneranno più oscuri ed enigmatici, e saranno divenuti espressioni con cui divertirvi a dare scacco matto al vostro avversario di turno.


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