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"World War Z" e "Io sono leggenda". Apocalissi globali a confronto.

Creato il 19 dicembre 2013 da Manuela Bonci
  Nel 2007 Francis Lawrence racconta di un'epidemia degenerativa che infetta quasi tutti gli esseri umani, uccidendoli o riducendoli allo stato di zombie, e nel 2013 è il turno di Marc Forster ad affrontare l'analogo tema del virus letale che spinge la civiltà umana sull'orlo dell'estinzione.Minimo comune multiplo delle pellicole é la loro origine letteraria. Entrambe sono tratte da romanzi scritti però in epoche ben diverse: I am legendfu scritto nel 1954 da Richard Burton Matheson, e Max Brooks scrisse invece World War Z. La guerra mondiale degli zombi nel 2006. Apocalisse, virus, caos... e zombie.I cari e vecchi “non morti” sono comparsi in letteratura e in cinematografia da un bel po' di tempo e il bello è che comunque, quando ricompaiono, li guardiamo. Non possiamo farne a meno!Entrambi i film rivisitano lo stereotipo dello zombie aggiornandolo e collocandolo in un contesto attuale e reale, ma ognuno con delle caratteristiche specifiche meritevoli di attenzione.

   World War Z

www.mymovies.it/film/2013/worldwarz/poster/0/

   E' un prodotto piuttosto ben riuscito nonostante, sia il regista Forster che attore protagonista Pitt, si siano misurati in un genere a loro non abituale. La difficoltà di sperimentare un genere horror trattando uno dei suoi temi più usuali é di non poco conto. 

Da considerare anche che il romanzo che ispira la pellicola non ha una fisionomia “cinematografica”: trattandosi di un testo strutturato ad episodi non è adatto così com'è ad un copione filmico. Essenziale era creare un personaggio, uno con una funzione precisa e l'idea di un investigatore chiamato ad indagare sulle origini del virus é risultato azzecatissimo. Chi conosce lo stile di Forster riesce a comprendere come nei suoi film i personaggi siano caratterizzati al meglio. 
   Anche in WWZ tutto è incentrato attorno al personaggio e la cosa funziona. Lui, i suoi ideali, i suoi affetti, la sua logica e riflessione sono il nucleo centrale della storia e ciò che ruota attorno a questo nucleo é poi facilmente arricchibile di ingredienti variegati, tipici dell'horror e non solo. La famiglia gioca un ruolo decisivo perché è la meta, la motivazione, la spinta che lo fa muovere. Pitt si dimostra versatile in queste vesti e il suo personaggio é reale. E' uno di noi, uno normale.Lo zombie é calato in un contesto non immaginario ma assolutamente reale e quotidiano. La globalità dell'emergenza ci mostra come, questa piaga letale, viene vissuta in ogni parte del mondo. I non morti non hanno il passo incespicante dei tipici zombie della cultura haitiana che tutti conosciamo ma anzi, corrono e scattano animati da ogni sorta di stimolo, per lo più sonoro. Personalmente, ho rivisto molto dei vampiri di 30 giorni di buio di David Slade del 2007 negli zomie di WWZ, ma la cosa non mi ha disturbata molto. La fisionomia dell'essere umano non é stata stravolta, e l'idea dell'oblio in cui ricadono in assenza di stimoli é stata piuttosto accattivante. Bella l'imprevedibilità della vicenda: la missione iniziale di copertura al virologo era roba un po' scontata, ma il repentino cambio di scena a missione appena iniziata sorprende da subito, e lo spettatore si prepara così ad un ritmo più vivace del previsto.

Io sono leggenda

www.mymovies.it/film/2007/iosonoleggenda/poster/1/


   Vanta un interprete altrettanto popolare quanto Pitt. Will Smith, più testato nella fantascienza che nell'horror, ha comunque caratterizzato in modo convincente un personaggio meno reale del protagonista di WWZ ma più idealizzato, leggendario appunto. Robert Neville é un "pistolero", ma é soprattutto un predestinato e in lui non é facile identificarsi come con Gerry Lane, ed il suo ruolo nella vicenda é molto più simbolico. Il suo mondo, in Io sono leggenda, é decisamente meno popolato di quello del collega Pitt in WWZ e gli zombie con i quali ha a che fare sono più animaleschi, più barbarizzati nell'aspetto, seppur comunque aggressivi tanto quanto quelli di Forster. Differenza notevole che é stata apportata alla pellicola rispetto al romanzo é che i non morti dello scrittore Matheson sono in realtà dei vampiri, mentre il regista Lawrence porta nello schermo zombie. 
   Anche in questo caso i non morti di Io sono leggenda sono calati in un contesto urbano ma lo stato di avanzamento del disfacimento della civiltà é notevolmente più progredito. L'emergenza in WWZ é appena sfociata mentre in I am legend le città sono in rovina da tempo e al mondo sono rimaste in vita molte meno persone (anzi, nel romanzo originale il protagonista Neville é proprio l'ultimo essere in vita).    Interessante notare che Io sono leggenda é il terzo film ce si ispira al libro di Matheson. Prima di Lawrence già Sagal nel 1971 aveva proposto The Omega Mane ancor prima, nel 1964, Salkow e Ragona creavano per lo schermoL'ultimo uomo della Terra.Anche qui si prospetta la fine del mondo e l'estinzione della civiltà umana, e anche qui il contesto é globale, calato nell'attualità dei nostri tempi. Le armi sono simili per entrambe le pellicole: si combatte a ritmo di vaccini e sangue.    Più prevedibile di WWZ per quanto riguarda l'evolversi della vicenda, con i non morti che affinano la tecnica di caccia e con il sacrificio finale dello stesso protagonista (nel libro Neville si suicida in un modo molto diverso). La famiglia assume una valenza affettiva importante in entrambe le pellicole ma con un ruolo decisamente diversificato. In Io sono leggenda la moglie e la figlia di Neville sono morte e lui, rimasto solo, vive con il loro ricordo, e tenta di trovare una cura per una risurrezione simbolica, una sorta di riscatto morale. In WWZ invece la famiglia di Lane c'é, e lo aspetta, e lui ha il dovere di tornare da loro. Quindi la sua vera missione é trovare una cura per salvare la sua famiglia prima di tutto.   Accattivanti e ben strutturate queste pellicole che accontentano i gusti del pubblico dell'horror poco impegnato e di un misto d'azione-fantascientifico. Se la sono cavata bene Smith e Pitt e bravi Lawrence e Forster a gestire con nuova freschezza uno degli archetipi più noti del genere di paura, quello dei morti viventi.

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