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Xenoblade Chronicles X – Thank You, Mario, But Our Wii U Is On Another Planet

Da Videogiochi @ZGiochi
di Jacopo "ED64" Retrosi

Se il sottoscritto dovesse mai riassumere brevemente cosa lo ha spinto ad acquistare al volo, supportare, e soprattutto sopportare Wii U nel corso del suo disastrato ciclo vitale a base di rinvii, delusioni e marketing suicida, la risposta sarebbe una e una soltanto: Xenoblade Chronicles X. Nah, non è stata l’espansione multiplayer di 3D Land a convincerlo, né i kart appesi ai soffitti, figuriamoci l’insaziabile calderone di raccomandati virtuali, e non lo sarà il “reimagining” di uno dei mostri sacri della sua infanzia, bensì il seguito spirituale di una delle avventure che più lo hanno rapito ai tempi del modesto e abusato Wii, un titolo di nicchia, che probabilmente non venderà un accidente (come il suo progenitore dopotutto), eppure ad oggi una delle poche esclusive dell’ammiraglia della casa di Kyoto a poter vantare carattere, grinta, la volontà di proporre qualcosa di unico e accattivante, lungi dai capitoli next-gen “puliti e profumati” di saghe che generazioni fa ci avevano abituato ad azzardi (e standard) ben diversi.

Una speranza mantenuta viva per tre lunghi anni, fomentata da promettenti trailer e messa a dura prova da una data di uscita che non voleva saperne di fare capolino, e infine eccolo finalmente tra le nostre mani: Xenoblade Chronicles X non è più un miraggio, e a naso non sembra certo aver deluso le aspettative. Un mea culpa è d’obbligo, tra carenza di promo e una limited spedita tardivamente dalla Francia siamo “leggermente” in ritardo con le tempistiche, chi pregustava il gioco da tempo lo avrà già sicuramente fatto suo, viceversa i restanti lo avranno snobbato e continueranno a farlo, ma non potevamo esimerci dal dire la nostra su una delle release più calde di questo autunno 2015, la sola tra l’altro a graziare la console Nintendo. Una settantina di ore all’attivo forse non sono sufficienti per saggiare appieno la monumentale ultima fatica di Monolith Soft, tuttavia bastano per un tour approfondito delle sconfinate lande di Mira a bordo del proprio mech d’assalto, cullati dalle note epicheggianti di uno dei migliori compositori nipponici in circolazione; di seguito la recensione completa.

Xenoblade Chronicles X logo

KNIGHTS OF… MIRONIA?

Sin dalle premesse Xenoblade Chronicles X si dimostra un titolo molto peculiare, capace di armonizzare un setting fantasy dai canoni piuttosto classichegianti ad un contesto prettamente sci-fi, soluzione che si riflette sulla formula di gioco e sull’infrastruttura che la sostiene, a cavallo tra un JRPG tradizionale e un MMO votato al single player. Monolith Soft non è nuova a questo approccio, le radici affondano infatti nel precedente Xenoblade Chronicles, ma trovano compimento solo in questa seconda installazione del brand, in quanto ancora acerbe ai tempi della pubblicazione su Wii, nonostante la qualità del prodotto. Chi ha già vestito i panni di Shulk non tarderà insomma a sentirsi subito a casa, i due titoli si presentano (e si “giocano”) nella stessa, identica maniera, sebbene risulti evidente lo scarto di X in termini di volume e pulizia; tuttavia se da un lato la vastità delle location e le (tante) similitudini a livello di gameplay avvicinano le due esperienze, dall’altro l’impostazione del comparto narrativo diverge non poco, e stavolta a sfavore del pezzo da novanta griffato Wii U.

Al di là dei suoi meriti ludici e delle meraviglie che è riuscito a tirar fuori da un hardware imbarazzante per la sua epoca, uno dei punti di forza di Chronicles era senza dubbio la trama, avvincente, ricca di pathos e personaggi memorabili, nonché perno centrale della vicenda e del nostro continuo peregrinare sui resti di Bionis e Mechanis; X non è da meno, o almeno non vuole esserlo, ma la suddivisione della storia in capitoli, incapsulati all’interno di comuni missioni, con tanto di prerequisiti e ricompense, ne incrina irreparabilmente il ritmo, frammentandone l’intreccio. Possono passare ore tra l’avvio di una principale e l’altra, e il loro svolgimento non sembra avere alcuna ripercussione tangibile sul mondo di gioco; l’epilogo si avvicina, le relazioni si evolvono, si consumano colpi di scena e battaglie su scala continentale, eppure concluse cutscene e boss fight di turno il quadro generale di Mira e Neo Los Angeles torna esattamente come prima, tale e quale al nostro risveglio dalla capsula di salvataggio, fatta eccezione per la comparsa di nuove secondarie o NPC con cui interagire, elementi minori che non descrivono affatto uno scenario di guerra in costante mutamento tra razze aliene, il dramma e la disperazione dei pochi superstiti, in corsa contro il tempo e i loro aggressori…

La distruzione della Terra, e la conseguente fuga degli esseri umani nello spazio a bordo di “arche” di fortuna, è un tema affrontato di rado nel media videoludico, fattore che garantisce a X un non so che di “fresco” rispetto alla concorrenza. La storyline principale dal canto suo patisce la presenza di antagonisti anonimi, che rispondono alla spesso riciclata (e fastidiosa se mi consentite NdR) filosofia del “gli umani devono morire perché sì, e perché c’è dell’altro ma col cavolo che ve lo diciamo sennò non ci sarebbero cattivi da insultare”… o qualcosa del genere. La discutibile regia sopra menzionata non aiuta, risultando in un mashup di eventi sconnessi e a tratti soporiferi, a dispetto di quanto avviene effettivamente a schermo, che sottolinea una certa carenza di entusiasmo da parte del monocorde cast di protagonisti, vuoi per l’asettico doppiaggio inglese (l’originale in giapponese ci è ahinoi precluso) o la totale assenza di espressività dai volti, salvo rare occasioni. Un vero peccato, poiché sulla carta il canovaccio di X vanterebbe materiale a sufficienza per mandare in visibilio qualunque appassionato si premuri di dedicargli le dovute attenzioni: è innegabile che la trama se la prenda con molta (molta) calma prima di ingranare, eppure una volta accesi i propulsori, diciamo intorno ai due terzi della campagna, ergo dopo qualcosa come 30-40 ore (troppe?), non mancano frangenti di grande tensione, e al contempo spunti davvero interessanti, specie sul finale; non solo, grazie alla miriade di missioni opzionali l’universo di gioco viene continuamente espanso, introducendo personaggi, location e tematiche che arricchiscono l’altrimenti esile background, andando a toccare problematiche che investono la sfera politica, sociale e “umana” di un’ipotetica società alla deriva nella galassia, come l’accettazione e l’inserimento all’interno di una catena alimentare del tutto estranea, la scoperta e la catalogazione di biodiversità e fenomeni sconosciuti, la convivenza e il confronto con razze indigene e non, la loro cultura, i loro costumi, la loro tecnologia, dubbi, timori, pregiudizi, rivolte, sfruttamento, contrabbando, culti, idealismo, malattie, infestazioni, reliquie, rotte commerciali… diamine, ci sarebbe così tanto da apprendere e sviscerare da riempire un intero disco di sole side quest, ma è tutto trattato in maniera così superficiale e sbrigativa da non permettere appieno il coinvolgimento dello spettatore (o del lettore, visto che sovente non si va oltre una mera finestra di testo). Enfasi, è questo che manca a X, focus e convinzione sui fatti in corso e su quelli che contano realmente, e magari l’abbandono dei soliti preconcetti che accompagnano la stragrande maggioranza dei JRPG, come un main character muto e all’apparenza insignificante (rigorosamente in preda ad amnesia) in funzione di deus ex machina, o la necessità di appoggiarsi a comic relief per alleggerire l’atmosfera o uccidere l’intensità del momento con puerili tormentoni. Un progetto troppo ambizioso? Troppo grande per una console che ci ha propinato nient’altro che platform e poco più? Chissà, fatto sta che con i dovuti accorgimenti X avrebbe potuto tranquillamente imporsi come un nuovo punto di riferimento per il genere sul piano narrativo, surclassando il suo antenato e non solo, ma così non è stato…

NON SEGUITE LE LUCI!

Sapete però, a essere onesti non abbiamo poi dato troppo peso all’inconsistenza del comparto narrativo, talmente eravamo presi dall’andarcene a zonzo nei meandri di Mira; certo, una storia con i fiocchi avrebbe creato la cornice perfetta per le nostre scorribande, ciononostante sin dalle primissime battute, ancora ignari del potenziale inespresso di X, ci siamo ritrovati a vagabondare smarriti per una landa immensa, a cacciare con lo sguardo qualunque dettaglio insolito facesse capolino a schermo, ignorando completamente ordini e direttive. Elma voleva che raggiungessimo NLA prima del tramonto, e l’abbiamo fatto… ma di quale giorno? O settimana? Difficile dirlo, quelle scogliere erano troppo allettanti per dire di no ad un bel tuffo mattutino, e durante la risalita era d’obbligo stuzzicare almeno metà della fauna locale nei dintorni, e quei dannati cristalli azzurri… ne raccogli uno e ne spuntano due, ognuno con un materiale diverso, e quando infine pensi di aver finito ecco che arriva la notte, o incomincia a piovere, tutto respawna, qui e lì qualcosa cambia, e via per un secondo giro, e un terzo, un quarto…

Poche storie, il vero protagonista di X è Mira, più che un semplice HUB, o un overworld costruito ad hoc per distribuire obiettivi, tesori e quant’altro, bensì un pianeta vivo e pulsante di vita, tratteggiato con perizia quasi maniacale, una superficie così estesa e variegata da stordire persino gli avventurieri più esperti. Basta aprire la mappa per impallidire: dozzine di quadranti da esplorare, ognuno delineato da una particolare topografia, specie autoctone, risorse naturali, dettagli architettonici e scorci che rendono ogni zolla di terreno unica e facilmente riconoscibile, incentivando i più curiosi o audaci a puntare nella direzione opposta a quella che l’ago della bussola cerca invano di condurci: rottami da recuperare? Soldati da salvare? Pah! Quel fiumiciattolo che sparisce tra le colline è la mia meta; e la cosa migliore? Non c’è niente e nessuno a impedircelo. Il senso di libertà che gli sviluppatori hanno voluto infondere alla loro creatura non ha eguali, potremo sempre e comunque andarcene per i fatti nostri, come e quando preferiamo, comprese regioni di cui normalmente neanche sentiremo parlare fino ai capitoli conclusivi della vicenda (il rischio di essere sgranocchiati è alto, ma quello è un altro discorso); se compare nel nostro campo visivo, possiamo arrivarci, in un modo o nell’altro. Praterie, regioni montuose, foreste tropicali, savane, steppe, deserti, canyon, spiagge, litorali, gole, isole remote… poco importa dove siate andati a cacciarvi: la vista sarà a prescindere fantastica!

Sulla scia di Chronicles, disseminate sul territorio troviamo numerose location da utilizzare in seguito come riferimenti per lo spostamento rapido,  cavità nascoste e punti panoramici, inoltre attivando le sonde dati sparse in giro potremo mappare i settori circostanti per ricevere maggiori informazioni. Collegando più siti adiacenti si va dunque a costruire l’ossatura digitale del FrontierNav, su cui si basa la rete di intel di NLA, ma a renderlo una feature inestimabile per i giocatori è la capacità di estrarre risorse e influenzare le aree sotto il suo raggio d’azione: acquisendo aggiornamenti e installandoli nelle sonde potremo incrementare le entrate di Miranium e crediti, o ancora aumentare l’efficacia degli attacchi, indebolire la resistenza ai malus dei mostri, accelerare il processo di rigenerazione del carburante degli skell, e molto altro. La gestione del FrontierNav richiede un po’ di pratica, ma una volta espanso e perfezionato si dimostrerà un valido supporto sia dal punto di vista economico che bellico.

Xenoblade Chronicles X artwork

I’M STILL FEELING IT!

Complicato. Una delle critiche che spesso salta fuori in questi giorni a proposito di X è che risulti eccessivamente astruso e macchinoso, addirittura troppo rispetto a quanto riesca a offrire secondo alcuni, giudizio assai caustico che suscitano in noi una specifica domanda: ma abbiamo sul serio provato lo stesso software? Ok, ci sono tantissimi parametri da tenere bene in mente, fitte interfacce e menù a cascata si accavallano le une sugli altri inondando schermo e GamePad di voci, si è costretti a convivere con dosi industriali di micromanagement, approntare equipaggiamento, abilità e strategia può portare via ore, talvolta senza risultati soddisfacenti, e il gioco non si fa certo scrupoli a illustrare giusto i rudimenti delle meccaniche, per poi lasciare gli aspiranti agenti BLADE in balia di se stessi e di un mondo che non perdona se preso sotto gamba… ma da quando ciò è da considerarsi un difetto? Xenoblade Chronicles X è un JRPG vecchia scuola, lontano dalla filosofia della stragrande maggioranza degli esponenti mainstream del genere, non è tra i suoi interessi tenere per mano l’utente sprovveduto fino ai titoli di coda, né servirgli su un piatto d’argento la soluzione a qualunque enigma, per poi spacciarsi per hardcore con side quest post-epilogo da manicomio; riteniamo dunque il minimo intrattenersi con un paio d’ore di gavetta per prendere confidenza con la nutrita schiera di variabili che governano la formula di gioco, complessa, sia chiaro, ma tutt’altro che refrattaria ad un atteggiamento volenteroso (e disilluso), ed è questo che la rende così appassionante, e molto più permissiva di quanto uno sguardo distratto potrebbe suggerire. Di grinding all’orizzonte ce n’è parecchio ad esempio, ma si mimetizza silenziosamente tra una scarpinata e l’altra grazie all’ottima distribuzione e varietà della fauna di Mira, fattore che trasforma l’accumulo di esperienza, sia pratica che teorica, in un processo naturale e piuttosto divertente. Girando in lungo e in largo più di una bestiaccia avrà comunque modo di buttarci gambe all’aria, eventualità che però non comporterà alcuna penalità di sorta; basterà respawnare nelle vicinanze e riprovare, o tagliare la corda se necessario, e in men che non si dica, andando a tentoni e sbattendo ripetutamente la testa contro un muro di scaglie, si padroneggeranno tutte le sfaccettature dell’articolato combat system. 

Combat system che attinge a piene mani da quello abbastanza criticato in Chronicles (colpa della semplicità di fondo), espandendolo e raffinandolo. Come ai bei vecchi tempi possiamo contare sul fido back slash per infilzare il posteriore dei mostri, tuttavia a questa e ad altre tecniche familiari si accodano dozzine di skill inedite che sfruttano il rinnovato arsenale, che combina armi bianche e da fuoco, alternabili durante il combattimento. A differenza dei comprimari il nostro avatar potrà inoltre destreggiarsi liberamente tra nove classi, ricorrendo a tutte le arti apprese in precedenza mentre sale di grado, acquisendone così di nuove, per set via via più studiati e micidiali. E se ronzare intorno al bersaglio eseguendo attacchi automatici e abilità a comando può sembrare monotono una volta carpite le tattiche vincenti, gioirete nel sapere che ora è possibile mirare ai singoli punti vitali, in modo da rompere e persino mozzare arti o appendici, al fine di menomare il malcapitato di turno e ottenere ricompense extra (in stile Monster Hunter per intenderci). Una trovata azzeccatissima a nostro dire, che rende le battaglie più dinamiche e incentiva il farming, e se anche questo non dovesse bastare, ci restano sempre centinaia di armi e armature con cui smanettare (costumi da bagno e scemenze incluse), ognuna dotata di peculiari proprietà e slot a cui abbinare perk e booster, le skill passive, gli urli del guerriero (curiosa introduzione che dà un senso di esistere agli sporadici QTE nel bel mezzo degli scontri), la modalità Turbo, morale e potenziale, TP e BP… E abbiamo già menzionato gli effetti del meteo? O delle sonde? Il livello BLADE? Il rapporto con i costruttori di NLA? Il crafting? C’è da perderci la testa, e non abbiamo neanche toccato l’argomento Skell.

Ah gli Skell, la parte migliore del titolo, nessun dubbio a riguardo. Tocca aspettare il capitolo 6 (ovvero metà campagna) prima di poterne pilotare uno, costano un patrimonio, esauriscono il carburante in un batter d’occhio, se si scassano l’assicurazione è lieta di spennarci per coprire le riparazioni, tyrant e bestioni taglia XL ci danno la caccia manco gli dovessimo dei soldi, ma cavolo se ne vale la pena, e i benefici non sono da meno: a bordo di un mech le dimensioni di Mira si fanno improvvisamente più minute, i tempi di percorrenza si riducono sensibilmente, raccogliere materiali diventa una passeggiata (merito delle hitbox maggiorate), cambiano le regole d’ingaggio, i limiti entro cui osare si dilatano, è possibile addirittura acciaccare i nemici più piccoli. E poi andiamo, il sinuoso modello di guida è uno spasso, il feedback restituito dal peso della struttura metallica è incredibile, così come la potenza degli attacchi, e la goduria non appena si sblocca il modulo di volo. Non temete, anche i robottoni sono ampiamente customizzabili, tra diversi chassis tra cui scegliere, un sacco di armi più o meno ortodosse (beam saber, cannoni laser, scudi energetici, granate, lanciarazzi, railgun, spadoni alti come palazzi…) da montare sui 10 slot liberi, e ricambi per la corazza. Noi non possiamo più farne a meno, guai a uscire di casa senza Skell (e questo potrebbe spiegare il nostro conto in banca perennemente in rosso NdR).

E infine nascosta in un angolino troviamo la componente online, un’appendice piuttosto che un comparto vero e proprio, un centro di condivisione e agevolazione, tanto trascurabile sulle prime quanto utile nelle fasi avanzate. La funzione più evidente, ovvero la pubblicazione di messaggi in-game tramite Miiverse, è il classico contentino social per peasant; quello che ci interessa davvero sono i buoni ricompensa, ottenibili partecipando ai raid di gruppo, che richiedono di eliminare un certo numero di mostri o recuperare un determinato quantitativo di risorse in un periodo di tempo limitato, o ancora completando le esclusive missioni di caccia dal terminale di rete, toste, ma comode per intascare in breve bel po’ di materiali. A che servono? A ottenere altri materiali, preferibilmente rari, scambiandoli a mo’ di punti della spesa, e fidatevi, ne avrete bisogno quando dovrete raccattare pezzi dai tyrant più pericolosi del gioco. E in caso di noie si possono sempre reclutare gli avatar degli altri giocatori connessi, dietro un piccolo compenso, e solo per qualche ora, tuttavia beccando quelli giusti vi sarete assicurati un’ora di grinding sfrenato. Tempi di connessione? Nulli, trattandosi in pratica di notifiche, peccato però per l’instabilità dei server.

FREEDOM COMES WITH A PRICE… OH, AND SAWANO

Ricordate i magnifici teaser di X? All’epoca le modeste capacità di Wii U erano ancora sconosciute, pertanto abbiamo creduto nel miracolo; poi sono trapelate le specifiche, e beh… tutto quello splendore è iniziato a sembrare sospetto, finché gli ultimi trailer non hanno infranto le ultime speranze: per renderizzare senza incertezze la ciclopica mappa di gioco, Monolith Soft è stata costretta a fare dei tagli sulle prestazioni, e anche belli pesanti. Non soltanto infatti X arranca ad una risoluzione di 720p per 30 frame al secondo (stabili per fortuna), ma deve fare i conti con texture slavate, ombre statiche, illuminazione ed effetti speciali ridotti all’osso, animazioni legnose, geometrie essenziali, e lunghi caricamenti, lacune che desterebbero perplessità pure sui sistemi di vecchia generazione; l’unico strappo alla regola è costituito dagli Skell, e tutto ciò che li riguarda, sui suoi beniamini la software house nipponica non ha accettato compromessi… e meno male! Dove però freddi numeri e dati tecnici rivelano un quadro desolante, X recupera terreno sul colpo d’occhio, sulla vibrante presentazione, e sotto questo punto di vista Mira non delude affatto, gli scorci mozzafiato che riesce a regalare sono uno spettacolo raro, particelle o meno. I vari data pack risolvono inoltre buona parte delle magagne legate ai lunghi tempi di caricamento (ci riferiamo alla versione retail, quella digitale ne è ovviamente esente), peccato non poter fare lo stesso per il resto (dammit Wii U!).

E come non spendere qualche parola sulla colonna sonora firmata Hiroyuki Sawano? Se ne è parlato così tanto di recente, c’è chi la ama alla follia, chi la detesta, chi neanche sa cosa sia un Sawano… Nel caso non si fosse capito, il sottoscritto appartiene al primo gruppo, tuttavia è doveroso fare una precisazione: è dal day one (Sol Levante s’intende) che il vicinato è costretto ad ascoltare non-stop l’OST del titolo, ma quest’adorazione è rivolta ai singoli in quanto elementi a sé stanti; trasposti in-game… meh, ci sarebbero un paio spigoli da sottolineare. Nel complesso, la scaletta proposta dal compositore giapponese ha dell’incredibile, in un’unica raccolta si affiancano timbri e musicalità di varia natura, talvolta combinati assieme, da cavalcate epicheggianti a sinfonie ambientali in linea con la tradizione del genere, tracce ora techno, ora più rockeggianti, alcune dalle note esotiche, quasi tribali, altre più cupe e avvolgenti, crescendo dal retrogusto nostalgico, motivetti allegri fortemente ritmati, melodie oniriche appena percettibili, brani orchestrali ed elettronici. Da brividi, non abbiamo altro da aggiungere. Le tracce d’accompagnamento, che ci terranno compagnia negli angoli più remoti di Mira, descrivono perfettamente l’atmosfera e gli stati d’animo trasmessi dal panorama, rendendo l’esplorazione ancora più piacevole di quanto già non lo sia; in battaglia invece la tensione viene mantenuta alta da un adeguato sottofondo energico (in compenso continuo a non sopportare le “rappate” NdR); cos’è che non funziona dunque? Ma naturalmente i frangenti più tranquilli e pacati (che occupano buona parte della sterile storyline), perché non puoi sparare pezzi impegnati come The Way durante un normalissimo dialogo, a volume tale poi da coprire le voci. È come guardare qualcuno lavarsi i denti con Hans Zimmer che ti martella i timpani, è fuori luogo, l’intera scena perde di significato, o finisci per perdere il filo ondeggiando a ritmo e canticchiando, e quando è finalmente richiesta un po’ di epicità… niente.

Immagine anteprima YouTube

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