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Zazie nel metrò: a spasso tra i giganti del Novecento

Creato il 20 ottobre 2011 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

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Zazie è una ragazzina terribile, vivace, sboccata e temporaneamente ospite a Parigi dallo zio Gabriel, di professione ballerina drag queen in un cabaret.
Zazie ha una sola ossessione: vedere (e prendere) il metrò.

È questa la linea principale di Zazie nel metrò, trasposizione a fumetti dell’omonimo romanzo di Raymond Queneau pubblicato per la prima volta nel 1959.
Clément Oubrerie, autore francese già premiato ad Angoulême 2006 con Aya de Yopougon (Rizzoli Lizard, 2009) su testi di Marguerite Abouet, si confronta non solo con un gigante della letteratura novecentesca, ma anche con uno dei mostri sacri della Nouvelle Vague. Nel 1960, infatti, Louis Malle, all’epoca ventottenne ma già vincitore di una Palma d’oro a Cannes e di un Premio Oscar, portava felicemente sul grande schermo la storia di Zazie e di una Parigi folle e animata da personaggi ambigui e macchiettistici.

Il romanzo di Queneau, a dispetto di un filo conduttore lineare, è un contenitore ampio per vicende collaterali, flashback e spunti che molto hanno tenuta occupata la critica letteraria. Sulle pagine di Zazie nel metrò si fanno largo riflessioni sull’omosessualità, sul pregiudizio, sulla morbosità e, non da ultimo, sull’essenza stessa del vivere moderno e sugli obiettivi di ciascun essere umano.
Il tutto inserito in una cornice linguistica sperimentale ed estrema, uno dei migliori frutti dell’OuLiPo, quell’Officina di Letteratura Potenziale che tanto ha dato in termini di rottura degli schemi della comunicazione letteraria.
Queneau usa giochi di parole e parentesi metatestuali, mescola i diversi strati della lingua francese, altera la trascrizione fonetica e raggiunge alti vertici di realismo e vivacità dialettica.

Zazie nel metrò: a spasso tra i giganti del Novecento> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="270" width="259" alt="Zazie nel metrò: a spasso tra i giganti del Novecento >> LoSpazioBianco" class="alignright size-full wp-image-37667" /> Zazie nel metrò, insomma, è un duro banco di prova per Oubrerie, che si trova a dover trasporre non solo una trama dai tanti significati sottili, ma anche una struttura testuale particolarmente complessa.
Oubrerie riesce a mantenere inalterato il ritmo narrativo, sacrificando intelligentemente alcuni passaggi e ottenendo una storia snella e adeguata al linguaggio fumettistico, filologicamente corretta e con poche licenze. Operazione non da poco, considerando, per esempio, che Paul Karasik, sceneggiatore di Città di vetro (dall’omonimo romanzo di Paul Auster) dichiarò di essersi affidato a un rapporto matematico tra il numero di pagine del romanzo e quello del futuro fumetto per mantenere lo stesso andamento dell’opera originaria.
Le scelte grafiche, in generale, evidenziano le esperienze precedenti dell’autore come illustratore di libri per l’infanzia. La fisionomia dei volti è asciutta, costruita con pochi segni e leggermente caricaturale, sebbene mai grottesca.
La concezione dei personaggi è tendenzialmente fedele al testo di Queneau, anche se nella figura di Gabriel si nota un debito verso il Philippe Noiret del film di Malle. Anche la colorazione, che procede per tinte tenui, denuncia un gusto rétro.

Zazie nel metrò: a spasso tra i giganti del Novecento> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="260" width="250" alt="Zazie nel metrò: a spasso tra i giganti del Novecento >> LoSpazioBianco" class="size-full wp-image-37665 alignleft" />Il tratto, caratterizzato da tantissime linee sottili, è piuttosto sporco e crea un effetto scarabocchio non sempre gradevole, ma adatto a una favola per adulti come questa.
La maggiore mancanza di questa trasposizione, tuttavia, è strutturale. Oubrerie non sperimenta, non innova e non cerca punti di rottura rispetto ai canoni fumettistici. Questa scelta, che in altre opere passerebbe inosservata, diventa qui un punto debole, soprattutto alla luce del film di Malle. Il regista, infatti, raccoglie la sfida di Queneau e forza il suo linguaggio di riferimento. Nella Zazie su pellicola troviamo sequenze ripetute e accelerate, giochi di montaggio, inserimenti animati, alterazioni del sonoro e altri esperimenti che, a distanza di oltre mezzo secolo, rendono il film ancora avanguardista.
Se Queneau, come ebbe a dire il critico Roland Barthes, è un autore che lotta con la letteratura, si può senz’altro affermare che Malle è un regista che lotta col cinema. Oubrerie, invece, rinuncia a lottare col suo medium, il fumetto.

Si sarebbe potuto osare di più, per esempio, nella costruzione della tavola, purtroppo ancorata a una suddivisione rigidamente ortogonale, oppure affidarsi a una commistione di stili. Una possibilità facilmente alla portata di Oubrerie, che nel 2008, durante la lavorazione del volume, pubblicava sul suo blog diverse soluzioni formali per le stesse vignette.

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Nota di merito per Viola Cagninelli, traduttrice dell’edizione italiana (Rizzoli Lizard) che, come sottolinea Stefano Bartezzaghi nell’introduzione, rende il testo in maniera più appropriata rispetto alla storica traduzione di Franco Fortini (per Einaudi).

Zazie nel metrò, in sostanza, è un lavoro onesto, che mantiene quel che promette, ma che, per eccesso di timore o umiltà, non fa il salto verso quell’orizzonte sperimentale che l’opera avrebbe meritato.

Abbiamo parlato di:
Zazie nel metrò
Clément Oubrerie, Raymond Queneau
Traduzione di Viola Cagninelli
Rizzoli Lizard, 2011
128 pagine, brossura con alette, colore – 16,00 €
ISBN: 9788817047883

Riferimenti:
Clément Oubrerie, il blog: clementoubrerie.blogspot.com


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