01/08/2014 Roma, palazzo Chigi, conferenza stampa di presentazione del decreto Sblocca Italia, nella fotonil ministro dell' economia Pier Carlo Padoan il presidente del Consiglio Matteo Renzi

Da Pukos

A dispetto di una informazione paludata che ci viene propinata dalla nostra Tv di Stato, a mettere in guardia gli italiani nei confronti di una legge Finanziaria che “utilizza al massimo gli spazi di flessibilità disponibili, riducendo esplicitamente i margini di protezione dei conti pubblici. E nel complesso sconta il carattere temporaneo di alcune coperture e il permanere di clausole di salvaguardia rinviate al futuro”, non sono i soliti gufi, o i più tenaci avversari politici del nostro Premier, ma un Organo dello Stato da sempre estremamente cauto e misurato nelle proprie valutazioni: la Corte dei Conti.

Nonostante Matteo Renzi, ma, per essere sinceri, anche tutti i Presidenti del Consiglio che l’hanno preceduto, avrebbero fatto volentieri a meno di questa Istituzione che, di fatto, è un Organo di controllo sulle entrate e sulle spese pubbliche all’interno del bilancio dello Stato, occorre riconoscere che la Corte dei Conti svolge un ruolo fondamentale per la democrazia di un Paese.

Ma cerchiamo ora di tradurre il linguaggio necessariamente burocratico utilizzato dalla Corte dei Conti riguarda alla legge Finanziaria emanata dal Governo.

Dire che “utilizza al massimo gli spazi di flessibilità disponibili” significa “utilizzare fino all’ultimo cent il credito che gli è stato concesso”, in pratica la Corte dei Conti sta dicendo che il Governo italiano si è comportato come quella persona che si reca in Banca per richiedere un prestito, riuscendo, dopo aver dato a garanzia l’ipoteca sulla propria casa, ad ottenere un fido fino ad un ammontare massimo di 10.000 euro. Tornando a casa, la prima cosa che fa questa persona, è staccare un assegno da 10.000 euro perché aveva un debito pregresso da saldare. Successivamente, però deve sostenere spese aggiuntive per cui si reca nuovamente in Banca e, dopo una annosa trattativa riesce ad ottenere dal direttore di Banca un allargamento del fido fino a 13.000 euro, ma con la clausola perentoria che non sarà tollerato lo sconfinamento da quanto accordato neppure per un solo centesimo. Ed ancora, tornando a casa, questa persona stacca immediatamente un altro assegno da 3.000 euro.

Per cui la precisazione che fa la Corte dei Conti “riducendo esplicitamente i margini di protezione dei conti pubblici” sta proprio a significare, proseguendo con l’esempio appena citato, che, anche se formalmente non sono stati violati i patti con il direttore di Banca, d’ora in poi ci si ritroverà in una situazione critica, nella quale non saremo in grado di sostenere qualunque spesa imprevista, nemmeno per un minimo importo.

Ma non finisce qui, aggiungendo “E nel complesso sconta il carattere temporaneo di alcune coperture e il permanere di clausole di salvaguardia rinviate al futuro” la Consulta ci mette in guardia rispetto al fatto che il “fido” che ci è stato concesso è solo temporaneo e qualora non fossimo in grado di restituirlo rischiamo che la Banca faccia valere l’ipoteca sulla casa messa in garanzia, ossia le cosiddette “clausole di salvaguardia”.

Tutto qui?

Macché, come al solito c’è di peggio.

La Corte dei Conti, infatti, non usa mezzi termini quando scrive inoltre “saranno necessari consistenti tagli di bilancio o aumenti di entrate a partire dal 2017”. In questo caso la “traduzione” non è necessaria perché non viene usato il burocratese, ognuno può ben comprendere quale spaventosa eredità ci lascerà il Governo Renzi, e non potremo neppure dire che non ci avevano avvertito.

Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro