Creato il 05 settembre 2015 da Filmedvd

Selezionato come rappresentante di Israele per l'Oscar come miglior film straniero e distribuito nelle sale italiane da Parthènos, è ora disponibile in edizione Dvd grazie a CG Entertainment , l'apprezzato dramma giudiziario scritto e diretto da Ronit e Shlomi Elkabetz (Ronit inoltre interpreta la protagonista femminile Viviane, dotata di uno sguardo di notevole potenza drammatica): il terzo capitolo di un'ideale trilogia iniziata nel 2004 con Prendere moglie e seguita da nel 2008 da Sette giorni nel 2008.

Viviane Ansalem si rivolge a un tribunale religioso di una non specificata località israeliana per ottenere il divorzio da Elisha. Nonostante siano già passati tre anni da quando la donna ha lasciato il tetto coniugale, il marito si ostina a non concederle il divorzio. Viviane è in un limbo, ostaggio di una legge che non le permette di rifarsi una vita e di avere altre relazioni finché il marito non si arrenderà alla fine del loro legame. I rabbini invitano Viviane a tornare a casa poiché sono garanti della "pace familiare" e non contemplano che un rapporto finisca per motivi che trascendono i precetti religiosi: Elisha, infatti, non è un uomo violento, coopera alla gestione domestica, è un buon padre ed è fedele.

Viviane nel suo silenzio comunica con i primi piani e gli sguardi in camera la sua esasperazione. Non conosciamo i motivi della sua ferma decisione di non tornare da Elisha, ma intuiamo che qualcosa nella coppia si è spezzato: un equilibrio che l'ottusità della legge non può tutelare perché non lo comprende. Solo dopo quasi un'ora la donna prende la parola e spiega le sue ragioni, fino a quel momento mai prese in considerazione. Uno dei rabbini la richiama all'ordine ("Stai al tuo posto, donna") e la discriminazione di genere, fino ad allora soltanto intuita, si palesa diventando la chiave di lettura dell'intero film.

I personaggi inquadrati vengono descritti con le parole dell'interlocutore e, come in un esperimento sociale, sembrano costretti a rispondere con lo sguardo nella totale assenza di musica. La storia si consuma (o meglio, consuma i suoi personaggi) nel corridoio e sempre nella stessa aula di tribunale, le cui porte saranno aperte solo alla fine. Protagonisti indiscussi della fotografia sono i particolari fisici dei personaggi, circondati da ampie macchie di colori neutri a eccezione degli indumenti di Viviane, unico personaggio davvero "vivo" nonostante il suo silenzio.

Le unità di luogo, tempo e azione sembrano ricalcare i precetti aristotelici della messa in scena teatrale: una tragedia contemporanea e assurda che vive della dicotomia fra la ieraticità della legge istraeliana e la disarmante umanità della vita vera. Viviane, come una moderna Antigone, rappresenta non solo la donna israeliana, ma la donna prigioniera di leggi fatte dagli uomini. Combatte con la perseveranza la forza della Parola che, secondo un retaggio culturale e religioso ebraico, impone l'ordine al caos del mondo. Gett, titolo originale del film, significa "divorzio" in ebraico.

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