Palazzo. Interno, giorno. Saggi discutono attorno a un tavolo – tavolo bellissimo – di legge elettorale. Tramestio, si spalanca la porta, entra la canaglia e fa carneficina. Qualcuno si lascia andare ad atti di cannibalismo…
Resta solo da scegliere il regista, e questo è un bel problema. Per come tira il mercato, la tentazione sarebbe quella di affidarsi a Tarantino, che però affogherebbe l’allegoria nel sangue, budella appese ai lampadari, tutto già visto. Si potrebbe rimediare con un Greenaway, ma il rischio è che ne venga fuori una robetta troppo algida. Buñuel, peccato, è morto. Lascerei perdere Almodovar, appiattirebbe tutto a melodramma pop. Tra i nostri, non vedo chi (la tentazione sarebbe Sorrentino, ma ormai ha già dato). Insomma, abbiamo questa magnifica sceneggiatura, dialoghi limati a puntino, attori che febbricitano in attesa del primo ciak, una marea di comparse che il produttore neanche ha fatto una piega quando ha saputo il costo dei cestini, e ci manca il regista, puttana la miseria zozza.
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