Per inciso: le cose per quello che sono possono essere tutto rimanendo nel loro deserto: dalla solitudine più isolata al grande amore, dalla sessualità che dura dieci minuti al corpo della madre che fa ombra a quello dei figli, dalla fragilità di un uomo alla vertigine castissima di una donna. Le cose per quello che sono, sono l’universo tutto a patto che non siano speculari a qualcosa che non ci appartiene. Ci sono fantasie che non ci appartengono e altre che invece tengono insieme la realtà meglio delle azioni, e i poeti si confondono, perché restano a ogni età Dioniso bambino che gioca con lo specchio nell’attesa che i Titani lo smembrino. Ciò che è insopportabile, che ustiona la poesia e la rende nera come la pece anche quando tratta di tramonti o quando si avvicina a un non senso limitrofo al nulla, è la protervia di credersi poeti, come se poeta sia più che persona. Poeta è solo persona piena, integra. Il primo mulino a vento contro cui battersi è questo, “il creduto di sapere” quello che crediamo di noi, e che si confonde con quello che vorremmo lasciare intendere scrivendo soltanto un dettato dalle nostre insicurezze travestito da asserzione. Un poeta è una persona nuda per via dello studio di non agire sull’immagine di sé, e quella resta semplicemente viva, se egli è poeta.
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