07. Libertà, convinzioni profonde e sacrificio.

Da Graziano

Riprendo la pubblicazione degli appunti dal primo seminario sulla Bhagavadgita tenuto da Matsyavatara nell’aprile 2010 con la settima lezione sulla centralità ed evoluzione del concetto di “sacrificio” dai Vada alla Bhagavadgita.
In questa settima lezione Marco Ferrini affronta un argomento spinoso. Fino a qui ci è stato detto che la peculiarità della situazione umana rispetto agli altri esseri, è quel libero arbitrio che permette all’uomo la scelta tra una scala di note dall’asura al deva. Ora invece ci viene spiegato che in realtà l’uomo non è poi così libero, poiché, in quanto incarnato, subisce i più disparati condizionamenti e le sue scelte, solo apparentemente libere, sono da questi ispirate. Vi sono forze della natura, i guna e forze socio-storiche nella società che determinano quelle convinzioni profonde che a loro volta indirizzano il sentire, il pensare e l’agire dell’essere umano. La via d’uscita, che pure ci deve essere se postuliamo un’evoluzione anche solo psichica, si colloca ad un livello diverso dalla conoscenza e dall’intelletto: sta nel pensiero ispirato. Ordinariamente però l’uomo si muove secondo automatismi di cui non è cosciente, credendo di fare scelte in libertà, ma la libertà sta piuttosto nel far emergere alla coscienza queste spinte inconsce sedimentate dalle tendenze naturali e dai condizionamenti sociali.
La Bhagavadgita supera la filosofia come la intendiamo normalmente, perché accanto alla puntuale descrizione degli innumerevoli meccanismi psichici e dinamiche sociali che occupano l’umanità, tratta di quel sapere ispirato (vidya), che è diverso dalla conoscenza intellettuale (jnana) e lo fa con lo strumento fondativo della religiosità dei Veda, il sacrificio. Attraverso il sacrificio infatti l’uomo ha accesso all’altra dimensione, scioglie i meccanismi coatti che lo legano all’ego e, a prescindere dal livello di coscienza di partenza, sviluppa un agire che a sua volta stimola la coscienza in senso sattvico. Il sacrificio è lo strumento che “sfonda” la dimensione terrena e permette di collegarsi al cielo. Nella Bhagavadgita sono riepilogati i vari tipi di sacrificio legittimati dalla dottrina dei Veda, accessibili alla moltitudine degli umani nelle loro infinite sfumature di coscienza, ma Krishna consiglia ad Arjuna l’azione nell’ambito del proprio swadharma, compiuta per dovere, senza la bramosia dei frutti che questa porterà: qui il sacrificio non è l’oblazione nel fuoco né la rinuncia ascetica dello yogi, il sacrificio che Krishna chiede ad Arjuna nella Bhagavadgita è il distacco dal frutto dell’azione che equivale a compiere al meglio il proprio dovere nell’ambito familiare e sociale in cui ci veniamo a trovare, poiché questo “trovarsi” non è casuale ma dipende dal karma, ovvero prendersi la responsabilità del proprio destino è farsi carico del proprio karma e purificarsi all’interno di un’etica della responsabilità.
Graziano Rinaldi

Divinità, umanità e natura.
di Marco Ferrini
Appunti direttamente dalla lezione a cura di  Graziano Rinaldi

Settima lezione
4 aprile 2010 pomeriggio
   La filosofia occidentale riguarda la capacità di concettualizzare in maniera astratta, separata dall’utilizzo che se ne fa. Nella BG è diverso, si tratta di una filosofia perenne, costantemente ausiliare alle scelte della nostra vita: noi scegliamo in base alle convinzioni, e le convinzioni al livello più profondo sono proprio la filosofia di vita. La filosofia è l’impresa dell’intelletto umano essa fornisce la base a ogni stile di vita che dipende dalle convinzioni profonde che la persona si è data, spesso i problemi più gravi nella vita provengono proprio dalle convinzioni profonde e proprio lì c’è da fare un lavoro. Quello che è emotivo, sentimentale, appare immediatamente alla nostra investigazione del perché della sofferenza e del malessere, è quel che sta profondamente radicato nell’intelletto e che sul piano individuale sfocia nell’inconscio individuale, su cui bisogna lavorare, sono i meccanismi fondati su convinzioni le cui motivazioni sono situate a livello molto profondo. La BG che si occupa degli abissi della mete e delle vette della coscienza, non si occupa solo di ciò che è stato rimosso e giace nelle pieghe più profonde della psiche, ma si occupa delle intuizioni che avvengono nei cieli più alti della psiche, la BG è valida per risolvere problemi che giacciono nelle profondità dell’inconscio e per accedere a strumenti efficaci che possono essere acquisiti solo elevando la coscienza ai livelli più alti. Questa conoscenza intuitiva è antipoidea ai comportamenti coatti, alle spinte inconsce.
La coscienza ordinaria si trova tra il pensiero ispirato (dhi da cui dhiana, meditazione) e quello automatico, è lo sganciamento dal pensiero automatico in cui vivono costantemente le persone condizionate che credono di pensare e decidere ma che invece sono una serie di reazioni che le portano a fare quel lavoro a prendere quel coniuge, quella amicizia, ecc. a seconda di come operano i samskara. A”decidere” è la parte più bassa, i klesha, i condizionamenti, che sono al fondo della coscienza ordinaria, per cui la libertà del comportamento è una “libertà limitata” dai condizionamenti per lo più inconsci.1
La filosofia si occupa della conoscenza nella coscienza ordinaria ma riesce anche ad innalzare il pensiero fino all’ispirazione, quando la filosofia si occupa dei sensi vola bassa, ma quando è ispirata il discorso è diverso, intuisce realtà superiori di cui la filosofia non può occuparsi (il trascendente non può essere indagato dall’intelletto), l’intelletto umano si misura nella filosofia e dalla filosofia e a diventare teologia il passo è breve.
La Gita conserva tutte le tradizioni religiose vediche. Nei sacrifici del fuoco sono le prime religiosità, il primo inno del Rig Veda è dedicato ad Agni Dio del fuoco, ma ci sono anche Indra Dio delle Acque e Vishnu la divinità che a tutto sovrintende e che dimora nel cielo più alto. Vishnu è anche il Signore del sacrificio e siccome tutta la religiosità vedica ruota intorno al sacrificio il cui cardine è il fuoco sacrificale. I Veda incoraggiano qualsiasi sacrificio perché attraverso il sacrificio si ottiene una sublimazione del desiderio che ha generato il sacrificio stesso. Il sacrificio è il motore della scala mobile dell’evoluzione dell’umanità. Nei Veda ci sono anche sacrifici ctoni. I veda non sono tutti elevati, perché i Veda provvedono ad ogni categoria umana, anche a quelle più tamasiche. Tutte le categorie comunque sono considerate “religiose”, perché è il contatto col sacrificio che permette, a prescindere dal livello di coscienza del soggetto, di incominciare a purificarsi. Ecco perché agli occidentali appare incomprensibile che Shiva accolga certi devoti e certe preghiere, proprio per l’idea che ci siamo fatti della religione.
La Bg è un compendio di tutta la spiritualità e religiosità dei Veda, per cui tutte le tradizioni religiose presenti in tempo vedico hanno una loro traccia nella BG.
IV, 38. Pitagora fu il primo nell’occidente a dichiararsi “filosofo”, innamorato della conoscenza, stabilì un certo comportamento di vita, a chi lo voleva seguire gli veniva imposta una disciplina. La filosofia in oriente è iniziata molto prima del IV sec. a. C. e si chiamava Vidya. Filosofia e scienza si descrivevano con lo stesso vocabolo, jnana è la semplice conoscenza da cui deriva gnosi, vidya è un sapere ordinato, scientifico, applicato ai fenomeni, il vidyapati, colui che possiede e protegge vidya è uno che si muove in una certa maniera, è il rishi, l’illuminato, colui che ha “sentito”, che ha visto, ma non con gli occhi, colui che ha avuto una visione scaturita dall’interno (darshana).
Prima dell’opera omerica in Grecia non c’è niente, siamo quindi autorizzati a credere che ci sia una produzione letteraria e filosofica che la precede, e si pensa sia il Mahabharata insieme a molte altre opere come le upanishad, aranyaka, samita, che hanno informato il mondo di allora su realtà superiori. Se lo speculare umano parte dalla rivelazione, come negli shad darshana, ecco che da qui nascono le varie religioni, tutte nascono sulle speculazioni della shruti, della rivelazione.
XVII, 3-4-5-6. Uno crede di scegliere una fede! In realtà subisce l’influenza della Natura (guna), non è dunque libera. A secondo con quali guna interagisce l’essere vivente si muove nel mondo. La persona, con le infinite modalità, dalla più distruttiva alla più costruttiva, è nell’influenza che ha fatto un imprinting nella sua psiche. Notare la scientificità della BG! Nella Bg non c’è spazio per il fatalismo, si può partire da qualsiasi stato coscienziale per mettere mano ad una soluzione.
IV, 25-30. L’acquisizione di un sapere si ottiene in uno spirito di umiltà, di indagine, di interesse, e attraverso il servizio, perché se uno non serve vuol dire che è troppo occupato a servire se stesso, infatti il servizio è la modalità attraverso al quale si supera l’ego.
In questi shloka Krishna illustra ad Arjuna anche le vie di realizzazione degli antichi, quelli non più in essere ai tempi in cui viene rivelata la BG. La via per raggiungere un livello che sta al di sopra della percezione sensoriale e quindi della dipendenza dal nutrimento ordinario può essere superato, ma nessuno di questi metodi Krishna raccomanda ad Arjuna. Tutti coloro che conoscono lo scopo del sacrificio si elevano.
Agire per senso del dovere, perché ci siamo assunti la responsabilità, senza aspettative: è agire in sattva, il farlo non implica più chiederci se ci piace, nel farlo bene si sviluppa il gusto per farlo bene e questo gusto ci eleva la coscienza. Non si guarisce subito dalla passione, il gusto che stiamo cercando non è a buon mercato e ciò che non si ama profondamente lo si perde come ciò che si conquista in fretta lo si perde altrettanto presto. Nel XVII Krishna spiega la fede, il sacrificio e la carità secondo le tre nature.

Domande:
1. Le passioni nella bhakti, per arrivare ad un gusto superiore le passioni vanno superate, ma quando l’amore per Dio si manifesta si tira dietro le passioni?
La bhakti appare come un paradosso, un sistema elementare per persone sempliciotte, perché è regolato da una serie di ingiunzioni per le quali il bhakta sembra un bambino a scuola, questo all’osservatore superficiale. All’inizio la bhakti non si muove per forza propria, la devozione amorosa è un progetto, un’aspirazione, quindi queste regolette sono stampelle per sviluppare il progetto, rinunciare a questo e a quello appare come riduttivo, pare che assomigli ad altre vie estremamente ascetiche, ma non è questo il fine della bhakti, questo è l’inizio. Il primo lavoro da fare è, nel progetto della bhakti, togliere le erbacce, chi ha ricevuto l’iniziazione ha ricevuto un seme nel cuore, ma deve togliere l’erbe infestanti e pian piano il bisogno di queste regole diventa sempre minore. Una volta che la pianticella della bhakti è diventata un albero robusto dalla folta chioma, le erbacce non crescono neanche più, perché la chioma fa ombra e le radici drenano per sé il nutrimento e la luce. Quando la bhakti diventa prema si protegge di per sé, ma all’inizio no. All’inizio è tutto un lavoro di protezione, di sradicamento di erbe infestanti, all’inizio c’è l’aspirazione ad un amore cosmico, svincolato dalle condizioni del mondo, ma non c’è ancora la libertà la giustizia. Quando la bhakti si è sviluppata, tutte le passioni a cui rinunciavamo all’inizio quando la bhakti non c’era, vengono di nuovo utilizzate tutte. Il desiderio l’attaccamento, ecc. non è più l’ego che desidera ottenere queste cose, è l’anima! Questo è l’aspetto trascendente della bhakti.
XVIII, 54. senza nostalgie né rimpianti, perché il gusto è un’altro e vola in cieli celesti; non c’è più bramosia, quindi non c’è né passato né presente ma solo un eterno presente in cui vive l’Essere.

2. Ruolo degli asura.
E’ vero che gli asura fanno parte di questo gioco cosmico ma è meglio giocarlo da illuminati! Il dolore, la sofferenza, l’angoscia… la paura, se dovessimo entrare nel gioco Mahabaratiano sarebbe meglio essere amici di Yudishtira piuttosto che di Duryodana.


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