Sarà
la magistratura a chiarire cosa sia realmente accaduto a Rione Traiano, ma fin
d’ora un fatto è certo: quello sul petto del cadavere è un foro d’entrata. Questo
smentisce chi ha dichiarato fosse sul posto quando il proiettile è partito dall’arma,
affermando che la vittima volgesse le spalle a chi ha sparato. Si tratta del
giovane che s’è spontaneamente presentato alle telecamere del Tg2 per dire
fosse lui il terzo uomo in sella al motociclo cui i carabinieri avevano
intimato l’alt, non il latitante di cui questi erano sulle tracce. È evidente
che quanto ha detto non trova riscontro, e questo solleva più d’un dubbio sulla
sua versione dei fatti.
Era davvero in sella a quel motociclo, insieme alla
vittima e al pregiudicato che di lì a poco sarebbe stato arrestato? Può darsi,
ma ha detto anche di essere subito scappato via quando la gazzella dei
carabinieri è finalmente riuscita a interrompere la loro fuga, sicché è
molto probabile non fosse nelle immediate vicinanze della scena sulla quale
andava consumandosi il tragico evento: e allora perché inventarsi di sana
pianta un dettaglio tutto sommato irrilevante al fine di addossare l’intenzionalità del gesto al
carabiniere che ha sparato, e comunque smentibile in fase peritale?
Domanda che si pone anche nel caso fosse in
prossimità del luogo in cui sono accaduti i fatti, anche se non su quel motociclo,
sul quale dunque è assai probabile ci fosse davvero il latitante poi resosi
irreperibile. Sostituirsi a lui alleggerirebbe di poco la sua posizione nei confronti della giustizia, ma appesantirebbe quella del carabiniere dalla cui arma è partito il colpo: alla intenzionalità di uccidere, che a Rione Traiano già pare essere prova provata, si aggiungerebbe l’errore di persona, che renderebbe due volte colpevole chi ha sparato.
La più inquietante delle possibilità, tuttavia, è la terza, cioè che fosse
altrove, e qui sulle ragioni che l’avrebbero spinto a dichiarare il falso s’aprirebbe
un ricco ventaglio di ipotesi, ma tutte avrebbero in comune con le altre due l’intento
di caricare di infamia una volontarietà dell’omicidio, che peraltro è tutta da
dimostrare. Intento che in tutti e tre i casi, però, rivela l’ostilità già più volte
dimostrata nei confronti delle forze dell’ordine a Rione Traiano.
Come
rappresentanti di quello Stato al quale è fin troppo comodo addebitare più
colpe di quante ne abbia, per liberarsi delle proprie? Come il solo e in ogni
caso inefficace presidio contro la delinquenza organizzata che su quel territorio
esercita un potere pressoché incontrastato? C’è da presumere si tratti di
entrambe le cose, di fatto contro la delinquenza che spadroneggia in quel quartiere non s’è mai vista neanche l’ombra dell’indignazione sollevatasi in questi giorni.