Prof. De Paoli, tra gli incentivi all’efficienza energetica attualmente in corso quali sono a suo parere i più efficaci in termini di costi-benefici?
Se ragioniamo in termini di analisi costi-benefici, la tipologia di incentivazione più efficace tra quelle attuali è quella dei Certificati Bianchi. Ovviamente però presentano anch’essi una serie di problemi, dal momento che si è già intervenuto sui risparmi più facili da ottenere – pensiamo ad esempio all’efficientamento nell’illuminazione – ed occorre ora agire attraverso interventi di dimensioni più consistenti, di più difficile realizzazione.
A suo parere quali sono i canali/strumenti di comunicazione più efficaci per fornire un’informazione adeguata su tecnologie e comportamenti?
Partendo dal presupposto che quello dell’efficienza energetica è un problema multidimensionale occorre distinguere tra i vari settori – industria, pubblica amministrazione, mass market (famiglie e consumatori domestici) – perché ognuno di essi necessita approcci differenti.
Analizzando ad esempio il settore residenziale domestico, e nella fattispecie l’incentivazione agli interventi di efficientamento energetico a livello condominiale, ritengo che un’efficacie sensibilizzazione degli amministratori di condominio potrebbe portare buoni risultati. Gli amministratori rappresentano infatti il tramite diretto con il condomino ed è importante che ad essi venga garantita una formazione appropriata che consenta loro di comunicare in maniera esaustiva tutte le potenzialità derivanti dall’efficienza energetica.
Rimanendo sempre in ambito domestico, ma spostandoci su altre forme di risparmio – come ad esempio la sostituzione dei vecchi elettrodomestici, piuttosto che l’adozione di comportamenti domestici più virtuosi – credo che i canali tradizionali del mass market, se ben applicati, possano avere una buona efficacia. Pensiamo ad esempio alle campagne televisive di sensibilizzazione promosse dalla Presidenza del Consiglio: una campagna di questo tipo sull’efficienza energetica potrebbe rivelarsi efficace purché dia al consumatore dei suggerimenti effettivi ed illustri nella pratica quali sono i benefici ottenibili, sia a livello energetico che economico.
In tal senso, anche sul fronte del labelling, ovvero dell’etichettatura degli elettrodomestici, bisognerebbe pensare ad etichette che siano più significative e diano modo ai consumatori di quantificare anche in termini monetari i risparmi ottenibili acquistando un elettrodomestico di classe A+++ piuttosto che uno di classe C.
Per quanto riguarda invece il settore industriale, dovrebbero essere le associazioni di categoria a farsi portavoce dell’efficienza energetica, non puramente a livello normativo, ma diffondendo benchmark ai quali ispirarsi e segnalando nella pratica come operare.
A che punto siamo nel raggiungimento dell’obiettivo di efficienza energetica fissato dalla SEN (risparmio di 20Mtep al 2020)?
Dovremmo essere a buon punto: secondo le prime stime, nel 2013 i consumi energetici primari del nostro Paese, escludendo gli usi non energetici, sono stati di 160-163 Mtep contro i 170 del 2012.
Anche nei primi mesi del 2014 la domanda energetica di elettricità e gas è sensibilmente diminuita del 4% rispetto al primo trimestre del 2013. Ci si sta perciò avviando verso l’obiettivo fissato dalla SEN di 158 Mtep al 2020, anche se ovviamente un grande contributo alla riduzione dei consumi è dato dalla crisi economica la cui prosecuzione non è certo negli auspici del Governo.
Alcuni studi dichiarano che le potenzialità di risparmio energetico economicamente giustificato sono superiori al 20%. E’ d’accordo?
In primis ritengo che sia estremamente importante effettuare una distinzione tra il potenziale teorico di risparmio ed il conseguimento effettivo di tale potenziale.
Stando ai dati ingegneristici, ridurre in termini assoluti il consumo di energia del 20% è infatti possibile, ma nella realtà ottenere una quantità di risparmio significativa non è così facile. In molti casi infatti il risparmio energetico è ottenibile solo investendo nel rinnovo del parco di apparecchi o impianti, ma è molto improbabile che si scelga di sostituire o rinnovare un apparecchio unicamente sulla spinta dell’efficienza energetica.
Per le famiglie e le imprese ciò che conta è la riduzione dei costi tenendo conto delle disponibilità finanziarie possedute o ottenibili tramite finanziamento esterno.
Vedo quindi con un po’ di scetticismo il conseguimento effettivo del risparmio energetico del 20%, a meno che non si riduca il consumo di energia per altre ragioni, ad esempio tramite la riduzione dell’attività delle industrie energy intensive, ma questo non rappresenterebbe un segnale positivo, bensì una perdita in competitività.
Il 2013 ha registrato una riduzione dell’intensità energetica di circa il 2%. È un dato positivo sul fronte dell’efficienza energetica?
Sul fronte dell’efficienza energetica sì: l’intensità energetica indica infatti il rapporto tra l’energia consumata ed il PIL. Se l’intensità energetica diminuisce, vuol dire che l’efficienza energetica aumenta. Non possiamo però dimenticare che, a fronte della riduzione dell’intensità energetica del 2%, nel 2013 vi è stato anche un calo del PIL dell’1,9% a causa della forte crisi che sta affliggendo il nostro Paese e che sta colpendo particolarmente il settore industriale e delle costruzioni che nel 2013 hanno avuto un calo del loro VA rispettivamente del 3,2% e del 5,9%.
La positività del dato sul fronte dell’efficienza energetica va quindi presa con molta cautela dal momento che può essere un segnale preoccupante della perdita di competitività industriale del Paese.
Non va infine tralasciato che il 2013 è stato un anno climaticamente mite, per cui parte della riduzione dell’intensità energetica è da imputarsi anche ai minori consumi per il riscaldamento.
Quali sono le principali barriere alla diffusione dell’efficienza energetica?
La barriera informativa e della scarsa cultura energetica rappresenta certamente uno tra i principali ostacoli al raggiungimento dell’efficienza energetica.
Occorre infatti una reale conoscenza del problema in modo da disegnare strumenti adatti ad affrontarlo. Serve quindi una conoscenza che parli. Pensiamo ad esempio all’energy labelling: oltre a conoscere la classe energetica dei propri acquisti, i consumatori dovrebbero ricevere informazioni tangibili e percettibili in termini di risparmio energetico ed economico.
Talora subentrano inoltre problemi di “credibilità” dell’informazione, come nel caso dell’energy audit, o di incertezza, ad esempio per quanto riguarda l’andamento del prezzo dell’energia. Incertezza che talvolta si trasforma in una mancata propensione all’investimento ove il soggetto utilizzi capitale proprio.
Ove il soggetto non abbia accesso diretto al credito, potrebbe subentrare la barriera finanziaria. Riuscire infatti ad ottenere un finanziamento ad hoc per l’efficienza energetica può spesso risultare complicato, sia per l’industria che per il privato.
Per il finanziamento all’industria risulta infatti difficile ricorrere al project financing per la mancanza di standardizzazione degli interventi, per l’insufficiente capacità di valutazione o per la difficoltà di enucleazione di un rischio specifico rispetto al rischio di impresa. Anche il privato può avere difficoltà a finanziare gli investimenti specie quando sono rilevanti e a lungo tempo di ritorno (pensiamo ad esempio ai restauri edilizi). E’ importante quindi ricercare nuove soluzioni e sistemi che possano agevolare l’accesso al credito.
Un altro problema è quello della scarsa rilevanza che può avere l’efficienza energetica a livello microeconomico. Essa è infatti molto spesso il risultato di tante scelte che sommate l’una con l’altra portano ad un risparmio energetico rilevante, ma che viste singolarmente possono apparire agli occhi dei decisori irrisorie e pertanto vengono trascurate.
In ogni caso, per far fronte a tutte queste barriere – che naturalmente assumono connotati differenti che si tratti di privato, industria o PA – non esiste un unico strumento, ma occorre agire su più fronti in maniera intelligente.
Riqualificazione energetico ambientale degli edifici: quali sono le reali potenzialità di risparmio? In che percentuale incidono sul target fissato dalla SEN dei 20Mtep?
Dal residenziale la SEN si attende risultati importanti. Si ritiene infatti che dalla riqualificazione energetico ambientale degli edifici possa derivare circa un terzo del target di risparmio energetico fissato dalla SEN.
Bisogna poi distinguere tra residenziale domestico e residenziale per i servizi e per la PA. Quest’ultimo settore ha una potenzialità minore, ma è più facile da attaccare perché il numero di soggetti è minore e con edifici di grandi dimensioni.
L’UE con la direttiva sull’efficienza energetica del 2012 ha puntato decisamente sugli interventi di efficientamento degli edifici pubblici. Occorre però trovare soluzioni organizzative che permettano di realizzare tali interventi coinvolgendo investitori privati, a supporto del settore pubblico dove i fondi per l’efficienza scarseggiano. Ma alcune esperienze positive sono in marcia: l’iniziativa della Provincia di Milano per l’efficientamento di alcune scuole potrebbe essere replicata anche altrove.
Per saperne di più consulta la
presentazione del Prof. De Paoli "EFFICIENZA ENERGETICA: GOVERNANCE, STRUMENTI E MERCATO"
presentata il 12 marzo 2014
in occasione del workshop di lancio della "Ricerca Annuale sull'Efficienza Energetica" firmata dagli Accademici del Laboratorio di Efficienza Energetica di EnergyLab.