Il profumo dei rami di abete, l’aroma delle cortecce di cannella arrotolate inserite tra le fronde, misto a quello delle bucce di arancia o mandarino messe a essiccare sulla stufa, dentro la quale crepitava la legna.
La fiammella della prima candela ondeggiava allegramente, sembrava quasi volesse danzare nella stanza oscurata per l’evenienza.
Attendevo la neve, guardando fuori dalle finestre appannate dal vapore. Anche l’atmosfera in casa era più intima: niente lampade intense come oggi, ma una luminosità soffusa.
Questi sono ricordi che restano, tradizioni acquisite da mia madre, che a sua volta le aveva ereditate da suo padre, e che io ho tramandato ai miei due ragazzi. In Natale allora diventa solo un’occasione per ricollegarci alle persone che amiamo, un legame di affetto indissolubile.
Ora l’abete non ha più lo stesso profumo e non c’è più la stufa per far seccare le bucce delle arance (sul termosifone non raggiunge lo stesso risultato, i vetri termici non si offuscano più e purtroppo anche molte delle persone che amiamo non ci sono più o sono lontane, ma questa consuetudine serve anche a tenerne vivo il ricordo.
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