Potendo
scegliere – anzi, no, diciamo: costretti a scegliere –
preferireste che vostra madre, vostra moglie, vostra figlia fosse
molestata, aggredita, stuprata da un senegalese, da un rumeno, da un
canadese o da un vostro connazionale? Domanda stronza, vero? Concordo, ma è
che resto ai margini della questione sollevata dai fatti di Colonia
incapace di affrontarla come pare sia d’obbligo,
e onestamente mi pare che sia posta in modo davvero infelice, quasi a volerla rendere irrisolvibile, buona tutt’al
più a rimarcare posizioni di principio, irriducibili. Più in
generale, mi pare che questo accada per quasi tutte le questioni
sollevate, più o meno direttamente, dal processo di trasformazione cui le nostre società
occidentali sono indotte dal fenomeno migratorio. E mi chiedo quanto vi sia di intenzionale.
Per quanto attiene
al terrorismo di matrice islamista, ad esempio, mi verrebbe da
chiedere: costretti a scegliere, preferireste morire sotto i colpi di
un AK-47 imbracciato da un autoctono o da
un allogeno? Per meglio dire: costretti a dover subire una morte
violenta, considerereste rilevante che a farvi fuori sia un pazzo
uscito da una madrasa wahhabita o da un college dell’Oregon? Se sì,
preferisco restar fuori dalla discussione. Se invece non vi fa
differenza, parliamo pure, ma liberando il problema dal bozzolo in
cui è stato avvolto dall’isterica logica emergenziale.
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