Ora arrivano le punizioni corporali. Succede alla Abercrombie, frequentatissimo negozio di moda a Milano con 200 dipendenti ufficiali (ma sembra siano oltre un migliaio). Molti, dice la Filcams Cgil, sono lavoratori a chiamata, assunti (si fa per dire) quando servono. Tutti belli, impeccabili, pronti e scattanti. E quando sbagliano ecco il monito implacabile. Sono costretti a eseguire sull’istante dieci flessioni se sono maschi. Se sono femmine la pena consiste in dieci esercizi diffusi nelle palestre per rafforzare i glutei. Li chiamano “squat” e formano sederi pimpanti.
Perché questa ginnastica forzata? Per rammentare al giovane lavoratore che non deve sgarrare, non deve distrarsi, deve servire il padrone (pardon l'impresa) anima e corpo. Altro che ritorno ai tempi del cottimo. Non bastavano i contratti precari, la mancanza di ferie, i giorni di malattia non pagati, il mutuo negato alle banche, un futuro inimmaginabile, una vita flessibile. Ora anche il corpo si deve piegare davanti a tutti, per dieci volte, una sottile tortura, una berlina umiliante.
Non è un'invenzione letteraria. Lo ha scoperto una cronista del “Corriere della sera”, Rita Querzè. Ma di quali errori si tratta? Spiega la cronista: "Non hai eseguito un ordine alla perfezione? Non rispondi con sufficiente solerzia quando viene richiamata la tua attenzione?". Ecco a quel punto scatta la punizione. Una mail interna puntualizza le inadempienze: "radio non presidiata, compiti non eseguiti o non completati".
Ecco ci mancava anche questo nel panorama delle relazioni tra capitale e lavoro. Marchionne potrebbe aggiungere ai suoi diktat anche qualche punizione corporale per gli iscritti alla Fiom o per chi legge l’Unità di nascosto. E la ministra Fornero potrebbe portare al tavolo delle trattative sulla famosa riforma del lavoro anche l’esempio della Abercrombie. Trattasi in fondo, davvero, di flessibilità. Quella cattiva?