Nasce così questa interessante antologia che declina dunque in dieci modi diversi il rapporto tra vita e alcool. Dieci modi in cui l'alcool può intervenire all'interno di un'esistenza o solo di una situazione di essa e segnarle comunque per sempre. Quello che ne esce - manco a dirlo - non è un panorama consolante. La bottiglia figura quasi sempre come il profilo vetroso di un terzo incomodo all'interno di una coppia (Gli eroi perfetti, Il guscio vuoto), di un fantasma ostinato difficile da esorcizzare (Jet Lag), o ancora come un tapis-roulant con il quale ci si può soltanto illudere di correre via dalle brutture della vita (Sogni andati a male, L'amore reclinato). A volte accadono tutte le cose insieme. Comunque sia, l'alcool risulta distruttivo anche quando non viene bevuto, ma soltanto venduto (Limoncello). Ma ci sono anche altri casi contemplabili, come quello in cui l'alcool può essere il catalizzatore di storie alternative (Bere una bottiglia nel multiverso), come pure di ricordi di amori perduti (Caduta. Libera) o il simbolo di un festeggiamento difficile da realizzare (Tulipani), o infine l'oggetto di una privazione che nemmeno il suo essere a fin di bene, alla fine trova un'adeguata ragione d'essere (Una questione d'orgoglio o di estetica).
Complessivamente i racconti dell'antologia, ciascuno con i propri stili e le proprie modalità espressive, riescono nel loro intento di mettere in scena con un'alta qualità letteraria la difficoltà della sobrietà della vita di cui l'alcool è a volte testimone e a volte complice. Citerò qui solo i tre che mi hanno colpito più di tutti, in ordine rigorosamente di apparizione. Jet Lag, di Claudia Durastanti. Una scrittura briosa, sempre mantenuta su un equilibrio quasi miracoloso tra commedia e tragedia, sulla difficile esistenza di una rockstar tra questioni familiari irrisolte e l'impossibilità di trovare un rapporto stabile. Gli eroi perfetti, di Fabio Viola. La relazione quasi surreale (ma terribilmente reale) di una coppia moderna, che non riesce mai a incontrarsi veramente, e nemmeno a comunicare davvero, se non nel sesso o quanto meno nella prospettiva di esso. L'amore reclinato, di Paolo Zardi. Tristissima discesa negli abissi di un uomo abbandonato, come un reduce di una guerra perduta, che ha smarrito la bussola e l'unico antidoto che trova sul suo orizzonte è quello dell'abbruttimento di se stesso. Perché, come dice lo stesso Zardi nel suo racconto, in una perfetta sintesi del volume: «L’unità di misura del dolore degli esseri umani è il litro».
La vita sobria, AA.VV. a cura di Graziano Dell'Anna (Neo Edizioni, 2014)