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1000 MOSTRE: Milano Arte Expo documenta online mille esposizioni d’arte che hanno fatto storia in Italia

Creato il 23 ottobre 2011 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo

1000 MOSTRE: Milano Arte Expo documenta online mille esposizioni d’arte che hanno fatto storia in ItaliaCome avevamo preannunciato, MAE Milano Arte Expo re-inaugura le mostre. La prima, scelta in accordo con il gallerista Giorgio Marconi, riguarda il passato recente dello Studio Marconi. 1973LOUISE NEVELSON. Crediamo che tale lavoro di archiviazione e messa online sia utile a chi studia e considera l’arte un pezzo non secondario del grande puzzle della storia di un paese, di una cultura, di un popolo. L’intento non è celebrativo, ma ha il duplice scopo di fare memoria e di riconsiderare l’assoluta attualità di avvenimenti, personaggi e luoghi che hanno visto protagonisti – oltre agli artisti e alle loro opere – intere generazioni cresciute dalla fine della seconda guerra mondiale in avanti. In breve: la storia del gusto e dell’estetica si è intrecciata a quella delle passioni politiche, dell’evoluzione sociale, del rapporto uomo / donna e ha lasciato tracce persistenti nel nostro modo di vivere, preoccuparci del bello e del brutto e, persino, di arrabbiarci o essere “indignati”. Una enorme opera di Louise Nevelson, per chi volesse approfittarne, è esposta proprio in questi giorni presso la Fondazione Marconi di Milano, nel contesto della mostra collettiva Grandi opere … Grandi,( clicca qui per leggere l’articolo relativo a essa). E ora, senza indugio, torniamo al mese di maggio dell’anno 1973….(clicca le immagini per ingrandirle)

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Louise Nevelson, Homage to the Universe, 1968, Legno dipinto nero, 275 x 900 x 90 cm

LOUISE NEVELSON, UNA STORIA AMERICANA
Oggetto e forma, immagine e simbolo plastico, si alternano e si
fondono nelle opere di Louise Nevelson. Compongono insieme le pagine
di un diario, appassionato di drammatiche tensioni e di felici
abbandoni, che testimonia l’inesausta ricerca del momento di accordo
di tre dimensioni temporali: il tempo della propria esperienza
individuale, il tempo della storia delle culture e civiltà, il tempo metafisico
dell’essere. Fondere il relativo con l’assoluto, il caduco con
l’eterno: è una costante della psicologia, dell’ideologia, dell’ansia di
conoscenza di sé in rapporto alla storia e alla natura, che è alla base
dell’indagine filosofica e poetica delle culture orientali e slave. Un
atteggiamento che ha influenzato profondamente gli artisti europei
del nostro secolo, quando han sentito l’esigenza di abbattere le
pareti dell’edificio classico-umanistico per avventurarsi alla scoperta
di altre realtà, integrali, sia nell’empireo della ragion pura o
della rivelazione mistica, sia agli Inferi del subconscio. La biforcazione
del percorso delle « avanguardie storiche », dopo il cubismo
e il futurismo, verso le strade del neo-plasticismo, del suprematismo
e del costruttivismo, oppure verso quelle della metafisica,
del dada e del surrealismo, lo testimonia esaurientemente.
Far rifluire le due correnti in un unico alveo, in un flusso di originaria
vitalità, è stato l’impegno e l’intuizione degli artisti americani,
che nel magma di eredità culturali dell’Antico Mondo, di arcane
presenze di civiltà precolombiane, e di attivismo incondizionato
di una società nuova, han riconosciuto la materia per una partenza
senza handicap. Bisognava livellare allo stesso valore espressivo
ogni strumento e metodo di comunicazione: i dati della cultura
e quelli della diretta esperienza di vita, la struttura storica e quella
esistenziale. Ridurre i vari sistemi formali e linguistici della tradizione,
pariteticamente, a semplici tramiti di rapporto fra l’Io e
l’Universale. Ha scritto Harold Rosenberg che per l’artista americano
« il rapporto tra stile e oggetto è altrettanto fortuito quanto il
rapporto di un trattore col terreno da scavare; qualsiasi stile va
bene purché racconti la storia ». Appunto da questa disponibilità
primaria (che è tutt’altro che eclettismo), da questa forza pionieristica
di prender possesso in egual modo della cultura e della
natura, si afferma la creatività e il linguaggio individuale, personalissimo,
dell’artista americano moderno. Per parafrasare un’affermazione
della Nevelson, la forma e la sostanza in cui lei e i suoi colleghi
conterranei hanno fissato un concetto artistico della realtà,
dipende dalla loro storia personale. Hanno attinto al repertorio
stilistico della storia senza reverenziali timori, senza preclusioni
dogmatiche, per trovare schiettamente quanto rispondesse alle loro
esigenze espressive. Non stupirà quindi riconoscere nell’armamentario
formale della Nevelson le bacheche e scatole metafisiche
di De Chirico accanto alle diverse declinazioni di incastri e strutture
suprematiste e costruttiviste di Malevic, Tatlin, Rodcenko,
oppure l’assemblage poveristico del Merz di Schwitters accanto
ai ritmi e alle proporzioni essenziali del « De Stijl » olandese. Questi
riferimenti perdono ogni valore condizionante in senso dottrinario
o programmatico, perché sono ridotti a elementi di un vocabolario
utilizzato per esprimere un ben diverso e personale mondo
poetico. Credo che, nelle sue linee generali, questo possa essere
identificato nell’evocazione del proprio proustiano « temps perdu »,
come scandaglio e verifica per giungere all’identificazione del più
profondo nucleo di sé. E la memoria personale, che si perde nei
labirinti del subconscio, eccitata dai balenanti richiami di « occasioni
» presenti a situazioni di un passato sepolto sotto la coltre
del tempo, coincide con la memoria « storica » che riesuma e resuscita
gli eventi e le forme della vita collettiva di civiltà altrettanto
sepolte. Le mura e i totem e i monumenti delle culture messicane,
indiane, primitive, si compongono nei giochi e nei puzzle dell’infanzia
passata nelle case di legno del Maine: e le due dimensioni
interiori di questa archeologia della cultura e della psiche si intessono
in una trama, che il tramando ancestrale dell’aspirazione all’assoluto,
ebraica e slava, unifica col manto mitico e mistico dell’infinito
della luce o dell’ombra, coll’oro o con il nero.
Mi pare indubitabile che, nel percorso dell’arte di Louise Nevelson,
si possa notare un progressivo passaggio dall’evocazione (le architetture
messicane che davano spunto ai lunari paesaggi della
fantasia; i frammenti delle modanature e balaustre delle case ottocentesche
americane incasellati negli scaffali del ricordo e dell’emozione),
alla costruzione ritmica e dinamica di strutture astratte,
quasi la inquietante e ingannevole scacchiera su cui si gioca il
confronto fra le apparenze fenomeniche e l’assoluto della realtà.
Il rapporto fra spazio e tempo, fra materia caduca e forma ideale,
fra luce e ombra, fra superficie e profondità, è l’arduo punto di
arrivo di questo diario di vita, l’approdo a una felice geometria
dell’ignoto, dopo un viaggio attraverso quanto poteva conoscere
del proprio mondo un’artista assetata di verità.
Franco Russoli

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LOUISE NEVELSON
La scultura dell’oggetto
“trovato” o “scelto” è iniziata
durante il periodo cubista con
le composizioni e i collages di
Picasso e Braque e si è stabilita
come una delle forme essenziali
dell’arte moderna durante il
movimento Dada. Gli stupendi
collages e rilievi di Arp e i
« ready-mades » di Duchamp
furono i più prossimi precursori
delle composizioni della
Nevelson. L’environment totale
venne sperimentato nel
monumentale « Merzbau » di
Kurt Schwitters e negli interni
architettonici di alcuni degli
artisti del De Stijl, tra i quali
Van Doesburg e Mondrian.
Comunque questi environments
furono laterali rispetto al lavoro
essenziale di questi artisti,
ed è soltanto nelle opere della
Nevelson che le due direzioni
vengono alla superficie in una
totalità unificata – attraverso lo
sradicamento della storia
originale e dell’identità
dell’oggetto trovato. Quella

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storia che la Nevelson tende
a sradicare era proprio la qualità
che interessava i cubisti e i
dadaisti. Anziché cercare di
distruggere l’arte, la Nevelson
cerca di creare una nuova
estensione dell’arte attraverso
l’uso di una nuova identità;
prima nelle forme scelte una per
una e poi nell’insieme del
lavoro.

E questo è stato ottenuto
fondamentalmente con

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l’applicazione di un unico
purificante, uniforme colore
di superficie. Dipingeva i singoli
elementi di nero prima ancora
di disporli in un insieme,
fornendosi di una massa di
« ready forms » che venivano
intuitivamente combinate in
accordi e poi nell’orchestrazione
completa. Persino i chiodi
usati per unire le forme erano
dipinti di nero in modo che
nessun elemento potesse
rivelare la propria originale
identità e quindi influenzare,
sia pure superficialmente,
l’evoluzione della composizione
totale. In questo modo
l’artista ha scelto di eliminare
quelle possibilità del caso
che affascinavano i pittori
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della sua generazione.
L’organizzazione della creatività
nell’opera di Nevelson è quella
di un architetto, di chi tenda
d’istinto a giocare con luci e
ombre. L’aspetto più originale è
che il suo gioco ha luogo
entro le deliberate limitazioni
dello spazio del cubismo. Le
sculture di Laurens, Lipschitz,
Zadkine ed altri scultori
cubisti furono fatte dopo
l’affermazione dei pittori cubisti
e ne ostentano lo stile. Il che
vuol dire che le sculture furono
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sfaccettate in modo da dare,
stilisticamente, l’impressione
dell’economia e della forma
cubista, pur continuando ad
occupare il ricco spazio
tridimensionale che è stato
classicamente il campo della
scultura. Forme positive e
negative agiscono in rapporti
normalmente accettati. La
scultura della Nevelson, come
aveva fatto la pittura cubista
piuttosto che la scultura cubista,
delinea lo spazio poco
profondo entro il quale le forme
si uniscono. L’involucro della
scatola è costruito con una
profondità decisa fin dagli inizi,
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e le forme scelte sono sistemate
in modo da riflettere, assorbire
e diffondere luce e ombra.
L’assenza di colore e la qualità
dell’assorbimento della luce
sottolineano soltanto la forma
positiva e definiscono il peso
visivo della scultura. L’ombra è
positiva così come la forma
che essa riflette. Il risultato è il
moltiplicarsi in strati spaziali
entro limitata profondità delle
scatole. L’effetto finale è
l’estensione della scultura in
quella dimensione dell’illusorio
che era riservato prima alla
pittura. La classica scultura
tridimensionale è sempre stata
creata per essere vista da tutti
i lati, svelando in questo modo
una moltitudine di forme e
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rapporti diversi. Anche la
Nevelson impiega forme
tridimensionali, ma in questo
contesto esse sono sistemate in
modo da invitare lo spettatore
a cambiare posizione
mettendolo in grado di
guadagnare una più ampia
conoscenza visiva della scultura.

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D’altra parte, quel nero
spettrale, misterioso, esige
che lo spettatore sia disposto a
prestare tutta la sua attenzione,
per poter scoprire tutti gli
elementi che compongono
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l’immagine. Il tempo è parte
integrante della scultura della
Nevelson, e lo spettatore può
andarsene con un’impressione
superficiale del lavoro, ma non
riuscirà mai a ricordare
l’immagine nella sua totalità.
Una conoscenza totale ha
luogo soltanto nel momento
del contatto visivo.
Per fare un esempio: è possibile
aver presente l’immagine totale
di una scultura di Arp, se non
l’impatto che se ne è ricevuto,
anche quando non la si
vede più. La luce e il tempo
producono sottili cambiamenti,
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ma la forma essenziale non
sarà alterata. Con la Nevelson,
la scultura benché sia
permanente nel materiale,
è visivamente temporale. C’è
una dicotomia tra la ristretta
delimitazione dello spazio che
rivela ogni livello fisico,
e la possibile illusione di spazio
infinito stabilito dall’infinità di
ombre e di riflessi.

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C’è un’altra
ambiguità nella monumentalità
delle proporzioni nella scultura
della Nevelson. Anche questo
elemento è pittorico e illusorio.
Sebbene i lavori siano
effettivamente grandi su due
dimensioni, la terza
dimensione di profondità
è fisicamente poco più profonda
di un quadro. La vera

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terza dimensione nella scultura
della Nevelson è illusoria.
Un’artista come la Nevelson,
con un formidabile complesso di
lavoro e che è anche capace
di rigenerarsi, fa decisamente
parte della storia dell’arte
del XX secolo. Ha esteso le
proprietà dell’illusorio nel
vocabolario della scultura e
ha introdotto l’effimero, il non
specifico e il non delineato
nel repertorio dell’arte. Con
questo, la Nevelson rivendica il
territorio entro il quale si può
creare arte – l’arte più diversa
come nelle illusorie pareti di
vetro di Larry Bell o negli
ambienti isolati di George Segai.
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Con David Smith e Alexander
Calder, la Nevelson è
responsabile della rinascita
della scultura nell’arte
americana; ed è la Nevelson
che più di ogni altro elimina
il confine tra pittura e scultura.
(Estratto dal libro Louise
Nevelson di Arnold B. Glimcher,
edito Praeger Publishers Inc.,
New York, 1972)

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Opere esposte
1. Night Presence II. 1955
legno dipinto in nero
cm 65 x 57 x 32
2. Night Presence III. 1955
legno dipinto in nero
cm 97,5 x 99 x 23
3. Moon Garden Forms II, 1955
legno dipinto in nero
cm 48 x 116 x 122
4. Moon Garden Forms III, 1955
legno dipinto in nero
cm 20,5 x 71 x 10
5. Moon Spikes III, 1955
legno dipinto in nero
cm 40,5 x 101.5 x 29
6. Moon Spikes IV, 1955
legno dipinto in nero
cm 93 x 107 x 25,5
7. Night Sun I, 1959
legno dipinto in nero
cm 259 x 165
8. Dawn’s Host, 19C9
legno dipinto in bianco
diam. cm 91,5
9. Sky Cathedrals Presence I, 1959-62
legno dipinto in nero
cm 244 x 366 x 38
10. Distant Cathedral
legno dipinto in nero
cm 119 x 61 x 45,5
11. Dawn Tide, 1960
legno dorato
cm 218 x % x 23,5
12. Royal Winds III. 1960
legno dorato
cm 56 x 41 x 48
13. Ancient Secrets II. 1964
legno dipinto in nero
cm 82,5 x 132
14. Rain Forest Column V, 1967
legno dipinto in nero
ali. cm 311
15. Rain Forest Column XI, 1957
legno dipinto in nero
cm 237,5 x 30,5 x 30.5
16. Rain Forest Column XXVIII, 1967
legno dipinto in nero
alt. cm 320
17. Rain Forest Column XXX, 1967
legno dipinto in nero
alt. cm 200.5
18. Homage to the Universe. 1968
legno dipinto in nero
metri 2,75 x 9 x 0,90
19. Dark Sound, 1968
legno dipinto in nero + formica
cm 185,5 x 103 x 30,5
20. Dark Sky, 1968
legno dipinto in nero
cm 190,5 x 396 x 34,5
21. Mocn Homage, 1968
legno dipinto in nero
cm 218,5 x 30,5 x 140
22. Mirror Image II. 1969
legno dipinto in nero
cm 241 x 122 x 23
23. Mirror Image III. 1969
legno dipinto in nero
cm 214,5 x 98 x 23
24. Shadow Chord, 1969
legno dipinto in nero + formica
cm 264 x 256,5 x 132
25. Black Secret Wall, 1970
legno dipinto in nero
cm 254 x 353 x 18
26. Lumincus Zag: Night, 1971
legno dipinto in nero
cm 305 x 490 x 25,5
27. Forest V, 1971
alluminio dipinto in nero
cm 137 x 67,5 x 52
28. Forest X, 1971
alluminio dipinto in nero
cm 165 x 93 x 61
29. Day Night IV, 1971
legno dipinto in nero + formica
cm 117 x 127 x 13
30. Seventh Decade Garden III, 1971
alluminio dipinto in nero
cm 218.5 x 91,5 x 66
31. Seventh Decade Garden V, 1971
alluminio dipinto in nero
cm 244 x 66 x 71
32. Seventh Decade Garden IX, 1971
alluminio dipinto in nero
cm 213,5 x 112 x 63,5
33. Young Tree III, 1971
legno dipinto in nero
cm 49 x 22 x 20
34. Young Tree XX. 1971
legno dipinto in nero
cm 70 x 20,5 x 20,5
35. Young Tree XXV, 1971
legno dipinto in nero
cm 50,5 x 16,5 x 16.5
36. Young Tree XXVI, 1971
legno dipinto in nero
cm 60.5 x 22,5 x 13
37. Young Tree XXXV, 1971
legno dipinto in nero
cm 50,5 x 23 x 25,5
38. Tropical Tree IV, 1972
alluminio dipinto in nero
cm 127 x 66 x 73,5
39. Tropical Tree V, 1972
alluminio dipinto in nero
cm 142 x 66 x 63,5
40. Tropical Tree VII, 1972
alluminio dipinto in nero
cm 122 x 68,5 x 58,5
41. Tropical Tree Vili. 1972
alluminio dipinto in nero
cm 124.5 x 81 x 56
42. South Fiorai. 1972
legno dipinto in nero
cm 241 x 82,5 x 30.5
43. End of Day Cryptic XII, 1972
legno dipinto in nero
cm 10 x 18 x 16,5
44. End cf Day Cryptic XIII, 1972
legno dipinto in nero
cm 10 x 19 x 25,5
45. End of Day Cryptic XIV, 1972
legno dipinto in nero
cm 12 x 23 x 22
46. End of Day Cryptic XV, 1972
legno dipinto in nero
cm 10 x 21,5 x 28
47. End of Day Cryptic XVI, 1972
legno dipinto in nero
cm 15,5 x 18 x 17,5
48. End of Day Cryptic XIX. 1972
legno dipinto in nero
cm 15.5 x 23 x 17,5
49. End of Day Cryptic XXI, 1972
legno dipinto in nero
cm 8 x 25 x 18
50. End of Day Cryptic XXII, 1972
legno dipinto in nero
cm 8 x 24 x 20.5
51. Dream House VII. 1972
legno dipinto in nero
cm 179 x 46 x 79
52. Dream House IX. 1972
legno dipinto in nero
cm 73,5 x 66 x 35.5
53. Dream House X. 1972
legno dipinto in nero
cm 53,5 x 48.5
54. Dream House XXII. 1972
legno dipinto in nero
cm 48,5 x 52 x 89
55. Dream House XIII. 1972
legno dipinto in nero
cm 87,5 x 60 x 33
56. Dream House XXXVII, 1972
legno dipinto in nero
cm 343 x 73.5 x 58,5
57. End of Day XIV, 1972
legno dipinto in nero
cm 85,5 x 46,5
53. End of Day XV, 1972
legno dipinto in nero
cm 85,5 x 46,5
59. End o» Day XVI, 1972
legno dipinto in nero
cm 85,5 x 46,5
60. End of Day XVIII. 1972
legno dipinto in nero
cm 85,5 x 46.5
61. End of Day XIX, 1972
legno dipinto in nero
cm 85.5 x 46,5
62. End of Day XX. 1972
legno dipinto in nero
cm 85,5 x 46,5
03. End of Day XXI. 1972
legno dipinto in nero
cm 85,5 x 46.5
64. End of Day XXII, 1972
legno dipinto in nero
cm 85.5 x 46,5
65. End of Day XXIII, 1972
legno dipinto in nero
cm 85,5 x 46,5
66. End of Day XXIV, 1972
legno dipinto in nero
cm 85,5 x 46.5
67. End of Day XXV. 1972
legno dipinto in nero
cm 85.5 x 46 5
08. End of Day XXVII, 1972
legno dipinto in nero
cm 85.5 x 46,5
09. -80. Senza titolo, 1972
collage e carta
cm 74,2 x 49 5
cm 71 x 56

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Louise Nevelson
1900 Nasce a Kiev in Russia da
Isaac Berliawsky e
Minna Sadie Smolerank.
1905 La sua famiglia si trasferisce
negli Stati Uniti e si stabilisce a
Rockland, Maine. Il padre lavora
come costruttore e dirige
una legnameria.
Frequenta la scuola pubblica
a Rockland. E’ un’ottima alunna
per quanto riguarda il corso
di arte. Studia anche canto
e recitazione.
1918 Diplomata alla Rockland
High School.
1920 Sposa Charles Nevelson.
Si trasferisce a New York.
Studia pittura e disegno con
Theresa Bernstein e William
Meyerowitz. Inizia studi di canto
sul piano professionale con
un’insegnante del Metropolitan,
Estelle Liebling. Studia ancora
recitazione. A partire da questo
periodo ha sempre cercato di
formarsi nello studio di tutte
le arti. Iniziano in questo periodo
anche il suo interesse per gli
studi di religione comparata
e di filosofia.
1922 Nasce suo figlio, Myron (Mike).
1929-30 Studia alla Art Students
League con Kenneth Hayes Miller
e Kimon Nicolaides.
1931 Per un breve periodo studia
con Hans Hoffmann a Monaco.
Lavora come comparsa in films
a Berlino e in Vienna.
1932 Lavora come assistente di
Diego Rivera (murale per la
New Worker’s School, 14* strada,
New York: l’altro assistente
era Ben Shahn). Studia danza
moderna con Ellen Kearns
e altri insegnanti.
1933 Espone in molte gallerie
di New York.
1935 Espone in una collettiva di
giovani scultori organizzata dalla
Secession Gallery al museo
di Brooklyn.
1937 Insegna arte alla Education
Alliance School of Art (l’iniziativa
fa parte del programma della
Works Progress Administration).
1941 Prima mostra personale
alla Nierendorf Gallery.
1948 Viaggi in Europa (Inghilterra,
Francia, Italia).
1949-50 Lavora in terra cotta,
alluminio e bronzo allo Sculpture
Center. Frequenta per un
breve periodo il laboratorio
di Stanley William Hayter
all’Atelier 17.
Viaggi in Messico.
Profondo interesse per l’arte
e l’archeologia messicana.
1953-55 Studia con Peter Grippi e
Leo Katz all’Atelier 17, New York.
1956 II Whitney Museum acquista
Black Majesty.
1957 II Brooklyn Museum acquista
First Personage.
1958 II Museum of Modem Art
acquista Sky Cathedra!.
1962 Espone nel padiglione degli
Stati Uniti alla XXXI
Biennale di Venezia.
Il Whitney Museum acquista
un suo « muro », Young Shadows.
1963 Lavora al Tamarind Workshop,
Los Angeles, dove porta a
termine 26 edizioni di litografie.
Presidente dell’Artists’ Equity
(sindacato di artisti).
1965 Espone il •< muro »,
Homage to 6.000.000 II,
all’Israel Museum di Gerusalemme
che lo acquista.
An American Tribute to the
British People, presenta
un « muro » dorato alla
Tate Gallery di Londra.
1966 Nominata vice-presidente
dell’lnternational Association
of Artists.
Direttrice dell’Advisory Council
on Art of the National Historic
Sites Foundation Inc.
Viene premiata con il
New York City Citizenship
Achievement Award.
Laurea ad honorem in Belle Arti
al Western College for Women,
Oxford, Ohio.
1967 Grande mostra retrospettiva
al Whitney Museum, New York.
Lavora di nuovo al Tamarind
Workshop, Los Angeles.
1969 L’Università di Princeton
le commissiona un’opera
monumentale in corten.
Viene premiata con la
MacDowell Colony Medal.
La Juillard School of Music
acquista il « muro »,
Nightsphere Light.
Grande mostra retrospettiva
al Museum of Fine Arts
di Houston, e poi al College
of Fine Arts dell’Università
del Texas a Austin.
Mostra personale al Rijkmuseum
Kroller-Muller, Otterlo
ed al Museo Civico di Torino.
1970 II Tempio Beth-EI, Great Neck,
N.Y. le commissiona un «< muro »
di 16,75 metri.
1971 Due premi: Brandeis University
Creative Arts Award;
Skowhegan Medal for Sculpture.
1972 Grande scultura di corten.
Night Presence IV,
per la città di New York.
Pubblicazione del libro.
Louise Nevelson,
di Arnold B. Glimcher,
edito da Praeger Publishers.
Mostre personali
1941 Nierendorf Gallery, New York
1942 Nierendorf Gallery, New York
1943 Norlyst Gallery, New York:
The Circus, The Clown
is the Center of His World
Nierendorf Gallery, New York:
A Sculptor’s Portraits in Paint
1944 Nierendorf Gallery, New York:
Sculpture Montages
1946 Nierendorf Gallery. New York
1950 Lotte Jacobi Gallery, New York:
Moonscapes
1954 Lotte Jacobi Gallery, New York
Marcia Clapp Gallery, New York
1955 Grand Central Moderns Gallery,
New York: Ancient Games
and Ancient Places
1956 Grand Central Moderns Gallery,
New York: The Forest
1958 Grand Central Moderns Gallery.
New York: Moon Garden + One
Esther Stuttman Gallerie,
New York
1959 Martha Jackson Gallery,
New York: Sky Columns Presence
1960 David Herbert Gallery, New York
Devorah Sherman Gallery,
Chicago
Galerie Daniel Cordier, Parigi
1961 Martha Jackson Gallery.
New York: Royal Tides
Tanager Gallery, New York:
The Private Myth
Galerie Daniel Cordier, Parigi
Staatliche Kunsthalle,
Baden-Baden
Pace Gallery, Boston
1963 Sidney Janis Gallery, New York
Hanover Gallery, Londra
Balin-Traube Gallery, New York
Martha Jackson Gallery,
New York
1964 Pace Gallery, New York
and Boston
Gimpel-Hanover Gallery, Zurigo
Kunsthalle, Berna
Galleria d’Arte Contemporanea,
Torino
1965 Pace Gallery, New York
David Mirvish Gallery, Toronto
Galerie Schmela, Dusseldorf
1966 Pace Gallery, New York
Ferus-Pace Gallery, Los Angeles
Whitney Museum of American Art,
New York
1968 Arts Club of Chicago
Dunkelman Gallery, Toronto
Plexiglas Sculptures,
The Pace Gallery, New York
1969 Museo Civico di Torino, Torino
1969 Harcus-Krakow Gallery, Boston
Pace Columbus Gallery, Ohio
Galerie Jeanne Bucher, Parigi
Pace Columbus Gallery, Ohio
Akron Art Institute. Ohio
Rijkmuseum Kroller-Mummer,
Otterlo, Olanda
Museum of Fine Arts,
Houston, Texas
1970 University Art Museum,
University of Texas, Austin
Martha Jackson Gallery,
New York
Whitney Museum of
American Art, New York
1971 Makler Gallery, Philadelphia
Pace Gallery, New York
(Seventh Decade Garden)
1972 Dunkelman Gallery,
Toronto, Canada
Parker 470, Boston, Mass.
Pace Gallery, New York
Mostre collettive
1934 Secession Gallery, New York
1535 Young Sculptors, The Brooklyn
Museum, New York
Contemporary Arts; Jacobsen
Gallery; The Society of
Independent Artists;
The New York Municipal
Art Exhibition; A.C.A. Gallery;
Federai Art Gallery. New York
1941 Art in Therapy, Museum
of Modem Art, New York, (prenrvo)
1944 139th Annual Exhibition,
Pennsylvania Academy
of the Fine Arts, Philadelphia
1948-1949 Sculpture Center and the
Artists Gallery, New York
1953 Group Show of Sculptors
(selezionata da Hugo Robus
e Milton Hebald) Grand Central
Moderns Gallery, New York
1955 Stable Gallery Annual (idem 1956);
Loko Gallery, New York
1958 Nature in Abstraction,
Whitney Museum of American Art,
New York
1959 Work in Three Dimensions,
Leo Castelli Gallery, New York
Sixteen Americans, Museum
of Modem Art, New York
Art, U.S.A., New York Coliseum,
Grand Prize
1960 63rd American Exhibition,
Art Institute of Chicago.
Logan Award
1961 The Art of Assemblage,
Museum of Modem Art, New York
1962 XXXI Biennale Internazionale
D’Arte, Venezia
(Uniteci States Pavilion)
Art Since 1950, World’s Fair,
Seattle
1964 Documenta III, Kassel
Painting and Sculpture
of a Decade 54-64,
Tate Gallery, Londra
The Artist Reality, New School
Art Center, New York
Between the Fairs, Whitney
Museum of American Art,
New York
Boston Collects Modem Art,
Brandeis University, Mass.
1965 American Sculpture of the
20th Century, Musée Rcdin, Parigi
Sculpture of the 20th Century,
Dallas Museum of Fine Arts,
Texas
Highlights of the ’64-’65 Season,
Larry Aldrich Museum,
New York State
Kane Memorial Exhibition,
Providence, Rhode Island
Contemporary Art Acquisitions
1962-65, Albright-Knox Gallery,
Buffalo
1966 Flint Invitational, Flint, Michigan
Homage to Silence, Albert Loeb
and Krugier Gallery, New York
Contemporary Painters
and Sculptors As Printmakers,
Museum of Modem Art, New York
68th American Exhibition,
Art Institute of Chicago
Art of US, Whitney Museum,
New York
1967 Contrasts, Hanover Gallery,
Londra
Sculpture: A Generation
of Innovation, Art Institute
of Chicago
American Sculpture of the 60′s,
Los Angeles County Museum
Sculpture in Environment,
City of New York
Arts Festival (CBS Building),
New York
The Helen W. & Robert M.
Benjamin Collection,
Yale Art Gailery
The 180th Beacon Collection
of Contemporary Art, Boston
Guggenheim International,
New York
1968 Suites: Recent Prints,
Jewish Museum, New York
1969 20th Century Art from the
Nelson A. Rcckefeller Collection,
Museum of Modem Art, New York
Tamarind: Homage
to Lithography,
Museum of Modem Art, New York
1970 American Art since 1960,
Princeton University Art Museum
Expo 70, Osaka, Giappone
1971 Calder Nevelson/David Smith
The Society of the Four Arts,
Palm Beach, Florida
Pittsburgh International Exhibition.
Carnegie Institute: 1958, 1961,
1964, 1970
Whitney Museum Annual Exhibition:
1946, 1947, 1950, 1953, 1956, 1957.
1958, 1960, 1962, 1964, 1966, 1969
National Association of Women Artists:
1952, 1955, 1957, 1959, 1960
Biennale – Contemporary American
Paintings and Sculpture, Whitney
Museum of American Art, 1973
t
Foto: Ferdinand Boesch, New York
Albert L. Mozell, New York
Ron Vickers, Toronto
Gianni Ummarino,
Studio Marconi, Milano

-
Studio Marconi
Via Tadino 15, 20124 Milano
Telefono 225543

OGGI: 

Fondazione Marconi Arte Moderna e Contemporanea

Via Tadino, 15, 20124 Milano

Tel. 02 29 41 92 32  fax 02 29 41 72 78

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