101. Ora è già tardi

Creato il 16 agosto 2011 da Fabry2010

da qui

- Ho bisogno di parlarti.
Le auto sono parcheggiate in fila indiana, di fronte alla banchina.
- Ti ho vista sotto l’ulivo, con l’amico che hai ammazzato.
Il transatlantico ha la ciminiera gialla e nera che sembra infilarsi nelle nuvole.
- Vi siete accorti di quello che è successo?
Hadas ha gli occhi fissi sul muro della Knesset.
Sono arrivati fino alla città vecchia.
- So che sei un veggente. Ma non è il motivo per cui ti sto cercando.
- Non siamo ciechi, Hadas: un bagno di folla ha acclamato il nazareno.
A guardarla da qui, sembra un’aula d’università: se chiudi gli occhi, puoi scorgere il vecchio professore, la ragazza bionda che prende appunti a pochi centimetri da te.
- Cosa vuoi, Avigail?
Dal parapetto si contempla la distesa infinita delle tombe.
- Ce ne siamo accorti: il predicatore folle comincia ad avere troppi amici.
Non hai il coraggio di chiamarla: la vedi scrivere sul quadernone, vorresti decifrare le parole.
- Sono confusa: non ho mai avuto scrupoli, neanche di fronte all’assassinio. Ora non so che mi succede.
I sepolcri sono tasti di un pianoforte immenso.
- Ho istruito la squadra: il congegno dev’essere perfetto. Guai a commettere errori in questi casi.
Perché è così bella, e perché è capitata lì, vicino a te?
Yoh’anan e Nathane, invece, sanno bene che è successo. E anche il caro Gad.
C’è una donna che suona in mezzo ai tumuli: ha i capelli lunghi e un abito di foggia superata, che scopre una spalla.
- Non sono convinto che sia la cosa giusta.
Dài, toccala col gomito, poi le chiedi scusa.
- Yehochoua, ho bisogno di qualcosa, ma non so neanch’io che cosa stia cercando.
I capelli arrivano al fondo della schiena, sono scossi dal movimento e dalla luce.
- Bravo, Tsion, ricomincia con gli scrupoli.
Ti segue con la coda dell’occhio, non aspetta altro che le parli.
- Non posso dirti che cosa devi fare: è il desiderio del cuore che ci spinge.
Il corpo dondola a un ritmo costante, come quello degli oranti al Muro Occidentale.
- Non abbiamo tempo per pensare, ma uccidere quell’uomo è ingiusto anche per me.
Se ti sporgi, puoi vedere il seno che si affaccia dalla camicia azzurra.
- Desidero qualcosa che non ho mai sperimentato: come dargli un nome o riconoscerlo?
Le mani spingono più forte, la tastiera le asseconda, come avesse un’anima.
- Rabi, ci manchi solo tu: ci pensi a cosa può fare quella folla?
Si è mossa a bella posta, per lasciarsi guardare, per sentirti più eccitato?
- Lo ascolti il grido di Yoh’anan, l’urlo soffocato di Nathane?
Ora anche la testa si lancia indietro e torna in avanti, come in un orgasmo.
- Hai ragione, Hadas, ma basta per condannare un innocente?
Non ti accorgi che sorride, che scrive lentamente, anzi, si è fermata?
- Mi stai facendo male, giri e rigiri il dito nella piaga.
Fa una sosta, guarda verso l’alto, inseguendo un’immagine, un’ombra che le sfugge.
- Dobbiamo salvarci dalla rivoluzione e tu pensi alla sorte della singola persona.
Tra poco alzerà il capo, i vostri occhi s’incroceranno all’improvviso.
- E’ il dolore che devi sentire: un dolore insopportabile, che bisogna avere il coraggio di guardare, per riuscire a liberarsene.
La spalla è nuda, il seno si allarga e si contrae.
- Quanto tempo, abbiamo?
- Ho capito, Yehochoua, tornerò.
La ragazza si gira lentamente.
- Ora è già tardi.



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