11 risposte sull’esperanto, un sogno che viene da lontano

Creato il 11 marzo 2014 da Lundici @lundici_it

Di Maria Lorello

A chi non piacerebbe andare in qualunque posto del mondo e poter parlare con chiunque, capire e farsi capire? L’Esperanto te lo permette! L’Esperanto è una lingua facile da imparare, sia per coloro che usano una lingua fonetica, sia per quelli che usano ideogrammi; la grammatica è semplicissima e non ci sono eccezioni.

Il suo obiettivo cardine è quello di instaurare la fratellanza tra tutte le genti della Terra ed ecco 11 domande (e risposte) per saperne di più:

1 Che cos’è l’esperanto?

E’ una lingua artificiale, anzi, una delle circa 500 lingue artificiali esistenti. L ‘esperanto, però, è la più conosciuta, poiché è l’unica che abbia raggiunto un discreto numero di parlanti e che abbia sviluppato una fiorente letteratura, arrivando quasi in ogni paese del mondo.

Ludwik Lejzer Zamenhof

2 Chi l’ha fondata?

Il creatore dell’esperanto è Ludwik Lejzer Zamenhof, un oftalmologo nato a Bjalistok, in Polonia, nel 1859 e morto nel 1917 a Varsavia. Nella sua città natale, allora facente parte dell’Impero russo, la popolazione era composta da quattro diverse comunità (russi, polacchi, tedeschi ed ebrei), con quattro lingue diverse e altrettante religioni.

Ognuno di questi gruppi era chiuso in se stesso e nessuno di loro desiderava entrare in contatto con gli altri. Si verificavano spesso fenomeni di intolleranza razziale e religiosa e Zamenhof soffriva molto per questa situazione. Capiva che la causa principale dell’incomunicabilità era la diversità linguistica, ma sapeva che nessuno avrebbe accettato di usare la lingua dell’altro per iniziare a dialogare. Si rese quindi conto che ci sarebbe stato bisogno di una lingua neutrale, non appartenente a nessuno di questi gruppi e che fosse semplice da imparare, anche per le persone non istruite.

Zamenhof era ebreo e gli ebrei avevano una lingua comune per le funzioni religiose: l’yiddish. Infatti, tutti gli ebrei del mondo parlavano le lingue dei paesi in cui vivevano, però nella preghiera si sentivano tutti uniti grazie a questa lingua che avevano in comune. L’yiddish ha avuto sicuramente una parte importante nella maturazione, in Zamenhof, dell’idea di una lingua internazionale.

Frontespizio del volume di Ludwik Lejzer Zamenhof (con lo pseudonimo di Dr. Esperanto), edizione in lingua francese

Inoltre, le sue conoscenze plurilinguistiche (il polacco, il russo, il francese, il tedesco, il greco, l’yiddish, il latino e l’inglese) lo facilitarono nella creazione di questa lingua neutrale e nel 1887 pubblicò a Varsavia un libro che si intitolava “Lingua internazionale -Introduzione e manuale completo”. Lo firmò con lo pseudonimo di “Doktoro Esperanto”, cioè Dottor Speranzoso. Questo libro è per così dire l’atto di nascita dell’ Esperanto, che con questo nome, a poco a poco, diventò famoso in tutto il mondo. Tra i primi esperantisti possiamo ricordare anche personaggi illustri come Jules Verne, Lev Tolstoj e Bertrand Russell.

3 Qual è la sua diffusione nel mondo?

E’ difficile dirlo esattamente. Se contiamo gli iscritti alle associazioni arriviamo a circa due milioni. Ma sicuramente ci sono anche esperantisti che non figurano negli elenchi. In Italia gli iscritti alla Federazione esperantista sono un migliaio. L’Esperanto è riconosciuto e protetto dall’ Unesco, alla pari di tutte le lingue minoritarie. Inoltre la UEA ( l’Associazione Universale dell’Esperanto) fondata nel 1908, è membro consultivo dell’Unesco su problemi relativi alle lingue, per lo più quelle minoritarie.

4 Qual è lo scopo dell’ esperanto?

Come dice la Dichiarazione dell’Esperantismo redatta nel 1905, in occasione del primo congresso mondiale dell’Esperanto tenutosi a Boulogne sur Mer (Francia), lo scopo di questa lingua è quello di aiutare la comprensione tra persone di lingua diversa, senza intromettersi negli affari politici dei diversi paesi. La suddetta Dichiarazione espressamente dice: “L’ Esperantismo è l’impegno a divulgare in tutto il mondo l’uso della lingua neutralmente umana che, non ingerendosi nella vita interna dei popoli e non avendo affatto l’obiettivo di estromettere le lingue nazionali esistenti, darebbe alle persone di nazioni diverse la possibilità di comprendersi reciprocamente, potrebbe servire come lingua conciliatrice delle pubbliche istituzioni in quelle terre in cui diverse nazioni combattono tra loro per la lingua, e in cui potrebbero essere pubblicate quelle opere che hanno uguale interesse per tutti i popoli. Ogni altra idea o speranza che questo o quell’esperantista collega all’esperantismo è affare suo puramente privato, del quale l’esperantismo non risponde. ”

L’esperanto inoltre mette tutti gli interlocutori su un piano perfettamente paritetico, perché, quando due persone comunicano per mezzo dell’esperanto significa che entrambi hanno fatto uno piccolo sforzo per avvicinarsi l’uno all’altro, per imparare una lingua che non appartiene a nessuno dei due, ma che in realtà appartiene ad entrambi.

Ciò consente di favorire il dialogo tra le persone, di creare una certa familiarità e una buona predisposizione d’animo.
L’esperanto è diffuso in tutti i continenti e, in ogni paese, esiste una rappresentanza esperantista che lavora costantemente per promuovere la cultura, la fratellanza, la solidarietà e la pace. Perciò possiamo dire che Zamenhof sia riuscito veramente nel suo intento: creare una “rondo familia” (circolo familiare), cioè una comunità di persone di ogni provenienza, legate da sentimenti di fratellanza e da valori condivisi.

5 Esiste una scuola ufficiale dove viene insegnato?

Tutte le cattedre sparse per il mondo sono ufficiali, nel senso che sono riconosciute dalla UEA ma anche dalle istituzioni nazionali. In Italia la Pubblica Istruzione riconosce gli attestati rilasciati dalla Federazione Esperantista Italiana e dall’Istituto Italiano Esperanto. Per esempio, concede un credito formativo agli studenti dell’ultimo anno delle superiori che abbiano frequentato un corso di esperanto. Inoltre all’università di Torino c’è un corso di interlinguistica e esperantologia, tenuto dal Prof. Fabrizio Pennacchietti.

6 Ci sono momenti d’incontro ovvero convegni di esperantisti?

La UEA ogni anno organizza un congresso mondiale. Quello dell’anno scorso si è tenuto a Reykjavik, in Islanda. Anche le federazioni nazionali ne organizzano uno, annualmente e quello italiano del 2013 si è tenuto a Sanremo. Il congresso mondiale 2014 si terrà a Buenos Aires e quello italiano a Fai della Paganella (Trento).

Ci sono inoltre i congressi delle organizzazioni di categoria: è famoso per esempio quello dei ferrovieri esperantisti, o dei nonvedenti esperantisti, o dei cattolici esperantisti…Sono molto attive anche le organizzazioni giovanili, con festival, raduni e scambi di ospitalità.

7 Qual è la struttura grammaticale e sintattica dell’Esperanto?

Da un punto di vista strutturale l’esperanto può essere definita una lingua agglutinante, nel senso che si possono formare parole composte a piacimento, combinando i vari elementi del lessico, cioè radici, prefissi, suffissi, ecc… Questo è il motivo per cui l’esperanto piace anche a quelle comunità linguistiche che usano ideogrammi anziché caratteri fonetici. La sintassi è abbastanza libera, nel senso che non è strettamente necessario costruire una frase con soggetto+verbo+complemento, rispettando obbligatoriamente questo ordine.

Per la formazione delle parole, ecco un esempio: “urbestro”, che significa “sindaco”, deriva dall’unione della radice urb-o (=città) e da “estr-o”, che significa “capo, dirigente”; oppure “instruisto”, che significa “insegnante”, dalla radice “instru-i” (=insegnare) e dal suffisso “ist-”, che indica “professione”.

La grandezza di Zamenhof consiste nel fatto che lui, semplificando, razionalizzando ed estendendo le regole naturali che vigono nelle lingue etniche esistenti, ha eliminato quelle fastidiose eccezioni che fanno penare coloro che studiano le lingue.

8 Esistono dei libri di letteratura o altro tradotti in esperanto? Quali, per esempio?

In esperanto ormai sono stati tradotti tutti i classici che fanno parte della cultura internazionale (per esempio l’Iliade, l’Odissea, la Divina Commedia, le opere di Shakespeare, ma anche la Bibbia e il Corano) e via via vengono tradotte opere famose più recenti. Esiste inoltre una fiorente letteratura fatta di opere scritte direttamente in esperanto: romanzi, saggi, opere teatrali, come accade in tutte le altre lingue.

9  In un mondo sempre più diviso sotto tutti i punti di vista e non solo linguistico, quale lezione di vita dobbiamo trarre dal sogno di Zahmenof?

Il sogno di Zamenhodf era quello di contribuire a costruire un mondo in cui le differenze tra le persone fossero viste come risorse e non come fattori di divisione. Lui era per la pluralità delle lingue, la diversità delle culture, delle tradizioni, delle religioni. Affinché un giorno si potesse ad arrivare a questo traguardo, ha pensato di dare all’umanità uno strumento concreto, funzionale, semplice da imparare per chiunque, tramite il quale ci si potesse sentire tutti sullo stesso piano di importanza, in modo che non ci fosse qualcuno avvantaggiato e qualcuno svantaggiato dalla lingua utilizzata per la conversazione.

Gli esperantisti oggi hanno il piacere di sperimentare giornalmente l’efficacia di questo strumento, comunicando con persone da un capo all’altro del mondo. Partecipare per esempio a conversazioni di gruppo tramite internet è molto appagante; scoprire che stai parlando contemporaneamente con russi, inglesi, spagnoli ecc. senza nessuna fatica dona un senso di libertà e una grande soddisfazione.

10 Qual è dunque il sogno degli esperantisti?

Gli esperantisti condividono il sogno di Zamenhof, che è quello di contribuire a costruire una società che sappia vivere in pace e in perfetta concordia, nella quale ogni individuo possa vedere e considerare i propri simili – che magari hanno ideali, religione e tradizioni diverse dalle proprie – come dei veri e propri fratelli e dalla cui specificità prendere spunto per porsi delle domande, nel tentativo di migliorare se stessi.

11 Siete curiosi di leggere una frase in esperanto?

Certamente sì! Per accontentare la vostra curiosità, mi sono rivolta a Nicola Morandi, insegnante di esperanto a Pistoia, che ringrazio per l’aiuto fornitomi nella stesura di quest’articolo e che vi saluta augurando a Pistoia, all’Italia e al mondo intero un avvenire migliore e foriero di positività:

Mi bondeziras al mia urbo, al mia lando kaj al la tuta mondo fruktodonan estonton kaj plensukceson en la konstruo de paco kaj amikeco inter c^iuj popoloj.


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