133 motivi per parlare di medaglie.

Creato il 30 settembre 2013 da Manuel
SPESSO E’ DAI DETTAGLI CHE SPUNTANO LE SPIEGAZIONI PER CAPIRE DA DOVE NASCONO LE GRANDI DIFFERENZE. LE DIFFERENZE CHE TI PORTANO UNA MEDAGLIA OGNI ANNO. DAL 2007 A OGGI. Mentre in Spagna si prepareranno a grandi accoglienze per l’intelligenza ciclistica dimostrata da Valverde, che da vero campione ha buttato un titolo Mondiale nel cesso, noi guardiamo all’altra sponda con una scena nata il tardo pomeriggio del giorno precedente intorno ad una domanda. La domanda che sulla zona d’arrivo viene rivolta a una ciclista è del giornalista RAI Francesco Pancani. Sono passati pochi minuti dalla fine della gara elite donne in linea, con l’italiana Rossella Ratto terza: “Ma quanto è andata forte la Ratto?”. La ciclista intervistata è una delle capitane della squadra italiana, che dopo aver ripetuto in toto la domanda testé rivoltagli dal giornalista, si ferma un secondo, si guarda intorno, sospira, sembra cercare qualcosa con gli occhi, carica il colpo in canna, sembra voler dire qualcosa e poi, con scocciata diplomazia, prende la mira e risponde; “Ma quanto è andata forte la Nazionale Italiana?” Il giornalista osserva; “Hai ragione”. Lì, in quell’esitazione prima di rispondere, in quel guardarsi attorno prima di aprir bocca per riflettere prima di farlo, c’è tutto il colossale lavoro di squadra del CT Salvoldi. L’uomo che ha costruito il più forte ciclo ciclistico mai visto nelle squadre nazionali femminili, e che sta silenziosamente effettuando un lento, costante, continuo ricambio generazionale, che da sette anni consecutivi porta almeno una medaglia ogni anno (e contiamo solo la squadra elite). Salvoldi ha costruito la medaglia numero 133 gettando nel contempo le basi ciclistiche per l’Italia femminile dei prossimi anni. Longo Borghini, Scandolara, Ratto, rappresentano quell’ossatura che tra pochi anni sostituirà quella macchina vinci-medaglie guidata dalla Bronzini, da una certa fenomenale ciclista italiana e dalla Cantele. Donne che sono le capitane, le cicliste di riferimento, ma non le stelle, le prime attrici sempre e comunque. Quando lungo l’ascesa di Fiesole una certa atleta, di cui come da tradizione non ricordo il nome, ha sentito la gamba cedere verso il finale di corsa ad un principio di crampi, è stato deciso con poche parole che la vicentina avrebbe invertito i ruoli programmati trasformandosi in gregaria per la Ratto. Detto fatto (e la rima non centra): la veneta richiama le compagne in fuga con lei in quel momento di gara, e spiega la nuova impostazione tattica. Fu lo stesso anche l’anno scorso. Elisa Longo Borghini era la ragazza che meglio pedalava, e nonostante fosse la più giovane, quella che godeva di minore esperienza, fu lei la pedina principe per la squadra italiana. Anche in quell’occasione scaturì una medaglia di bronzo, e come questa volta non ci furono tentennamenti nel deciderlo in gara. Una nazionale dallo spirito camaleontico che da sempre lavora in questa maniera, perché costruita intorno ad una persona, Salvoldi, che da sempre gode di una stima colossale, totale, da parte delle atlete che porta in azzurro di volta in volta. La partigianeria di chi scrive è ormai nota, e quando poi si tratta di ciclismo femminile di origine marosticense siamo a livelli da ricovero. Ma sapere che, una volta tanto, chi occupa il ruolo di CT è persona che ha nozioni di base sull’attività sportiva che porta avanti (quella cosa che si chiama competenza), e quindi non solo perché amico plurisponsorizzato da nomi importanti della Federazione, è motivo per attirare la mia simpatia nei suoi confronti. In un momento di ennesima soddisfazione come questo, dispiace che in ottica nazionale italiana si sia forse persa la presenza di Marta Bastianelli, che dopo l’iride vinta nel 2007 non è mai tornata ai vertici se non in occasioni molto sporadiche. Ma è giusto ricordare che fu proprio lei, sette edizioni addietro, ad aprire quel ciclo vincente e plurimedagliato che oggi possiamo goderci appieno. Comunque, conoscendo Salvoldi, aspettiamo ancora un momento prima di scrivere davvero la parola ‘Fine’ su valutazioni agonistico/personali di questo tipo. W la Guderzo. (la foto in alto è concessa da Ilaria Pranzini)

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