Anche se mi dico che è la solita storia. Il municipio è una meraviglia. La stazione di polizia la stanno risistemando. Europei, forse americani, forse sudafricani, mi pare persino un australiano, comprano splendide rovine coloniali e le fanno ristrutturare. I locali vengono espulsi dalle loro case appena è necessario. Dal punto di vista del business, naturalmente.
Di fronte al Patio dos Quintalinhos, di fianco alla moschea principale, è pieno di baracche sulla spiaggia. Uno dei pochi posti veramente zozzi che abbiamo visto in Mozambico. Attorno all’Ilha meglio non fare il bagno: tutti i rifiuti finiscono in mare. E in mare, naturalmente, si fa la cacca. Risultato: davanti a casa di Gabriele, là, dove tanta gente vive, il mare è una fogna.
L’Unesco è arrivato (Ilha fa parte del Patrimonio Mondiale dell'Umanità fin dal 1991), ma, dice Gabriele, tutti sono convinti che distribuisca fondi, in realtà fa il contrario: cerca finanziamenti. E finora, sostiene, l’Unesco a Ilha non ha fatto nulla. Eppure è evidente: invece di cacciare la popolazione, di cancellare l’anima dell’antica capitale e di trasformare Ilha do Moçambique in una cartolina colorata, bisognerebbe ristrutturare l’ospedale. È impressionante quanto sia fatiscente. Dall’esterno persino la prigione locale sembra versare in condizioni migliori. Ed è anche sconvolgente metterlo a confronto con la chiesa che sta lì accanto: come tutte le chiese dell’isola, ha l’aria smagliante di calce candida. Chissà se a raccogliere fondi per sistemare l’ospedale si può trovare qualcuno che garantisca che vengano effettivamente usati per quello.
Ilha è bella in maniera drammatica, del resto. Ma c’è almeno una cosa che ride sempre sull’isola: lo sguardo di Sara, la signora che cucina danzando. Gli occhi della meglio cuoca del Mozambico sono bellissimi. E brillano di luce propria.
Poi ci sono gli splendidi figli di Gabriele. E Gabriele stesso.
Such a nice place.
(nella foto: vista dal faro dell'isola di Goa)