14 Agosto 2012 – La notte incanta a Calimera, con Marthia Carrozzo, “Soni Boni” e Papa Ricky

Creato il 13 agosto 2012 da Lucianopagano

LA NOTTE INCANTA

Martedì, 14 Agosto 2012 ore 20,00

Calimera (Lecce) Area Mercatale

“Di bellezza non si pecca eppure” (Kurumuny), di Marthia Carrozzo

Presentazione dell’associazione “Soni Boni” Salva

Presentazione del disco Villa Barca di Papa Ricky (F. Nemola, P. Ricky, Treble) Elianto edizioni.

La Notte Incanta è uno spazio dinamico dedicato all’arte e alla letteratura e nasce come un salotto di strada dove incontrarsi per avviare dialoghi e spunti di riflessione.

L’intento è di promuovere realtà e produzioni del territorio rivolgendosi al maggior numero di persone possibili, siano esse di passaggio o meno, addetti ai lavori o semplici curiosi, attraverso degli incontri aperti in cui ci si alternerà per parlare di libri e musica, documentari, progetti realizzati o da realizzare, coinvolgendo vari operatori culturali da anni impegnati in un lavoro costante che vuole spingere il Salento sempre più in una dimensione nazionale e internazionale.

Il salotto si muoverà di tappa in tappa seguendo il festival de La Notte della Taranta e articolandosi in due momenti: un pre-festival, dalle 20.00 alle 21.45, dedicato alle presentazioni; un secondo momento, post-festival, dove la musica continuerà a farla da padrona in una sorta di “etno-discoteca”, dove si alterneranno numerosi dj e mc della scena musicale del Mediterraneo. La rassegna è promossa e organizzata dall’associazione SottoTraccia. Per martedì 14 agosto 2012 alle ore 20,00 presso l’area mercatale di Calimera alle 20,00 ci sarà la presentazione del volume “Di bellezza non si pecca eppure (Kurumuny) di Marthia Carrozzo con il reading a cura dell’autrice e con Emanuele Coluccia al sax. E’ prevista oltre la presentazione dell’associazione “Soni Boni” anche la resentazione del disco Villa Barca di Papa Ricky (F. Nemola, P. Ricky, Treble) Elianto edizioni;

Di bellezza non si pecca eppure di Marthia Carrozzo – Sembra fatta di pura voce, questa novella Idrusa. Nuovo ritratto in versi di Marthia Carrozzo, di quella che fu, nella penna della Corti, la più bella donna di Otranto, capace di calamitare, al suo passaggio, ogni singolo sguardo, diviene, in questa Trilogia di Idrusa, appunto, un purissimo richiamo all’acqua che ne computa il nome, senza dimenticare il sale, stemperando in suoni, in echi di quel mare da cui nasce e a cui torna e vuol tornare, la forza d’un canto di guerra e d’amore, che ingaggia un corpo a corpo col mondo intorno, col mondo tutto con cui vuole e sa dialogare, ricercando in esso, come in un unico grande banchetto totemico, la pelle amata. “Sei brace azzurra, luce lattea che mi scalda. / Che fa ferita, che mi scuce e appresta a resa. / Sei la ferocia della pelle sulla pelle. / Il credo unico che sgrani tra i miei seni”.

Un poemetto per voce e fiato, che sfugge agli occhi che ne inseguono il ritmo incalzante sulla pagina scritta, che nella pagina non vuole e non sa stare, irriverente e viva, “fatta d’arcobaleno” come fu la bella Idrusa, che di bellezza fa il suo baluardo, la luce che ne ammanta le movenze e ne assolve ogni colpa, perché, citando l’inusuale titolo di quest’opera: Di bellezza non si pecca eppure.

E di bellezza, allora, non pecca, ma osa, Idrusa, al limite della colpa, se colpa vi sia in faccende d’amore, perché non si possa mai dire di lei che non abbia vissuto, che non abbia tentato e creduto.

Un canto di vita, questa Trilogia di Idrusa, sensuale, di una sensualità cosciente cui già ci aveva abituato Marthia Carrozzo, nel suo scrivere del corpo senza lesinare parole, ma usandole e osandole, nominando, come nella Genesi biblica, in una scelta lessicale attenta e accurata, mai casuale, ogni parte, ciascuno dei sensi con il nome che gli è proprio. Un canto che riprende la modalità formulaica degli antichi rapsodi, perché alla poesia spetti il tornare al proprio ruolo, centrale, di cassa armonica di un sentire comune. Perché Idrusa è Idrusa, certo, ma è tutte e ciascuna insieme: creature, donne e uomini, al cospetto del proprio stesso corpo, per imparare da lui solo le leggi di un sapere troppo spesso messo a margine. «Ogni verbo è prima nei nostri muscoli, che nella nostra lingua», dirà meglio Lello Voce, nella Prefazione, e allora, anafore, allitterazioni, ripetizioni incalzanti sembrano suggerirci, lungo lo svolgersi per Stanze di questo piccolo poema, la necessità estrema di riappropriarci del nostro suono, della nostra capacità di dirci e consegnarci in una voce che non sia vuoto e flebile assenso, ma consapevolezza piena di sé in ogni piega del nostro sentire e mostrarci, così come per l’Idrusa d’antica memoria (“non mi lasciava mai la volontà d’essere bella”).

“Solo per smettere, soltanto, e non mentire. / Per non mentire, mentre ancora è troppo presto.”

Ciò che se ne coglie è, allora, «Una litania di lussuria e abbandono, di libertà e desiderio, una serenata al rischio e all’acrobazia, una melopea per ogni abbandono e per ciascuna ribellione».(Lello Voce), perché Eros è fuoco purissimo, mai volgare, che parla unicamente alla bellezza e la bellezza, come la bella Idrusa, procede scalza di piedi e voce a dirci il «Peso specifico del mare nell’amore», a mostrarci che è ancora possibile.

Info:
www.kurumuny.it
0832 – 801528



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