Roald Amundsen è il primo uomo a raggiungere il Polo Sud. Aveva sognato di conquistare il Polo Nord, ma fu preceduto dallo statunitense Robert Edwin Peary, sulla cui impresa gravano tuttavia molte ombre.
Nella corsa al Polo Sud, Amundsen battè l’inglese Robert Falcon Scott, che morì durante la marcia di ritorno.
Amundsen morì da eroe, nel 1928, precipitando col suo aereo mentre era alla ricerca dei superstiti della spedizione di Umberto Nobile, dispersi tra i ghiacci dopo il disastro del dirigibile Italia… erano stati compagni d’avventura, anni prima, durante la spedizione del Norge.
La sua tomba è il Mar Glaciale Artico.
Onore a lui!
Amundsen mi ricorda, per certi versi, un altro grande, Heinrich Schliemann, lo scopritore delle rovine di Troia. Ambedue, sin da ragazzi, coltivarono un sogno e per tutta la vita lo perseguirono con volontà adamantina, fino al suo coronamento, ad onta di tutto e di tutti.
Amundsen l’esaltato, Schliemann il dilettante visionario, soli contro tutti, come eroi classici, si votarono a un unico scopo, facendo della loro vita l’arco che avrebbe scoccato un’unica freccia verso l’immortalità.
La disciplina cui Amundsen si sottopose fin dall’adolescenza, per forgiare il fisico e la mente d’acciaio che l’avrebbero portato a dominare il più inospitale ambiente terrestre, ha del sovrumano. Quando si recò alla visita militare, i medici rimasero sbalorditi di fronte a un fisico così perfetto e possente quale non avevano ai visto. Niente di meno occorreva, per affrontare, con mezzi ed equipaggiamenti allora assai rudimentali, una landa desolata dove la temperatura può toccare i 90 gradi sotto zero… l’inglese Scott e i membri della sua spedizione ne furono annichiliti.
Per me questi due uomini rappresentano un mito, di fronte alla loro grandezza mi inchino, sentendomi piccolo piccolo e, una volta tanto, fiero di appartenere alla razza umana.
Federico Bernardini
Illustrazioni: 1 Roald Amundsen, 2 Heinrich Schliemann