Nel Friuli piove a dirotto e il confortevole Teatro Nuovo Giovanni da Udine, oltre che luogo di cultura e di scambio fra oriente e occidente, stasera funge soprattutto da riparo per tutto il popolo del Far East.
La serata inaugurale di questa quattordicesima edizione ci immerge in usi e costumi coreani, presentando le sette teenager del gruppo liceale Sunny (speriamo che sia di buon auspicio per le condizioni metereologiche locali!), su cui è incentrata l’omonima commedia firmata nel 2011 da Kang Hyung-Chul, che ci fa riascoltare per ben sei volte il motivetto portante de Il tempo delle mele (1980)...
Subito dopo si cambia totalmente registro con il giapponese Hard romanticker (2011) del regista e cantautore di origini coreane Gu Su-Yeon, che ci racconta le avventure criminali ispirate alla propria adolescenza “perduta” fra bande giovanili senza scrupoli.
Ad impersonare un Gu ventenne, già allora con i capelli ossigenati e sempre vestito all’ultimo grido, è l’attore giapponese Shoda Matsuda, anche lui di madre coreana e fratello di quel Ryuhei diventato famoso per aver interpretato i film di Nagisa Oshima.
Le inquadrature dall’alto e dal basso, la predominanza di colori freddi alternati a colori tiepidi e il rapido susseguirsi di scenografie interne ed esterne non riescono a creare un effetto straniante e finiscono per annoiare lo spettatore, che ben presto si abitua ai continui scazzottamenti del copione. Qualsiasi sia il pretesto di una scena, gioco d’azzardo - furto – incontro romantico – dominio del territorio – mangiata di spaghetti di riso – visita in ospedale, va comunque sempre a finire a botte, in un lavoro che insiste a mostrare i cosiddetti istinti primordiali dell’uomo (inteso proprio e solo come uomo, non come umanità, visto che la donna nel film è sempre vittima) e tenta di emulare Arancia meccanica (1971). Di qualche effetto rimangono soltanto la fuga sui tetti di lamiera, la minacciosa camminata col bastone di ferro e la sconfitta di fronte a una folla così disgustata da non dare all’ex-bullo neanche un ultimo pugno.
Lady L. Hawke