da qui
Leopoldo e Maria sono davanti all’ingresso del pub e discutono su come comportarsi. Lei, com’è noto, è astemia: si sta chiedendo se un crodino analcolico, per una apparizione, possa funzionare. Leopoldo è perplesso: è quasi pentito di aver rinunciato a un incontro tutto suo; e se Calvino si offendesse? Se intendesse parlare solo a lui? Ormai sono qui e bisogna entrare. La ragazza del locale è sorpresa nel vedere Leopoldo in compagnia:
- Che bella novità! E’ la consorte?
Lui è imbarazzato: come spiegare che si tratta dell’autrice del romanzo di cui è protagonista? Si tiene sul vago:
- E’ una mia amica.
- Le solite sette?
La confidenza di fronte a un’estranea appare a Leopoldo fuori luogo; tuttavia non vuole rovinare una serata che si presenta problematica a priori.
- Cominciamo con una media chiara. Tu che prendi?
- Un crodino.
L’atmosfera è sospesa: che succederà? Alla terza birra, mentre Maria comincia a sbadigliare, un’ombra si profila sul fondo della sala.
- Dio mio, non è Calvino! L’urlo di Leopoldo getta lo scompiglio nella sala. La gente si gira di scatto ma, avvedendosi della faccia innocua, torna ai propri discorsi con gesti di disprezzo o di pietà.
L’ombra, ora, si è avvicinata al loro tavolo: un uomo stempiato, dai lineamenti regolari, lo sguardo serio e ironico nello stesso tempo.
- Buona sera, signori, sono Robert.
I due sono rimasti senza fiato. Si scambiano una rapida occhiata, in cerca di un aiuto decisivo. La prima a sussurrare è lei:
- Lo riconosco: è Musil!
Leopoldo si fa coraggio e chiede al personaggio di sedersi.
- E’ incredibile: stavamo aspettando Italo Calvino.
- Questo passa il convento, per tre birre.
- No, che ha capito! Per noi è un onore straordinario. Semplicemente, avevo portato la mia autrice per una sorta di corso di scrittura.
- Ancora credete a queste cose? Ho impiegato millecentoquindici pagine per spiegare che è una perdita di tempo. Il romanzo è la costruzione minuziosa di un disegno assurdo che non porta in alcun luogo: e proprio in questo sta il suo significato.
- Senta, dottore, fa Leopoldo.
- Mi chiami Robert.
- Senta, Robert: qualcuno ha supposto che, se la morte non avesse interrotto la stesura, il suo romanzo avrebbe raccolto ogni filo disperso della trama e sarebbe sfociato in un porto in cui tutto si chiariva: tutto falso, dunque?
- Certamente. Il romanzo è la mappa del mondo, un groviglio di azioni insensate che sembrano portare chissà dove e invece si dissolvono nel nulla.
Maria annuisce, interessata.
- Robert, ma il personaggio principale sono io: non posso agitarmi per nulla, come un demente, un mentecatto!
- Ricorda: chi ha il coraggio di guardare in faccia il vuoto è solo in apparenza senza qualità: in realtà, ne ha più di tutti.
Leopoldo rigira tra le mani il boccale quasi vuoto. E’ indeciso se ordinarne altri quattro o accontentarsi dei tre, per questa sera.