Quando Elvis morì, il 16 agosto del 1977, un grande senso di smarrimento avvolse la comunità musicale mondiale. Con lui non se ne era andato via solo un cantante. Se ne era andato via definitivamente il sogno del rock and roll, quello in cui più di due generazioni avevano visto l'ambizione, la speranza e la sicurezza che non solo la musica, ma anche il mondo che essa avvoltolava, avrebbero potuto essere per sempre sorridenti, esattamente come lo era stato Elvis nei suoi ventuno anni da stella della musica mondiale.
Tutto a un tratto i timori sociali che gli artisti della fine degli anni Sessanta e Settanta avevano ben descritto nei loro libri e canzoni erano diventati una dura realtà, della quale ancora oggi paghiamo le conseguenze.
Trentacinque anni sono passati da quel triste 16 agosto, che sembrò voler scrivere la strofa finale di "American Pie" di Don McLean, ma Elvis è riuscito ad andare oltre le mode, oltre le musiche, oltre i repentini capovolgimenti sociali e, forse, oltre se stesso.
Spesso mi sento chiedere quale sia il segreto della sua longevità.
Sinceramente non lo so... ma più passa il tempo e più mi convinco che molto di ciò sia attribuibile alla grandissima forza interiore e umana che portava con sè e che in tanti frangenti della sua carriera è stata oscurata (nel bene o nel male) dalla sua arte e, perché no, dal suo personaggio.
Una volta intervenuta prematuramente la sua scomparsa e pian piano scemate le tante (troppe) dicerie sulla sua vita personale, la sua storia, non leggenda, si è trasformata in una lunga maratona, dove il più forte (proprio lui) ha dimostrato di essere tale a lungo termine.
Pian piano, inconsciamente, il mondo ha finalmente capito che lo straordinario artista era anche un uomo di - forse - pochi, ma grandissimi principi e che tali valori ha sempre cercato di trasmettere tramite semplici messaggi con la sua musica e i suoi innumerevoli concerti.
Elvis Presley è stato un grande filantropo, che non ha mai dimenticato le proprie origini, ha sempre mostrato un enorme senso del dovere (dall'essere sempre puntuale e pronto ai suoi spettacoli, all'onorare tutti i doveri di cittadino, dal pagare le tasse a svolgere il servizio militare senza chiedere agevolazioni che facilmente gli sarebbero state concesse), di avere un genuino timore nei confronti di Dio (consapevole che ciò che gli aveva donato in qualsiasi momento avrebbe potuto toglierglielo) e soprattutto un immenso rispetto del pubblico. Nessun artista prima (e dopo) di lui ha concesso libero accesso ai suoi ammiratori alla sua residenza privata, ben conscio che per loro quello sarebbe stato forse uno dei momenti della vita, da portare a casa e mostrare per sempre ai propri amici e familiari. E allo stesso tempo non esistono testimonianze di persone trattate male o con sufficienza da lui, per non parlare dell'immensa beneficenza fatta senza alcuna pubblicità.
La sua musica, unita a un grandissimo senso di autoironia, ha altresì trasmesso l'importanza di non prendersi troppo sul serio (proviamo a guardarci intorno per capire come funziona oggi...), perché tutti siamo solo di passaggio su questa terra.
Forse è proprio questo il segreto della longevità di Elvis, che fa sì che dopo trentacinque anni la sua città e la sua abitazione, ma in ultima analisi lui stesso e la sua arte, continuino a essere meta di tributo (non pellegrinaggio) dei suoi ammiratori da tutto il mondo.
Il mondo e la storia non dimenticheranno Elvis Presley tanto facilmente.
Sebastiano Cecere - 16 agosto 2012
Autore di "Elvis In Concert 1945-1977"
Di Redazione. 20 agosto 2012 | Archiviato in Echi quotidiani