Isla Hermosa, settembre 1682
Il cortiletto era inondato dal sole, Blanca non sedeva sulla solita panca addossata la muro, ma presso l'ortensia che nascondeva l'orto. Voleva stare sola, aveva passato la notte insonne e aveva i nervi a fior di pelle, non riusciva a scrollarsi di dosso la malinconia che l'aveva colta dopo mezzanotte, quando il piccolo dormiva placido nell'incavo del suo braccio, e le ore trascorrevano lente.
Aveva fatto un sogno. A dire il vero si era svegliata convinta di trovarsi ancora sull'Ibisco d'Oro, e invece aveva fissato le travi del soffitto della sua casupola. La rabbia le aveva tolto il sonno, ma all'alba le incombenze l'avevano costretta ad alzarsi, e stringendo i denti aveva impastato il pane, poi era scesa al lavatoio, dove aveva lavato i panni che ora stavano stesi ad asciugare.
Era mezzodì, ma non aveva voglia di mangiare, voleva essere lasciata in pace, per tenere più vivo il ricordo del sogno: il volto di Margie Snow che rideva, Jim Thompson con la sua bandana turchina, e mastro Wilton, appoggiato all'impavesata che mordeva la pipa spenta. Naturalmente c’era Jerry Hudson, che la derideva senza insolenza, guardandola come aveva fatto l'ultima volta, e il Segaossa e Sam Hogart, che scommettevano su qualcosa che si muoveva sul ponte. Qualcosa che somigliava a un gatto in gabbia...
Blanca si sfregò la fronte dolorante e chiuse gli occhi, le lacrime restavano intrappolate dalle ciglia, desiderose di cadere. Possibile che provasse rimpianto per quella vita dissoluta?
Al richiamo delle comari si tappò le orecchie, che la lasciassero in pace! Quel giorno persino il pianto del bambino riusciva a infastidirla. Strinse ancor più gli occhi, costringendosi a non gridare. Il piccolo Sean, che si aggirava nel cortile cercando di muovere i primi passi, si appoggiò pesantemente alle sue ginocchia, e quell'abbandono privo di grazia la infastidì fuori misura, così gli strinse il braccio per allontanarlo malamente, ma nel sentire la carne tenera sotto le dita, si fermò, aprendo gli occhi.
Ignaro del suo malumore, il bambino continuava la sua occupazione. Sean aveva poco più di un anno ed era tenero come il burro, anche ora che, serio e concentrato, cercava di sfogliare un fiore, incidendone il cuore giallo con le piccole dita perfette. Aveva la fronte aggrottata per l'impegno, le lunghe ciglia scure ombreggiavano le guancette rotonde, e Blanca udiva il respiro profondo del suo naso corto e moccioso. I capelli brillavano nel sole, leggermente sudati, e si accendevano di riflessi proprio come quelli del padre. Gli appoggiò un bacio leggero sul capo, lui alzò la testa e sorrise, mostrando i piccoli dentini. Gli occhi grandi e scuri scintillarono di gioia e lei si ritrovò a ricambiare quell’amore, dimenticando in un soffio i suoi affanni, beandosi dello sguardo caldo e avvolgente di suo figlio.
Ridendo con lui si leccò il dito, pulendogli la boccuccia sudicia di polline e polvere, poi d'impeto si alzò, prendendolo sotto le braccia, facendolo girare in aria prima di appoggiarlo sul proprio fianco. Il bambino pesava, ma proprio quel peso la faceva sentire reale, le dava consolazione e forza. Canticchiando lo cullò, giocando, e nel voltarsi scorse l'ammiraglio Edwards, in piedi presso l'albero di magnolia, che osservava la scena con aria compiaciuta.
Blanca gli andò incontro serena, porgendogli Sean, che scalciava ridendo.
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