16. Il ballo

Creato il 03 febbraio 2011 da Fabry2010

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Cosimo e Amerigo procedono sulla loro strada, l’uno cercando nella letteratura un rifugio dalla nevrosi quotidiana, convinto che esista un ordine in cui il mondo trovi un senso, sfugga all’entropia che lo divora istante dopo istante; l’altro tentando di comprendere se la voce possa essere tradotta, se il tono, il timbro, le risonanze quasi impercettibili di un termine possano trapiantarsi in un’altra cultura e un’altra lingua, se un testo sia comunicabile universalmente o debba rassegnarsi all’isolamento nazionale, a una vita senza permesso di soggiorno, a una solitudine etnica invincibile. Cosa può esserci in comune tra Cosimo e Amerigo, tra la ricerca di ordine e comunicazione, fra l’utopia di un’isola felice e il desiderio di sconfiggere l’isolamento? Pare ci siano linee votate a divergere per sempre, a ignorarsi con una punta di snobismo, se non addirittura di disprezzo. Forse Cosimo e Amerigo sono esempi tipici di una razza umana capace di partorire progetti da cui scaturiscono conflitti e incomprensioni, oppure la divina indifferenza, inadatta ormai a dischiudere prodigi. Non s’incontreranno, a meno che un destino indecifrabile non li metta per una volta sola nella stessa direzione, l’uno in automobile, incantato dall’immagine di un’oasi senza nome, l’altro impegnato a inseguire la parola giusta, sempre sul punto di essere afferrata e sempre sfuggente, come il tempo. Così lontani, così vicini, per una volta sola, davanti all’edicola gremita di gente in cerca di notizie, che domani leggerà distrattamente il resoconto scarno, nella cronaca di Roma, dell’impatto fra una macchina in corsa e un uomo assorto nei pensieri, scaraventato in aria senza un grido, come se l’urlo non potesse tradursi in una lingua altrui, estranea per vocazione o per destino, come se chi acquista la porzione quotidiana di notizie s’interessasse solo al diario della propria vita e non trovasse spazio un valore universale, un futuro possibile oltre il limite del tempo, l’esistenza di un Dio, ciò che nasce al di là dell’intreccio meccanico di azioni e reazioni, di ogni forma possibile e pensabile – e non traducibile – di cecità: il ballo, fatale, dell”indifferenza.



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