16. Tapis roulant

Creato il 30 marzo 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su marzo 30, 2012

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Che hai fatto, Romolo? Per la mania dei segnalibri te ne sei andato un’altra volta. Che penserà di te? Cosa ti ha spinto a fuggire di nascosto, mentre dormiva senza sospettare nulla? Il pensiero della bambina che ti aveva detto di voler fare la commessa? Hai sovrapposto i loro visi, per capire se in qualche punto coincidessero: gli stessi colori, la conformazione degli zigomi, il naso, gli occhi cesellati come mandorle: basta per pensare che Veronica e la bimba senza nome siano la stessa persona? E anche se fosse? Non sarà per l’ombra della madeleine che hai sentito l’apparizione in libreria come un oltraggio, il furto del tuo mondo, la gelosia del bambino capriccioso che difende con le unghie il cavalluccio a dondolo? Quanti segnalibri pensi ancora d’infilare tra le pagine della tua vita? Quante volte potrai blindare il cuore? Confidale che ti sei sbagliato, che tenti di forzare un blocco e non riesci, che il tuo destino è interrompere le storie sul più bello perché qualcuno, qualcosa, dice no, non ce la fai, sei nato così, non avrai mai un futuro tutto tuo. Perché non lo prendi di petto, il mostro che si presenta ogni volta che sei chiamato a scegliere?
Lasci la macchina al parcheggio, percorri come un automa programmato la struttura tubolare che collega il piazzale con la pista, ti lasci condurre dal tapis roulant come dal flusso di un fiume tutto grigio, stai affondando, l’acqua ti entra in bocca e non puoi più respirare, un attacco di panico? Ci mancherebbe questo, chiudi gli occhi: insegui la bambina bionda, fermati, ti prego, dimmi il tuo nome, ma è veloce, s’infila nei vialetti come un gatto, un gatto che ti fa paura, come fosse di ghiaccio, come se a guardarlo si potesse arrestare il battito del cuore, il corpo e la mente si pietrificassero, per questo la chiami, ma speri che lei non ti risponda, gridi, dimmi il tuo nome, dimmelo, ti prego, ti chiami Veronica, lo so, voli sul tapis roulant, ti porti le mani sulla faccia, ricomponiti, adesso, la donna in uniforme ti sta allungando un biglietto per Parigi: lo infili nella tasca della giacca come un segno nel libro che devi ancora cominciare ma non sai se riuscirai mai a leggere.


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