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Creato il 18 luglio 2015 da Malvino
Se ho capito bene, pur di non essere costretto a dimettersi, Tsipras si prepara a stringere a una sorta di Patto del Nazareno con forze politiche a cui Syriza si dichiarava alternativa, e irriducibilmente alternativa, nel momento di chiedere il voto alle elezioni di appena sei mesi fa. In sostanza, si prepara ad ingannare i greci una seconda volta, perché è evidente che così viene tradito anche il mandato chiesto e ottenuto alle elezioni politiche del 25 gennaio, come già è stato per il no chiesto e ottenuto al referendum del 5 luglio. Scelte obbligate, si dirà, e convengo, ma in base a quale obbligo se non quello di acquisire e mantenere il potere contro chi te lo ha affidato, e quindi in spregio al principio democratico che all’eletto affida la rappresentanza del volere degli elettori? Non venite a dirmi che il principio democratico è per l’appunto un principio, lo so bene. So bene che in democrazia il consenso si fonda sulla capacità degli elettori di sopportare, fin tanto ci riescano, la delusione di veder mancate le promesse dei candidati. Qui, tuttavia, non siamo al non aver onorato entro la fine del mandato gli impegni presi al momento di chiedere il voto: siamo al rimpasto di una maggioranza dopo solo sei mesi, siamo alla firma di un accordo che tradisce il risultato di un referendum tenuto appena una settimana prima. In entrambi i casi, siamo dinanzi all’esercizio di un potere che si fa autonomo dalla fonte che dovrebbe legittimarlo. Sembrerà esagerato parlare di demagogia e di autocrazia, ma in fondo l’etimo di questi due termini non descrivono quel che con Tsipras accade in Grecia? Eppure – penso agli editoriali di Norma Rangieri di questi ultimi giorni – Tsipras continua a trovare simpatizzanti in quella sinistra che dà il meglio di sé quando si straccia le vesti per lo scandalo di un Pd che cerca e trova accordo con chi aveva solennemente giurato mai avrebbe stretto un accordo, e che non esita a tappare i buchi aperti in Parlamento dalle defezioni dell’opposizione interna col soccorso azzurro della pattuglia di Verdini. Ripeto: parlo de il manifesto, non di chi coltiva la subcultura del «basta vincere, non ha importanza come». Il sospetto è che tra i maneggioni del Pd che in Renzi vedono la mutazione efficace e chi sattarda a vantare dessere ancora comunista ci sia in comune il tratto di considerare irrilevante il mezzo rispetto al fine. Che poi è il tratto specularmente opposto a quello che si rimprovera alla gestione cosiddetta tecnocratica delle sorti umane, che nella esaltazione del mezzo correrebbe – si dice – il serio rischio di smarrire fine. Volevo dire che nel secondo caso cè solo il serio rischio di sacrificare il bene comune a interessi particolari, nel primo cè la negazione di fatto della democrazia. Insomma, a Tsipras e a Renzi io preferisco i freddi burocrati di Bruxelles. Al feudalesimo preferisco la monarchia illuminata.