Don Pino si assunse la responsabilità di proteggere i bambini ed i ragazzi di Brancaccio e non si tirò indietro mai, nemmeno di fronte alla certezza che sarebbe stato eliminato.
La sua dedizione verso la gente e la sua strenua difesa dei principi di legalità e di solidarietà, rimarranno sempre impresse nella memoria di tutti i cittadini onesti».
Lo ha ricordato con queste parole Sonia Alfano, Presidente dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia. Ma a queste si aggiunge un intero coro dentro e fuori le mura cittadine.
Palermo è pronta.
Quel 15 settembre, compiva cinquantasei anni. Quello stesso giorno, l’hanno ucciso. La mafia il giorno del suo 56º compleanno l’ha ammazzato per il suo costante impegno evangelico e sociale.
Per lui sicuramente non è stata una sorpresa vedersi aggredire dai killer. Molte erano state le minacce di morte ricevute.
Eppure, Pino Puglisi, non si è fermato.
A dire il vero, non l’hanno fermato nemmeno i suoi assassini.
«Me lo aspettavo» Queste, infatti, sono state le sue ultime parole davanti alla pistola che Giuseppe Grigoli gli puntava contro.
Palermo e i giovani del quartiere sottratti al dominio del clan dei Graviano grazie al centro “Padre Nostro”, sono cresciuti col suo ricordo ed i suoi insegnamenti.
Oggi e domani, quei piccoli ormai grandi, saranno presenti e numerosi per celebrare Don Puglisi nel quartiere Brancaccio, in Cattedrale, nella casa circondariale “Pagliarelli” e per le vie del capoluogo siciliano.
Ancora pallottole sparate a vuoto, dunque.
E se le vie del Signore sono infinite, probabilmente per nessun uomo di mafia, delinquente o criminale verrà aperta una causa di beatificazione come per il parroco in attesa di beatificazione.
Le uniche cause da aprire, saranno (questa si che è una certezza) pronte ad arricchire i fascicoli per il carcere a vita per quei “servi sotto padrone”.
Marina Angelo