Virtuoso del proprio strumento, che suonava con una tecnica che pochi sono riusciti ad egualiare, fu anche un personaggio dalla vita tormentata, segnata dalla dipendenza dalla droga e dall'alcool.
Parker ha rappresentato un'epoca, con il meglio e il peggio di uno stile di vita che uscendo dal campo musicale, ha ispirato i poeti della beat generation, dove il jazz e Parker vengono spesso citati.
Nel 1941 si trasferisce a New York dove entra nella big band di Jay McShann, cambia poi con quella di Earl Hines e alla fine con quella di Billy Eckstine, ma non è un uomo da orchestra,è indisciplinato, non rispetta gli orari e i ruoli.
Inizia così a frequentare i piccoli club della 52° strada dove incontra Dizzy Gillespie che aveva già iniziato a riscrivere le regole del jazz moderno.
A quell'epoca aveva già incominciato a sviluppare un suo personalissimo stile che influenzerà molti musicisti dell'epoca diventando un vero e proprio linguaggio che verrà in seguito chiamato Be Bop.
Parker con il suo sax alto acquisisce una tecnica impareggiabile per fantasia e originalità, il suo nome inizia ad essere conosciuto anche dal grosso pubblico, diventa un mito per gli addetti ai lavori.
È un uomo brillante, colto, dotato di un naturale e mostruoso talento, un solista formidabile, esuberante, capace di improvvisare a velocità fantastica, di inventare splendide melodie, di commuovere con il suo lirismo, rappresenta per la comunità nera del suo tempo il raggiungimento di una pari dignità con i bianchi.
Spesso ci si chiede cosa avrebbe potuto raggiungere se il colore della sua pelle non l'avesse relegato nel ghetto fra alcool, droga e disperati, se avesse potuto studiare musica ed approfondire le sue intuizioni.
E' rimasto invece quel sassofonista selvaggio e geniale che dormiva spesso vestito, senza lavarsi, ridotto alla follia giovanissimo dall'abuso di eroina e dall'alcool.
Viveva alla giornata e spendeva tutto quello che guadagnava, sempre ricattato dagli spacciatori di cui si serviva.
Sempre nel 1945 registra ancora con Gillespie Hallelujah, Congo Blues e Get Happy.
Nello stesso anno Koko, Bille's Bounce e Now's the Time,tre gemme nella discografia di Parker, per molti Koko è il suo capolavoro.
Parker diventa personaggio, con lui entrano le droghe dure nel jazz, tanti musicisti iniziano ad emularlo sperando di arrivare a suonare come lui, ne moriranno tanti prima che l'eroina cessi di essere una moda e se ne capisca completamente l'estrema pericolosità.
Nel 1946 registra in una session che lo vede completamente stravolto una versione di Lover Man che è entrata negli annali del jazz.
Una versione stridente, piena di amarezza e frustazione, una versione sbagliata che anni dopo vorrà ripetere ed eseguirà perfettamente, senza però quel momento di angoscia e di pathos che pervade tutta la prima esecuzione.
Torna a New York e forma un quintetto con un giovanissimo Miles Davis, registra brani come Bongo Bop, Dexterity, Bird of Paradise (sulle note di All the Things You Are), Scrapple from the Apple, Out of Nowhere, Klactoveesedstene e soprattutto Don't blame me e Embraceble you, due esempi da manuale di sensibile e originale trattamento di un tema di ballad.
Parker inizia a suonare con una orchestra di archi e questo con un buon successo commerciale, l'unico vero della sua breve carriera, registra April in Paris, Summertime, Everything Happens to Me e Just Friends, famosa per il suo splendido assolo.
Nel 1950 viene di nuovo ricoverato, le sue condizioni peggiorano, non è più il geniale musicista che tutti ammiravano, la droga lo ha consumato completamente.
Muore nel 1955
Il medico legale che esaminò la salma non fu in grado di stabilire le cause della morte e stimò a 53 anni l’età di Charlie Parker.
Ne aveva solo 35, la diagnosi ufficiale alla fine fu polmonite.
La sua musica è in costante equilibrio fra coscienza e delirio, i suoi assoli particolari, specchio della sua tormentata esistenza.
Il suo improvvisare è il vero be bop, dopo di lui il jazz non sarà più lo stesso e qualsiasi musicista che inzia a suonare questa musica non può non tener conto della sua lezione.