1812. La storia della DISFATTA napoleonica.
2014. La storia si ripete ??
Tarle racconta che Napoleone aveva lasciato il suo esercito impegnato nelle acque della Beresina, per abbandonarsi ad una lunga corsa di dodici giorni attraverso mezza Europa che lo aveva portato alle Tuilleries all’alba del 18 dicembre.Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/radio_broadcast/39529380/39668802/Tarle racconta che Napoleone aveva lasciato il suo esercito impegnato nelle acque della Beresina, per abbandonarsi ad una lunga corsa di dodici giorni attraverso mezza Europa che lo aveva portato alle Tuilleries all’alba del 18 dicembre.Nei sei mesi della campagna di Russia aveva perso mezzo milione di uomini, ma lui, come tutti i dittatori temeva piu’ che altro di perdere la faccia.
A Parigi si era fatto precedere dal famoso Bollettino n.29 che annunciava la sconfitta di cui pero’ lui attribuiva la responsabilita’ a tutti gli altri e prima di tutto al Generale Inverno. Due secoli dopo la leggenda e’ ancora viva se un giornalista italiano si sente in dovere di smentirla… Secondo Paolo Granzotto infatti sarebbe stata creata dallo stesso Napoleone che nel «prematuro sopraggiungere dell'inverno»aveva voluto vedere il responsabile della disfatta. “In verità fino alla Beresina – egli scrive - l'inverno russo era stato insolitamente mite. Quando si fece davvero sentire sembrò più rigido di quel che fosse perché nulla era stato predisposto per affrontarlo. I piani prevedevano infatti di trascorrerlo nei sontuosi edifici moscoviti, con le tavole imbandite davanti ai caminetti accesi. A fiaccare l'esercito fu semmai una estate torrida unita alla drammatica carenza dei servizi medici. Prima ancora che fosse sparato un solo colpo, 90.000 soldati erano morti di dissenteria, difterite e tifo. “ Cinquantanni prima il grande storico russo Evghenj Tarle era stato piu’ lapidario: “ Non il gelo e gli spazi sconfissero Napoleone, ma la resistenza del popolo russo….Esso aveva difeso il suo diritto ad una esistenza nazionale indipendente e lo aveva fatto con una irresistibile volonta’ di vittoria, con un eroismo sprezzante di ogni clamore, come nessun altro al mondo…” Alessandro I aveva detto sei mesi prima che nessuna trattativa sarebbe stata possibile fino a quando un solo soldato nemico fosse rimasto sul suolo della patria. Volgeva al termine quel fatidico 1812 e coloro che avevano potuto, erano fuggiti. In terra russa erano rimasti soltanto centinaia di migliaia di cadaveri, mezzo milione di uomini, di cui a Napoleone non importava nulla, come egli stesso aveva confessato a Metternich. I soldati russi avevano raggiunto i confini della patria, ma non si erano fermati. Leggiamo nel diario del soldato Aleksandr Cicerin . “2 gennaio 1813. A 28 verste da Merech. Ieri abbiamo iniziato l’anno nuovo con una marcia tremenda. Alle 8 del mattino ci siamo radunati sulla riva del Neman. Prima di passare all’azione e’ stata officiata la liturgia. Abbiamo attraversato il fiume con la musica e un triplice Hurrah. Poi ci siamo lasciati alle spalle il fiume e ho messo piede in un paese straniero avvertendo una inconsapevole emozione. Alla fine ci siamo fatti il segno della croce per l’ultima volta in terra natia e ho ricordato gli amici, ho pensato ai cari genitori e per le prime otto verste mi e’ sembrato di marciare insieme a loro…” In un certo senso quelle prime otto verste in terra straniera possono essere considerate l’inizio della sesta coalizione, benche’ la Prussia soltanto a marzo si uni’ alla Russia, seguita, nell’ estate, da Inghilterra, Austria e Svezia. Le truppe russe avanzavano e a fine gennaio entrarono a Varsavia. Ma Kutuzov aveva fretta e punto’ subito su Kalisz, da cui sarebbe partita l’offensiva sulla Germania. Ma non riusci’ a vederla. Mori’ il 26 aprile del 1813 in una piccola cittadina della Prussia che oggi si trova in territorio polacco. La Prussia dichiaro’ guerra alla Francia e si alleo’ con la Russia. Alleati e vassalli e finanche i vecchi compagni d’arme come Murat e Bernadotte, decisero di scrollarsi di dosso Napoleone convinti di poter avere un futuro soltanto senza e contro di lui. I primi mesi del 1813 furono contrassegnati da battaglie sanguinose in cui spesse volte la vittoria aveva il sapore della sconfitta. Comunque, al di la’ delle alterne fortune militari di quella prima fase della campagna, fu subito chiaro che la futura sesta coalizione avrebbe disposto di una significativa superiorita’di uomini e mezzi. E che Napoleone non sarebbe riuscito ad evitare la sconfitta definitiva, benche’ Metternich gli offrisse una ciambella di salvataggio che sembrava piuttosto una spinta verso il baratro. A Dresda Metternich presento’ a Napoleone la proposta di un congresso di pace. Lui, Bonaparte, avrebbe dovuto soltanto rinunciare a Olanda, Svizzera, Spagna. Unione del Reno, Polonia e gran parte dell’Italia… Napoleone represse a stento l’indignazione, ma perche’ aveva bisogno di tempo accetto’ di stare al gioco di quello che sarebbe passato alla storia come il Congresso di Praga. Il cui copione era stato gia’ scritto ed infatti il 10 agosto Metternich annunciava che l’Austria scendeva in guerra contro Napoleone a fianco della coalizione. Con l’autunno incomincio’ la secessione volontaria o forzata degli staterelli che Napoleone aveva fondato per parenti e amici. A settembre Massimiliano di Baviera si dichiaro’ sciolto da ogni vincolo di alleanza con la Francia napoleonica. Il 26 ottobre la cavalleria cosacca caccio’ dalla Westfalia Re Jerome Bonaparte e il suo regno’ aderi’ alla coalizione. Il 2 novembre Federico di Wuttemberg fece altrettanto. L’Armata russo-austro-prussiana si era attestata ai confini con la Francia. E secondo lo storico Mikhailovski-Danilevskii, testimone oculare di quegli avvenimenti, per tutto il mese di dicembre Alessandro I aveva spronato gli alleati ad entrare in territorio francese. Nella notte di San Silvestro la Guardia russa, al comando diretto dello zar varco’ i confini della Francia. Il 26 gennaio del 1814 le truppe alleate si concentrarono nello Champagne a 200 chilometri da Parigi. Lo stesso giorno Napoleone saluto’ il Re di Roma, di tre anni, e la moglie Maria Luisa e parti’ per la sua ultima battaglia. Non li avrebbe piu visti. Gli storici francesi, come Lavisse e Rambaud, hanno descritto quell’ultima battaglia, in verita’ articolata in tutta una serie di sanguinosi combattenti, come una folgorante vittoria, in cui Napoleone, come avrebbe detto lui stesso, aveva ritrovato gli stivali delle prime campagne italiane. Si, nel corso delle operazioni in territorio francese Napoleone seppe cogliere alcune vittorie, ma queste rimasero sempre fine a se stesse e senza alcuno sbocco strategico. La solita mistificazione della storia che Napoleone aveva iniziato dopo la Beresina. Allora, nei dodici giorni di viaggio verso Parigi, aveva ripetuto a Colencour che durante la campagna di Russia, da Smolensk a Borodino, aveva sempre battuto i russi. Ben sapendo che il fido e prudente diplomatico non avrebbe avuto il coraggio di chiedere perche’ allora stavano scappando. A fine marzo le truppe della coalizione decisero che la guerra doveva essere decisa a Parigi e non in una serie infinita di scontri sui campi della Francia. Il 29 marzo settecentomila parigini seppero che i russi erano alle porte della citta’. Dopo alcuni duri combattimenti alla periferia della citta’ Alessandro I chiese la resa ai parlamentari francesi con queste parole: “ Che Marmon ponga fine alla battaglia, se Parigi non si arrendera’, entro questa sera nessuno sapra’ mai dove si trovava la capitale…” Fra le truppe russe c’era un testimone d’eccezione, il futuro scrittore Aleksandr Pisarev che nella sua opera piu’ celebre dedicata ai Granatieri russi, cosi’ annotava il 30 marzo del 1814: “ Alle 12 di questa mattina le truppe russe al comando dell’Imperatore, entrarono trionfalmente a Parigi. Gli abitanti della citta’ hanno accolto fra gli applausi i Vincitori…” La Grande guerra patriottica del 1812 si era conclusa.
2014... Ora inizia la replica ?!?
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/radio_broadcast/39529380/39668802/