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185. storia di un diamante e di una pietra che gli insegnó a brillare

Creato il 06 gennaio 2016 da Mavi
Stiamo ore sui social, ma siamo più asociali dei nostri nonni. Facciamo un sacco di cazzate e cerchiamo sempre il modo di giustificarci, non conosciamo più la vergogna, le scuse, il perdono.Andiamo contro la rigidità delle regole, soccombendo davanti alla schiavitù di una libertà troppo impegnativa.Facciamo diete che mettono a rischio il nostro equilibrio mentale e poi scopriamo che eravamo più belli e attraenti con qualche chilo in più. Noi donne soprattutto, poi, ma la vogliamo smettere di cantarcela e suonarcela da sole? "Una vera donna non la puoi ingannare", "Una vera donna sa prima ancora di te come andrà a finire", "Una vera donna non perdona", "Una vera donna non lascia calpestare la propria dignità!", poi siamo noi stesse a servirla già pronta e ad offrirla in pasto al primo coglione che ci lusinga con quattro banalissime parole. Quindi, o non ci sono "vere donne", o la vera donna è veramente un'invenzione della recente letteratura da quattro soldi che gira sul web. Ma poi, chi la vuole sta vera donna? Ma siamo sicuri che convenga apparire così integre, così rigide, così "dignitose"? Forse è un bene che non ci sia, forse è un bene essere semplicemente fragili, incoerenti e frivole, spontanee. Almeno qui, in Italia, l'uomo è rimasto quello di sempre, tradizionalista, amante dei lineamenti regolari, di un'apparente semplicità senza pretese, senza grandi sicurezze. Insomma, qui pure della donna si preferisce "il pezzotto" (espressione partenopea che indica una contraffazione). Ma sì, meglio il pezzotto della donna, meglio il pezzotto della borsa firmata, di Sky, della musica dei vincitori dei talent, della politica, dei film, dei romanzi rosa, dei comici e dei contratti di lavoro.
Sono cresciuta a pane e Michele Serra, ho letto l'amaca quotidianamente per anni, poi ho capito tante cose, dopo che le aveva capite Serra, ho cambiato direzione, e mi sono disintossicata. Adesso prediligo lo stile Scanzi, quello giornalistico intendo, anche se non sono indifferente al suo fascino maschile, e continuo saltuariamante a rispondere al richiamo della penna nostalgica ed autorevole de la Repubblica. Sono d'accordo con Scanzi anche sull'analisi del film di Checco Zalone, Quo Vado, campione di incassi negli ultimi giorni. Ne parlano tutti, e lo voglio fare anche io. Ho letto della distribuzione furba che avrebbe portato il film al raggiungimento del traguardo in maniera diretta, chiara, secondo una strategia semplice e palese. Ho letto di Renzi e di Franceschini che hanno manifestato grande entusiasmo per il successo della pellicola. Renzi, come al solito, ha usato espressioni inappropriate, parole in libertà, termini ad effetto, degni del peggiore imitatore del delirante affabulatore di Arcore, ciononostante, continua ad infastidirmi non poco un Presidente del Consiglio che definisce gufi gli avversari politici, che usa in maniera impropria l'espressione "Radical Chic", che deride, sorride e parla senza alcuna cognizione di causa.
Cosa c'entra questo con la vera donna, con i pezzotti? Forse c'entra. C'entra comunque con la tendenza a privilegiare l'apparenza piuttosto che la concretezza, la forma piuttosto che la sostanza, le belle parole e le frasi ad effetto, piuttosto che i fatti.Zalone è un comico simpatico, intelligente, certamente non a livello di Troisi, Benigni, Verdone, ma ha comunque il merito di aver eliminato dal tradizionale film di Natale, la volgarità e lo squallore tipici degli anni 80-90. Ha curato le immagini (la fotografia del film è molto bella) ed ha mostrato una donna moderna, autonoma, essenziale, moderatamente bella e sentimentale. Insomma, niente di speciale, se non il fatto di aver avuto tre figli da tre compagni differenti, e di svolgere un lavoro che la porta a girare il mondo. Una donna concreta che spaventa e affascina il protagonista, perché non dipende da lui, perché non si strugge per amore, ma si appassiona al suo lavoro e prosegue sicura per la sua strada. Non so se è una "vera donna", il personaggio è volutamente poco delineato, ma appare sufficientemente freddo e distaccato da poter rientrare nei canoni delle "vere donne" della "cinematografia leggera" se mi passate l'espressione. Alla fine, il film è piacevole, fa sorridere, ma non è né estremamente comico, né profondo, probabilmente lo si può definire un pezzotto delle belle commedie italiane di Comencini. È un simpatico film per la famiglia, basato su luoghi comuni e noti malcostumi italiani, e non dà fastidio a nessuno. E per questo, a molti, va bene così. 

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