Vicepresidente Carelli, esiste un problema di linguaggi?«Sì, perché la fruizione internettiana è più veloce, avviene sullo smartphone, sul tablet e sta portando a una nuova dimensione del linguaggio tv. Guardiamo i canali all news, sono più rapidi. La sfida vera sarà di trovare un punto d’incontro tra il mondo della televisione e tutti i nuovi protagonisti di internet».
Web & Tv come Romeo e Giulietta?«Trovare un punto di incontro non vuol dire una battaglia l’un contro l’altro armati, perché se fosse questo il rischio sarebbe che i nuovi soggetti, che si stanno arricchendo tantissimo, pensiamo a Facebook, nel giro di qualche anno potrebbero acquistare le televisioni che per la crisi finanziaria hanno difficoltà a sostenere i costi. La sfida vera è creare un unico mercato. Anche perché sempre di più la tv con gli on demand, gli apparecchi smartphone, è simile a internet, e internet con i video e i prodotti audiovisivi è sempre più simile alla televisione».
Il web è l’ultima rivoluzione: le altre sono state la nascita della Rai e la televisione commerciale?«La tv ha rappresentato una rivoluzione per l’Italia, ha insegnato agli italiani la lingua. La tv ha creato degli appuntamenti fissi durante la settimana, il giovedì sera e il sabato sera, con gli italiani che stavano in casa per vedere Mike Bongiorno e "Il Musichiere" di Riva. Con il telegiornale poi ha cominciato a diffondere l’essere informati anche se per tanti anni le notizie erano di Palazzo perché c’era un solo tg».
Lei ha vissuto la rivoluzione della tv commerciale di Silvio Berlusconi. Come la ricorda?«Come una sfida che nessuno si immaginava di vincere. Il monopolio della Rai era così forte che nessuno pensava saremmo riusciti a scalfirlo. Dal 1980 al 1990, tra mille peripezie, legislative, giudiziarie, eccetera, si è capito invece che la tv commerciale poteva vincere. Mi ricordo entrai a Canale 5 il 1° dicembre 1980 e nasceva proprio in quei giorni la rete, come unione di tante tv locali in ogni regione che trasmettevano alla stessa ora, lo stesso film con la stessa pubblicità. Ho vissuto in prima persona la prima trasmissione via satellite dagli Usa, gli Oscar da Los Angeles, commentati da Mike Bongiorno. Gli anni dagli Ottanta ai Novanta segnano la vittoria della tv commerciale».
È di quel periodo la rivolta dei Puffi?«Qualche pretore oscurò Canale 5, Italia 1 e Rete 4 in alcuni regioni e Berlusconi ebbe l’idea di mandare dei giornalisti nelle piazze a raccogliere le voci della gente. Si creò spontaneamente un movimento, soprattutto a Torino e a Roma, che si radunava e chiedeva di riaccendere i canali. I bambini volevano i Puffi, gli adulti Dallas. Qui bisognerebbe fare una considerazione di tipo culturale: la tv commerciale ha ringiovanito il linguaggio, il modo di raccontare, fare notizia e intrattenimento. Ma dal punto di vista culturale alcune volte ha puntato a momenti di superficialità e di volgarità e ha trasmesso un eccessivo senso del consumismo».
Intervista di Massimiliano Lenziper "Il Tempo"