[Articolo pubblicato nella Webzine Sul Romanzo n. 2/2013, La difficoltà dell'inizio. Il coraggio del primo passo]
Questo il ritratto che, cinquant’anni dopo, José Saramago farà di sé nella prefazione alla seconda edizione (1997) del suo romanzo d’esordio, Terra do Pecado, pubblicato nel 1947 e passato sotto silenzio da critica e pubblico fino alla data di questa sua più recente ristampa.
Il volume, da me casualmente consultato (edizione speciale Círculo de Leitores, 1999; quella del ‘47 mi è sfuggita in quanto assente giustificato), riporta uno strano, interessantissimo lapsus che, inesistente nelle altre edizioni, non è attribuibile all’autore e sembrerebbe quasi lo zampino ironico di un correttore di bozze, degno collega di quel Raimundo Silva che, nella Storia dell’assedio di Lisbona, muterà la storia cambiando volontariamente una parola.
Come anno di pubblicazione di questo primo (e per lungo tempo unico) libro – che lo scrittore ricorda anche come l’anno di nascita della sua unica figlia – è riportato non il 1947 bensì… il 1974. Il banale caso di disgrafia editoriale potrebbe passare per lampo di genio e suggerire ciò che molti storici sottoscriverebbero: Saramago, come tanti altri intellettuali portoghesi emersi nell’ultimo quarto del sec. XX, è un caso di presa di parola divenuta possibile solo in quel cruciale anno della Rivoluzione dei garofani e della caduta di una dittatura che si avviava a festeggiare il cinquantenario. Quel romanzo del ‘47, senza il ‘74, non sarebbe stato lo stesso. Neanche Saramago, nome d’autore, sarebbe stato Saramago. Ripubblicato esattamente 50 anni dopo, è diventato un’altra cosa, cioè un “romanzo di José Saramago”, tassello di un corpus che, nel frattempo, ha preso corpo: identico lessema catapultato in una frase diversa.
Un tentativo di lettura dell’opera dello scrittore portoghese potrebbe partire da qui, non perché il principio cronologico sia importante o addirittura indispensabile; esso è, in realtà, impossibile: sarebbe come entrare due volte nelle acque dello stesso fiume. Leggere Terra do Pecado come gli ingenui, sparuti lettori del ‘47 è più difficile che riscrivere il Chisciotte come un Cervantes rinato. Ma il principio cronologico, proprio in quanto impossibile, può essere convenzionalmente accettato.
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